RD Congo, l'appello dei gesuiti per la pace: rispettare la sovranità del Paese
Guglielmo Gallone - Città del Vaticano
La Compagnia di Gesù, per voce delle tante sue espressioni, dall'Hekima University College al Jesuit Refugee Service, "condanna fermamente la violenza in corso e le violazioni dei diritti umani nella Repubblica Democratica del Congo", chiedendo "il rispetto dell’integrità e della sovranità del Paese e dei diritti degli sfollati a tornare nelle loro terre ancestrali". Perché, evidenzia un comunicato dei gesuiti, "decenni di conflitto armato hanno privato innumerevoli uomini, donne e bambini di beni di prima necessità come cibo, assistenza sanitaria e istruzione".
La situazione sul terreno
La veloce avanzata del gruppo di ribelli Movimento 23 marzo (M23) in tutto l'est congolese è interpretata come il culmine della pluridecennale guerra nella regione del Kivu, sprofondata ormai in una complessa crisi umanitaria e di sicurezza. Secondo gli ultimi aggiornamenti, i guerriglieri filo-ruandesi del gruppo M23 — dopo avere sbaragliato l’esercito di Kinshasa e conquistato la capitale della provincia di Goma nel Nord Kivu a gennaio — sono avanzati in altre aree della regione orientale congolese, entrando armi in pugno anche a Kanyabayonga e Bukavu, la capitale del Sud Kivu, a circa 50 chilometri dalla frontiera con il Burundi, e dirigendosi verso Butembo, seconda città più popolosa del Nord Kivu e principale nodo commerciale della provincia, incontrando poca resistenza da parte dei militari governativi. Lo stesso è avvenuto a Kamanyola e Luvungi. Così, i ribelli si sono aperti la strada verso Uvira, seconda principale città del Sud Kivu che si affaccia sul lago Tanganika, dal quale parte una strada che conduce al Burundi, già travolto da flussi di sfollati che secondo l’Onu non ritrovano precedenti negli ultimi 25 anni.
Le responsabilità della comunità internazionale
Nonostante l'ampio coinvolgimento degli attori regionali e la storica conflittualità in queste aree - scoppiata negli anni Novanta dello scorso secolo ma radicata nelle diversità etniche ormai secolari -, l'attenzione internazionale su questo conflitto è però storicamente scarsa. Lo dimostra l'incapacità di dialogo e di mediazione in sede Onu, dove la ministra degli Esteri congolese, Therese Kayikwamba Wagner, durante l'ultima riunione del Consiglio di Sicurezza, ha accusato il Ruanda "di preparare una carneficina". Per questo motivo i gesuiti, nel loro appello, si sono rivolti "alla comunità internazionale, alle organizzazioni umanitarie e ai governi affinché aumentino il loro sostegno alle comunità colpite". Per la Compagnia dei Gesuiti "è necessario mobilitare aiuti umanitari urgenti per alleviare le sofferenze e garantire che l'assistenza raggiunga chi ne ha bisogno senza ostacoli". L'Onu, insieme agli organismi regionali, "deve migliorare le strategie di mantenimento della pace, garantendo la sicurezza delle popolazioni vulnerabili e facilitando al contempo l'assistenza umanitaria. La protezione dei civili deve rimanere al centro di tutti gli interventi internazionali, con misure proattive per prevenire atrocita' di massa e ripristinare la stabilità".
Un conflitto dimenticato
Il riacutizzarsi di questo conflitto “dimenticato" avviene in effetti proprio nell’anno in cui sarebbe dovuta terminare, dopo 25 anni, la missione di peacekeeping Onu Monusco. Ciò rivela l’assenza di una strategia condivisa per risolvere la cronica instabilità in questi territori, tanto ricchi di risorse naturali quanto fragili ed esposti agli interessi di Paesi terzi. E a pagarne le conseguenze è, ancora una volta, la popolazione locale. L'ultima tragedia è avvenuta ieri, quando almeno 22 persone sono morte dopo che un’imbarcazione sovraccarica si è rovesciata nelle acque del lago Edoardo. Tutt'altro che isolate alla comunità congolese, simili tragedie hanno coinvolto anche personalità istituzionali e diplomatiche attive in Rdc. Proprio quattro anni fa, oggi veniva assassinato a Goma l'ambasciatore italiano Luca Attanasio, simbolo di dialogo e diplomazia, ma soprattutto di pace.
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