Abusi, il vescovo Muser: chiedo perdono per i casi in Alto Adige
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Il perdono per i casi di abuso nella Chiesa altoatesina, che hanno sconvolto la diocesi di Bolzano-Bressanone. Lo ha chiesto il vescovo Ivo Muser, nel corso di una conferenza stampa riguardo il rapporto presentato lunedì scorso, affidato allo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco di Baviera, nel quale si denunciano 67 casi di abusi, 59 nei confronti di minori, avvenuti in Alto Adige tra il 1964 e il 2023, da parte di 29 preti.
La richiesta di perdono
"Chiedo perdono alle persone coinvolte, alle comunità parrocchiali e ai fedeli”, sono state le parole di Muser, che ha indicato come “la perizia commissionata non è un punto di arrivo, ma un mandato per continuare a lavorare con tutta la determinazione possibile". Il vescovo ha invocato un “cambiamento culturale”, poiché tali fatti “potrebbero ricapitare, se noi, come è capitato, distogliamo lo sguardo", invitando poi le “persone colpite a condividere, anche in forma anonima, le loro storie ed esperienze per sostenere il processo di cambiamento".
Misure e procedure chiare
Muser si assume quindi "personalmente la responsabilità per le omissioni durante il suo periodo di episcopato, tra cui l'insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti, la riluttanza nell'adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati e la documentazione carente nel delineare i passi nella gestione dei casi di abuso”. Verranno quindi adottate una serie di misure e “procedure chiare”, con un gruppo di esperti che “svilupperà linee guida vincolanti per la gestione dei casi di abuso, che saranno attuate entro la fine del 2025".
Più donne ai vertici ecclesiali
Accanto al “perseguimento coerente dei casi sospetti”, sarà poi “istituito un gruppo interdisciplinare per esaminare con effetto immediato tutti i casi di sacerdoti accusati ancora in vita e proporre misure per i passi successivi da intraprendere". I compiti del centro di ascolto, il servizio di intervento e il servizio di prevenzione verranno inoltre “riesaminati e migliorati”. Fondamentale secondo Muser sarà poi il rafforzamento della presenza di donne in “posizioni guida in ambito ecclesiale”. Il vescovo invoca quindi quella che definisce "una cultura dell'errore”, auspicando che con l’aiuto anche della formazione, il “riconoscere gli errori e imparare da essi” possa divenire “parte integrante del modo di lavorare della Chiesa".
Il “Coraggio di guardare”
Durante la conferenza stampa a prendere la parola è stato anche il vicario generale della Diocesi di Bolzano e Bressanone, Eugen Runggaldier, secondo il quale “i casi di abuso nella Chiesa non possono essere considerati come episodi isolati”. Tali abusi, sempre secondo Runnggaldier, “si basano su deficit sistemici come la sessualità immatura, l'isolamento dei sacerdoti, le strutture clericali, la mancanza di una cultura dell'errore e l'insufficiente trasparenza". Il responsabile del servizio tutela minori della diocesi, Gottfried Ugolini, ha quindi annunciato l'avvio della seconda fase del progetto "Coraggio di guardare", che si concentra "sull'elaborazione e prepara il passaggio alla fase della prevenzione".
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