Caritas Giappone: dopo il terremoto la Chiesa è vicina alla gente
Deborah Castellano Lubov e Tiziana Campisi – Città del Vaticano
A una settimana dal forte terremoto che ha colpito la costa occidentale del Giappone, migliaia di persone sono ancora senza acqua ed elettricità e non si sa ancora quando potranno iniziare i piani di ricostruzione. Il sisma, che ha raggiunto 7,6 gradi della scala Richter, ha colpito la penisola di Noto il giorno di Capodanno e ha provocato più di 200 morti, oltre 500 feriti e ingenti danni. Oggi una nuova scossa di magnitudo 6 è stata registrata, a circa 10 chilometri di profondità, vicino all'isola di Sado, davanti alla costa centro-ovest, alle 17.59 ora locale, le 9.59 in Italia, ma non è stata emessa alcuna allerta tsunami.
La vicinanza di Papa Francesco
In questi giorni, temperature sotto lo zero, forti nevicate e piogge hanno ostacolato l’invio di aiuti, lasciando migliaia di persone isolate e con poche scorte di beni di prima necessità. Il presidente della Caritas giapponese, monsignor Daisuke Narui, vescovo della diocesi di Niigata, descrive a Pope la situazione attuale, parla delle sfide più grandi da affrontare ed elenca ciò che è indispensabile per andare avanti. Il presule, che ci riferisce di avere percepito la scossa odierna prima della nostra intervista, esprime gratitudine a Papa Francesco, che ha visitato il Giappone nel novembre 2019, per la sua vicinanza al popolo giapponese, particolarmente provato in questo momento, e per il suo invito, in più occasioni, a non sottovalutare mai il potere della preghiera. Il Pontefice ha manifestato il suo dolore per l’accaduto assicurando la sua solidarietà a quanti sono stati colpiti dal disastro naturale in un telegramma, il 2 gennaio, e all'udienza generale di mercoledì scorso ha rinnovato la sua vicinanza spirituale e ha rivolto il suo pensiero anche alle vittime della collisione fra due aerei avvenuta all’aeroporto di Tokio il giorno prima. Un Airbus della Japan Airlines si è scontrato con un aereo della Guardia Costiera carico di beni di emergenza per le aree colpite dal terremoto, uccidendo quattro dei cinque membri dell'equipaggio della Guardia Costiera a bordo. Tutti i 379 passeggeri e l'equipaggio della Japan Airlines sono sopravvissuti sfuggendo allo schianto tramite gli scivoli di evacuazione dell’aeromobile.
L'impegno di Caritas Giappone
Caritas Giappone collabora attivamente con la rete mondiale Caritas in oltre 20 progetti di sviluppo in tutto il mondo. Nel segretariato generale di Caritas Giappone, a Tokyo, 5 membri dello staff lavorano a stretto contatto con le 16 diocesi, personale e migliaia di volontari per guidare e coordinare le attività.
Monsignor Narui, come descriverebbe la situazione dopo circa una settimana, da quando questo grave terremoto ha provocato innumerevoli disagi, mentre il bilancio delle vittime sta aumentando?
Innanzitutto vorrei spiegare cosa è successo l’1 gennaio. Alle 16.10, ora del Giappone, un terremoto di magnitudo 7.6 ha colpito la parte centro-settentrionale del Paese, la Penisola di Noto, nella prefettura di Ishikawa. In realtà, un terremoto di magnitudo 7.6 non è così disastroso in Giappone, ma poiché l'epicentro era poco profondo, la scossa sulla superficie del terreno è stata molto forte. Quindi ha distrutto case, strade e ci sono state frane in montagna. Tante abitazioni sono crollate. Ho visitato la zona gravemente colpita per due giorni, fino a ieri. Ho visto le strade dissestate. La zona costiera rialzata di circa quattro metri e molte case ormai macerie. È un po' difficile da descrivere. Al vedere le cose con i propri occhi si resta scioccati. Nella zona, inoltre, ci sono ancora tante scosse di assestamento. Ho sentito che ce ne sono state più di mille dall’1 gennaio. Solo cinque minuti fa siamo stati colpiti da un altro terremoto. E poi ci sono state molte urla. Quindi si tratta di un problema ancora in corso.
Il bilancio delle vittime del terremoto dell’1 gennaio ha superato quota 200, con centinaia di feriti e molti dispersi, cosa può dirci più dettagliatamente?
Ad oggi si contano 202 morti accertati, 102 dispersi e 565 feriti. Sono stati aperti più di 400 centri di evacuazione e 28mila persone sono state evacuate in tali centri. Ma in tanti sono isolati nei propri villaggi e nelle proprie città, perché le strade sono interrotte, e molti non possono nemmeno raggiungere i centri di evacuazione.
Quali progetti ha messo in atto Caritas Giappone per aiutare la popolazione?
In Giappone, la Chiesa cattolica ha una popolazione piuttosto piccola. Quindi, normalmente, la Caritas giapponese lavora per l'assistenza all'estero. Non abbiamo progetti in Giappone. Naturalmente ogni diocesi ha le proprie attività caritative, ma non come Caritas. Quando un enorme disastro colpisce il Giappone, come in questo caso, normalmente è la Nazione a sostenere la diocesi colpita. Questa volta tocca alla diocesi di Nagoya. Come presidente della Caritas giapponese, ho visitato per due giorni i luoghi colpiti dal sisma fino a lunedì, insieme al vescovo della diocesi di Nagoya, ai parroci e ad alcune persone della Conferenza episcopale giapponese che fanno parte del personale del dipartimento di emergenza. In questa zona gravemente colpita, che è la penisola di Noto, la cui lunghezza è di circa 100 km, ci sono solo due parrocchie che coprono un'area così vasta, e si tratta di parrocchie piuttosto piccole. Forse ogni domenica alla messa partecipano dalle 10 alle 20 persone. Ma ci sono degli asili nido annessi a quelle parrocchie. Ciò a cui pensiamo per sostenere la parrocchia è di fare capo a questi asili nido, cercando di raggiungere i luoghi e le persone colpite, fornendo acqua, cibo, kit igienici o altro. Attraverso Caritas Giappone, inoltre, vedremo come verranno sviluppate le attività di aiuto da parte del governo locale e delle ONG. Normalmente collaboriamo con altre società civili e ONG. Vedremo come potremo supportare le persone. Ma molto probabilmente, dato che fa molto freddo, forniremo stufe e altri materiali riscaldanti. Questo è quello che sto pensando adesso.
Quali sono le sfide più grandi? Cosa è ancora necessario e in che modo è possibile offrire aiuto?
Il problema è che le strade sono interrotte a causa delle crepe. Enormi crepe. Quindi è piuttosto difficile recarsi sul posto. Ora la polizia, i vigili del fuoco e le forze di autodifesa dispongono di attrezzature speciali – auto ed elicotteri – per poter andare, ma per le altre persone è piuttosto difficile arrivarci. È impossibile mandare volontari lì. Quindi, la sfida più grande è raggiungere quei luoghi e le persone che si trovano nei centri di evacuazione e nei loro stessi villaggi. Alcuni non hanno abbastanza cibo, non c’è elettricità e acqua e fa freddo. Perciò si tratta di una situazione piuttosto difficile. Queste sono le sfide. Una volta sistemate le strade, penso che le cose andranno molto meglio, perché ci si potrà recare lì per fornire assistenza.
Cosa serve ancora? Ed esiste un modo, anche se le persone fisicamente non possono arrivare facilmente o non arrivano affatto, in tutto il mondo, per offrire aiuto?
Il capo della prefettura di Ishikawa sta dicendo ai civili di non venire, perché se la gente comune prova ad andare lì con la propria macchina, forse un numero elevato di automobili può creare problemi insieme alle altre cose, come la neve, e provocare ritardi nell'assistenza fornita da professionisti, come le forze di autodifesa, la polizia e i vigili del fuoco. Quindi, anche per quanti si trovano nelle zone vicine è difficile andare lì per fornire aiuti. In questo momento dobbiamo aspettare. Le strade saranno sistemate. Dopodiché, forse, potremo portare molte cose. Ma, ovviamente, è molto importante accompagnare con la preghiera e con altri mezzi, perché per quanti sono isolati nella zona colpita, è molto importante non solo la forza fisica ma anche quella mentale e spirituale in un momento così difficile. Pertanto, apprezzo davvero le preghiere da tutto il mondo per le persone colpite.
Sappiamo che il popolo giapponese è presente nelle preghiere di Papa Francesco. Il Pontefice ha parlato e portato all'attenzione dell’opinione pubblica la tragedia, manifestando il suo dolore e la sua vicinanza. Che cosa ha significato per voi, per il popolo giapponese e per i fedeli?
Personalmente, apprezzo molto che il Papa pensi a noi, alle persone colpite, e che abbia invitato a pregare, in tutto il mondo, per quanti sono coinvolti in questo tragico evento. Credo davvero che la preghiera sia molto potente, soprattutto in un momento così difficile. Incoraggia davvero gli sforzi delle persone, così come di coloro che vogliono sostenere i terremotati. La preghiera collega anche le persone in tutto il mondo nell’accompagnamento di quanti si trovano in difficoltà e delle vittime. L’ho sperimentato effettivamente durante il grande terremoto e lo tsunami del 2011, in Giappone, perché all’epoca ero direttore della Caritas Giappone, ed ero nella zona vicino all’epicentro. Ho davvero sentito il potere della preghiera in un momento difficile.
C'è qualcos'altro che vorrebbe aggiungere?
Personalmente credo che la forza della Chiesa cattolica, lì dove si siano verificati dei disastri, sia il suo accompagnamento. È molto importante fornire aiuti, ma non pensiamo che si viva di solo di pane; viviamo anche con la preghiera, la spiritualità, l'accompagnamento e il sostegno degli altri. Tale accompagnamento è molto importante. Pertanto, spero davvero che non ci si dimentichi delle vittime e che si desideri accompagnare le persone colpite in Giappone non solo per il periodo di necessità e di emergenza, ma anche per la ricostruzione e quindi per un periodo più lungo.
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