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Gli esiti della violenza, interi villaggi dati alle fiamme Gli esiti della violenza, interi villaggi dati alle fiamme

In RD Congo l’avanzata dei ribelli, Goma messa a ferro e fuoco

Nella regione del Nord Kivu, nell’est del Paese africano infuria la battaglia tra i ribelli M23 e l’esercito. Circa una ventina le vittime e centinaia i feriti. L'appello di monsignor Ngumbi: "Restiamo uniti, restiamo fratelli"

Guglielmo Gallone e Fabrice Bagendekere – Città del Vaticano

Ambasciate estere prese d'assalto, banche e supermercati svaligiati, ospedali sopraffatti dalle vittime, manifestazioni nelle principali piazze della capitale Kinshasa: il bilancio dello scontro in atto nella città di Goma, situata nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, è tragico. Nella sola giornata di lunedì 27 gennaio, i violenti combattimenti tra l’esercito nazionale congolese e i ribelli M23 sostenuti dal Ruanda attraverso almeno 3.500 soldati, hanno provocato la morte di almeno 17 persone e il ferimento di altre 370. I ribelli avrebbero preso anche il controllo dell'aeroporto di Goma.

L'appello dei rappresentanti cattolici

«L’ansia non fa che aumentare in tutta la città» ha detto monsignor Willy Ngumbi, vescovo di Goma, parlando ai media vaticani. «Fuggire ancora, ma per andare dove?», si è domandato poi il vescovo, ricordando come «questa situazione abbia già provocato enormi sofferenze per la popolazione». Nei dintorni di Goma «ci sono oltre due milioni e mezzo di sfollati». Padre Gianni Magnaguagno si trova invece a Uvira dove, nonostante gli oltre 300 chilometri di distanza da Goma «i giovani ieri si sono radunati in piazza per manifestare contro la guerra — commenta ai media vaticani — e noi non facciamo altro che pregare e sperare di non entrare nel pieno di un’altra guerra che creerebbe solo morti inutili. L’ingordigia umana sembra non avere fine. La situazione attuale è un disastro. Come sempre, quando ci sono dei problemi, i congolesi stanno reagendo, spesso prendendosela con chi non ha colpe, ma è inevitabile ammettere che la comunità internazionale abbia delle colpe all'interno di questa situazione. A Gisenyi, in Ruanda, dall'altra parte della frontiera di Goma, i Wasalendo, le milizie popolari congolesi, stanno attaccando, bruciando e sparando ovunque. Un missionario laico italiano della diocesi di Vicenza, Marco Rigoldi, 29 anni, che risiede da 7 anni nella Repubblica Democratica del Congo, è stato costretto a fuggire assieme alla moglie, Arielle Angelique, al nono mese di gravidanza», conclude padre Gianni.

Gli interessi internazionali

Ad alimentare il rischio di una guerra regionale, che si sfogherebbe sulla popolazione civile già vessata da decenni di violenze, ci sono gli interessi economici. Controllare il Kivu significa controllare rame, coltan e cobalto, ossia materie sempre più strategiche da vendere alle grandi potenze, in quanto necessarie alla realizzazione di batterie elettriche, pale eoliche o pannelli solari, e alla alimentazione degli schermi degli smartphone e dei computer. Come riportato dalla Banca mondiale, la Repubblica Democratica del Congo è tra i cinque Paesi più poveri al mondo. Nel 2024 il 73 per cento della popolazione viveva con meno di 2 dollari al giorno. Ulteriore fardello sono i fenomeni climatici estremi, come frane e inondazioni, alimentati dall’alta concentrazione di popolazione nei centri urbani (la capitale Kinshasa conta 17 milioni di abitanti) e da una crescita demografica superiore al 3 per cento. A Goma, su una popolazione di circa un milione, almeno 700.000 sfollati interni vivono nelle periferie in condizioni terribili. Caritas riferisce che, dopo l’assedio dei ribelli nelle ultime ore, altre centinaia di migliaia di persone sono in fuga. Secondo la Croce rossa, l’ospedale con laboratori sull’ebola è a rischio. «Restiamo uniti, restiamo fratelli», è stato l’appello di monsignor Ngumbi ai congolesi, sottolineando la missione dell’episcopato per la pace e la fraternità nella regione. Stati Uniti e Unione europea hanno condannato gli attacchi. L’Unione africana ha convocato una riunione straordinaria per domani. Nel frattempo, il Programma alimentare mondiale ha sospeso gli aiuti nella zona est del Paese. E il peggioramento della situazione umanitaria non è più un rischio, ma un’amara realtà.
 

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28 gennaio 2025, 17:21