Il Natale dei poveri a Kimbau
Pope
“Ieri era Natale qui a Kimbau, dove abbiamo un ospedale della Diocesi pieno di malati che hanno bisogno di pregare, ed esattamente un anno fa avevamo espresso il desiderio che la pioggia non dovesse mai più rovinare la Messa della Notte di Natale e della mattina successiva. Natale infatti cade in piena stagione delle piogge. Ma le preghiere dei poveri arrivano direttamente alle orecchie del Padre”.
Inizia così la cronaca natalizia di Chiara Castellani, 67 anni, medico, missionaria laica italiana, da oltre 30 anni nell’ospedale cattolico di Kimbau, Diocesi di Kenge, nella Repubblica Democratica del Congo. Grazie all’aiuto del cardinale Konrad Krajewski, prefetto del Dicastero per il Servizio della Carità, grazie al supporto dell’allora nunzio apostolico a Kinshasa, monsignor Ettore Balestrero, e all’approvazione del vescovo di Kenge, monsignor Jean-Pierre Kwambamba Masi, Chiara ha potuto far costruire la Cappella di San Giuda Apostolo per i suoi malati e i cristiani di questa zona sperduta nell’Africa in tempo per il Natale.
“Domenica sera il tetto della nostra chiesetta di Saint Jude era finalmente terminato. Mancava la luce per illuminare la notte di Natale, ma Dio ci ha regalato una luna quasi piena e una domenica di sole. Sorella Luna che ha guidato il cammino dei fedeli e anche dei malati fino alla chiesetta, Fratello Sole grazie al quale abbiamo caricato 2 batterie con i pannelli solari dell'ospedale. Con due lampade da 12V abbiamo illuminato l'interno della chiesetta. Certo, mancano ancora molte cose. Le batterie non ci appartengono né i pannelli solari per illuminare la chiesa, abbiamo lasciato al buio l'ospedale. Il pavimento ancora non c'è, ci si inginocchia nella sabbia. Non ci sono banchi, utilizziamo dei tronchi d'albero o la gente porta le sedie da casa. Ma i malati erano presenti numerosissimi perché c'è molta malaria e molta grippe nella stagione delle piogge e quest'anno abbiamo anche un'epidemia di morbillo. Abbiamo preso tutte le sedie dell'ospedale e i banchi della scuola infermieri, ma non bastavano! Tanta gente in piedi. Per i giovani non era un problema, hanno danzato tutta la notte. Ma per gli anziani e i malati servono banchi! Manca anche il soffitto, perché quando c'è il sole a picco la chiesetta diventa un forno, però con meno urgenza”.
All’inizio - spiega Chiara - c’erano difficoltà per trovare dei finanziamenti per la costruzione di una Chiesa. Sarebbe stato più facile reperire i soldi per un’opera sociale. Io stessa – aggiunge – sarei stata di questa idea se non avessi conosciuto Kimbau:
“Per il malato congolese pregare fa parte del piano di cura. Da medico e da credente sto scoprendo che la preghiera rinforza il sistema immunitario!”.
Chiara è una Fidei donum della Diocesi di Verona. Ha perso il braccio destro in un incidente sulle strade africane, ma non ha perso la passione per i più poveri:
“Quando sono arrivata a Kimbau, quasi 33 anni fa, eravamo invasi dalle sette. I cattolici erano pochissimi. Vedere per due giorni la chiesetta di Saint Jude cosi piena da non riuscire a far entrare la gente, ci fa sperare di continuare a crescere come Chiesa locale e continuare a rispondere a questo bisogno di pregare. Ma pregare cantando e ballando come Dio merita. Ieri il presidente del comitato parrocchiale diceva che se il numero dei fedeli continua a crescere la chiesetta rischia di risultare troppo piccola. Ma per adesso ci si stringe. La chiesetta si riempie anche nei giorni feriali: la scommessa di dare una risposta al bisogno di pregare dei malati sembra vinta. E se i fedeli sono numerosi si può contare sui fondi delle offerte per continuare i lavori che mancano”.
Chiara ricorda l’apporto gratuito di tanta gente del luogo che ha reso possibile la costruzione della Cappella. È stato un Natale gioioso quest’anno per i malati di Kimbau, nonostante i molti problemi che permangono. Ma ora c’è una speranza in più, quella di non essere dimenticati per il fatto di vivere in povertà in un posto sperduto del continente africano.
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