Imprenditoria e Vangelo, il Premio Madre Fasce al progetto "Made in carcere"
Tiziana Campisi e Roberta Barbi - Città del Vaticano
Vuole sostenere l’imprenditoria ispirata alla carità evangelica, quella che punta al bene comune e alla sostenibilità, il Premio Madre Maria Teresa Fasce istituito dalle religiose agostiniane del Monastero Santa Rita da Cascia. Il riconoscimento si ispira alla badessa che, vissuta fra il XIX e XX secolo, ha guidato la comunità monastica per 27 anni coniugando la vita contemplativa con la lungimiranza di una moderna imprenditrice illuminata. Alla madre Fasce si devono, infatti, diverse opere pensate per la collettività e per i più bisognosi, fra le quali la basilica di Santa Rita e l’Alveare, il progetto di accoglienza per minori provenienti da famiglie in difficoltà. Il premio intende valorizzare l’impegno di imprenditori e imprenditrici che si sono particolarmente distinti per le loro scelte improntate sui valori del Vangelo.
Dal recupero di tessuti scartati un lavoro per i detenuti
Oggi, 14 ottobre, il primo Premio Madre Maria Teresa Fasce, viene conferito a Luciana Delle Donne, che ha rinunciato a una carriera manageriale di successo mettendo i suoi talenti a servizio del prossimo nel progetto imprenditoriale sociale "Made in Carcere". La cerimonia della consegna si svolge a Cascia, alle 17, nella Basilica Inferiore. "Made in Carcere" permette alle detenute di Lecce, Trani, Taranto, ai detenuti di Lecce e Matera e ai minori detenuti di Bari di avviare un percorso di riabilitazione e reinserimento sociale. Attraverso la produzione di accessori di abbigliamento realizzati con tessuti di recupero scartati dalla moda, il progetto consente di acquisire le competenze tecniche di un mestiere creativo, come quello della sartoria, e di percepire un regolare stipendio e offre così una concreta seconda possibilità a detenute e detenuti. Nel segno di un’economia civile rigenerativa è attento all’impatto ambientale e favorisce l’inclusione sociale e l’inserimento occupazionale.
Luciana Delle Donne e il Premio Madre Fasce
Già Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Luciana Delle Donne, manager di estrazione bancaria, che dopo 20 anni di carriera nel mondo della finanza, nel 2006 ha deciso di dedicarsi a quanti vivono una situazione di disagio o di svantaggio sociale, riceve dalle agostiniane del Monastero Santa Rita un’opera d’arte, realizzata dalla monaca e artista suor Elena Manganelli, che simbolicamente raffigura l’idea di imprenditorialità della Beata Fasce. La base esagonale, che ricorda l’Alveare di Santa Rita voluto dalla madre Fasce, rappresenta infatti la costruzione imprenditoriale che nasce da una carità solida e concreta, per un modello di sviluppo fondato non sul profitto ma sull’impatto sociale e umano. Alla sommità un cuore che arde, che ricorda l'esperienza di Sant'Agostino, folgorato dalla Parola di Dio e infiammato dall'amore divino. In occasione della premiazione, viene anche presentata la collana editoriale “Rita quotidiana” di Tau Editrice, che propone piccoli volumi scritti dalle monache di Cascia. Attraverso la diverse pubblicazioni, le religiose, ponendosi all’ascolto di gioie e paure della donna e dell’uomo di oggi, offrono consigli di vita concreta ispirati all’esempio di Santa Rita, che diventa così un’amica e una “guida del cuore”. Il primo numero della collana, nelle librerie dal 19 ottobre, è dedicato alla maternità, secondo la testimonianza lasciata da Santa Rita, che è stata madre di due figli e poi madre di un’immensa famiglia di devoti. E come lo è ogni donna, con l’innata attitudine all’accoglienza dell’altro.
L'ideatrice di "Made in Carcere" racconta a Radio Vaticana - Pope di sentirsi particolarmente toccata dalla decisione delle monache di Cascia di conferirle il Premio Madre Fasce e confida di avere delle affinità con la religiosa che ha portato avanti idee imprenditoriali di carità.
Che cosa significa per lei questo nuovo riconoscimento alla vostra opera?
È un onore immenso. Quest’anno, dopo il riconoscimento conferito dal presidente della Repubblica Mattarella come ufficiale al merito, ritrovarmi un premio del genere mi commuove perché è veramente un momento importante. Ho sempre fatto l'imprenditrice sociale e negli ultimi anni sentito di più il senso di questa missione, il valore di questo mio sacrificio perché sono 17 anni che, come volontaria, lavoro in questo mondo scomodo, con tante porte in faccia, con tante delusioni, con tante amarezze legate all’individualismo che regna in generale, alla molta superficialità senza pensare all'importanza di aiutare gli altri. Quindi io mi sento sempre più coinvolta in un modo diverso. Per questo premio mi è arrivata una notte una email e io ho risposto: “Come potrei non accettare un premio così bello?”.
Madre Maria Teresa Fasce è stata una donna che ha saputo coniugare la vita contemplativa di monaca agostiniana con la lungimiranza di una moderna imprenditrice, lei invece ha lasciato una vita sicura di successo per una vita che poi si è rivelata ancor di più un successo, ma che all'inizio era certamente una scommessa. Sente delle affinità con questa suora?
Sì. Si tratta di scelte forti, che si fanno perché si sente dentro di sé di non essere più al posto giusto e quindi si avverte la necessità di cercare altrove la propria strada. Poi, piano piano, si delinea sempre di più il sentimento e la voglia di fare qualcosa di diverso rispetto alla vita precedente. Io ho lasciato il lusso e le comodità e quando qualcuno mi chiede “Te ne sei pentita?” rispondo che non me ne sono pentita. Certo, non stavo male, non possiamo dire che la vita comoda non sia piacevole, però è molto importante che qualcuno si prenda cura di quelle cose che nessuno vuole toccare. Per noi è fondamentale preoccuparci concretamente e con grandi risultati di tutte quelle persone dimenticate e soprattutto di quelle persone che si scartano, che non si vogliono vedere, che si finge non esistano. Noi diciamo sempre che facciamo solo le cose impossibili, laddove ci sono difficoltà e nessuno vuole preoccuparsene, questo è il nostro motto. Parlo di un “noi” perché ho coinvolto tutto il team a vivere una vita difficile ma piena di gioia, perché la luce che vediamo negli occhi delle persone per le quali portiamo avanti il nostro progetto ci ripaga di tutti i sacrifici. L’idea di dover prendere di dover prendere degli stracci molto piccoli, ricucirli, raccoglierli, sistemarli, pensare che gli altri li scartano e noi li riusiamo, per noi è fondamentale ed importante. Le nostre missioni impossibili sono dare energia, vitalità e fiducia a queste persone di cui nessuno vuole preoccuparsi. Sono individui che hanno bisogno di essere ascoltati e gratificati, perché il mondo li ha scartati.
Riceverà il premio nella basilica dedicata a Santa Rita da Cascia, la santa delle cause impossibili. Il carcere, al giorno d'oggi, è ancora una causa impossibile?
Sì, perché se si pensa che solo il 5% di tutti i detenuti italiani lavora, ci si rende conto che c’è un abbandono totale. Noi, con tanta fatica, portiamo avanti questo progetto, e non è importante per noi vendere le borse, gli accessori personalizzati, i gadget che facciamo, per noi è importante cambiare il percorso di vita di queste donne, di questi ragazzi, che hanno commesso un reato. Al sud, in particolare, dove non c’era l’abitudine a lavorare nel carcere e risultava sempre molto complicato e sembrava impossibile avviare delle attività, ormai i direttori ci conoscono e ci apprezzano per come ci offriamo ai detenuti. Parlo delle carceri di Lecce, Trani, Taranto, Matera e Bari. ci conoscono e ci apprezzano. Il problema è che il carcere, in generale, è considerato come un luogo punitivo e non rigenerativo, è invece dovrebbe essere proprio rigenerativo.
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