DignitĂ umana e antropologia teologica
Roberto Maier*
Fin dai primi testi, la Dottrina Sociale della Chiesa si rivolge «a tutte le persone di buona volontà», riconoscendo la necessità di coinvolgere non solo i credenti, ma tutti coloro che desiderano contribuire al bene comune. Affinché l’invito non sia retorico, occorre domandarsi cosa accade quando persone «di buona volontà» avanzano richieste apparentemente distanti dalla visione sociale e antropologica del Magistero. In particolare, le istanze nei confronti dei “nuovi diritti individuali”, che la Chiesa talvolta considera come violazioni della dignità umana, sono talvolta avanzate proprio da persone di buona volontà, che desiderano sinceramente il riconoscimento e la valorizzazione delle differenze nello spazio comune. Sebbene esista anche questo pericolo, il dibattito va ben oltre la semplice «colonizzazione ideologica».
Come già sottolineava Paolo VI, in un passaggio citato dal recente documento Dignitas Infinita, la riconciliazione tra l’individuo e il bene comune, oggi, richiede uno sforzo congiunto non solo nelle scelte sociali e politiche, ma anche nella costruzione di un’antropologia che sappia collocare le questioni più complesse. La teologia cristiana sa bene che la comprensione dell’umano non è un dato già risolto, ma un’opera costante a cui l’intelligenza della fede è chiamata. La Chiesa, per mantenere un ruolo significativo nello spazio pubblico, deve oggi riconoscere che l’enigma della libertà e della dignità umana è un tema aperto, su cui non esiste una risposta definitiva e rispetto al quale anche le risposte del cristianesimo devono essere nuovamente guadagnate.
In particolare, come suggerisce Charles Taylor, è necessario che gli enunciati religiosi mostrino di provenire da un’autorità intrinsecamente discorsiva. Per dimostrare che le premesse della Dottrina Sociale della Chiesa non sono accettabili solo dai credenti, occorre riconoscere che l’enigma dell’umano è ciò che ci accomuna tutti e di fronte a cui siamo tutti convocati. Il confronto sulle scelte pratiche non è sufficiente, perché la visione antropologica del cristianesimo non può essere una premessa esposta a un’accoglienza o a un rifiuto: deve essere dibattuta. Per questo, anche negli studi teologici, è necessaria una maggiore integrazione tra la teologia fondamentale e la Dottrina Sociale della Chiesa, che non può apparire solamente come un’applicazione pratica di premesse già date per scontate.
*Docente di Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore
Potete ascoltare qui la serie di podcast sulla Dottrina sociale della Chiesa. La puntata è di Roberto Maier, curatore della voce: “Dignità umana e antropologia teologica” del Dizionario di Dottrina sociale.
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