Monsignor Reina sull'omicidio di Primavalle: la Chiesa sia più vicina ai giovani
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Si svolgeranno mercoledì i funerali di Michelle Maria Causo, la diciassettenne del quartiere romano di Primavalle trovata morta tra i cassonetti dei rifiuti e del cui assassinio è accusato un coetaneo attualmente detenuto nel carcere di Casal del Marmo. A presiedere la celebrazione, alle ore 11, nella parrocchia di Santa Maria della Presentazione, sarà monsignor Baldo Reina, vescovo ausiliare del settore Ovest della diocesi di Roma.
Per manifestare la propria vicinanza alla famiglia della ragazza e per rendere spiritualmente partecipi tutte le comunità cristiane del quartiere di Primavalle, la trentaquattresima prefettura della diocesi di Roma ha deciso che in tutte le parrocchie, questa sera, in vista delle esequie e in preparazione alla fiaccolata organizzata dalla scuola che Michelle frequentava, verranno celebrate messe in suffragio alle quali seguirà, alle 18.45, lo scampanio pasquale da tutti i campanili. Un gesto, spiega una nota del vicariato di Roma, “per esprimere un cordoglio che nella preghiera manifesta la forza della risurrezione, la vittoria della vita e del bene sulla morte e sul peccato”. L’obiettivo è rilanciare il messaggio di amore del Vangelo, perché “l’ultima parola non è quella della morte”, sottolinea a Pope-Radio Vaticana monsignor Reina.
Questo pomeriggio tutte le parrocchie a Primavalle celebrano messe in suffragio di Michelle e poi insieme suonano le campane di risurrezione, quale segno vuole dare la Chiesa con questa iniziativa?
Abbiamo pensato, di intesa con i sacerdoti della trentaquattresima prefettura, di fare questo piccolo gesto, però molto significativo: celebrare una messa in suffragio di Michelle - perché è un episodio che ha sconvolto l'opinione pubblica nazionale e in modo particolare la nostra città e il quartiere di Primavalle dove Michelle è cresciuta e dove purtroppo è stata uccisa - e poi far suonare le campane come si fa nel giorno di domenica, perché noi crediamo che Cristo ha sconfitto la morte, ogni morte, ogni violenza, e ha dato Lui l'ultima parola con la risurrezione. Quindi vorremmo lanciare questo messaggio, perché in questo momento c'è tanta rabbia, tanta voglia di vendetta e abbiamo il dovere di annunciare la novità del Vangelo, facendoci carico della sofferenza della famiglia, alla quale siamo molto vicini. Però non dobbiamo dimenticare che il Vangelo è quello dell'amore e della risurrezione.
Nei giorni scorsi, in una dichiarazione sull’assassinio di Michelle, lei ha parlato del degrado della civiltà di oggi, di un sistema alienante incentrato sull’inaridimento della vita interiore e sulla insubordinazione rispetto alle regole della civile convivenza, a cosa è dovuto tutto questo?
Papa Francesco spesso parla di desertificazione dell'anima, io ho voluto riprendere il concetto e declinarlo sulla base di quello che è successo a Primavalle. Mi rendo conto che abbiamo tutti il dovere morale di fermarci e di interrogarci seriamente su quello che sta vivendo la nostra società. Qualche settimana fa, a Casal Palocco, si è verificato l’incidente che ha provocato la morte di un bambino, adesso l’assassinio di Primavalle, e ci sono tanti episodi che non vengono riportati dai media che riguardano l'uso di sostanze, le dipendenze dei ragazzi, casi di morte. Abbiamo il dovere di interrogarci, le cause sono tante, c’è, certamente, una crisi valoriale, c'è una fatica da parte della famiglia a dettare il passo sull'educazione, c'è una crisi delle istituzioni classiche: la scuola, la Chiesa, le altre agenzie educative. L'obiettivo non è individuare una causa o un colpevole, ma prendere coscienza della drammaticità di questo momento culturale ed ecclesiale che stiamo vivendo e alzare la voce, avviare dei processi che possano segnare un passo diverso.
In diversi recenti fatti di cronaca emerge, come lei stesso ha osservato sul caso di Primavalle, l'incapacità di cogliere il valore inestimabile della vita. Come recuperare i valori fondamentali?
Quello che più mi ha colpito, e forse ha colpito tanti, dell'omicidio di Primavalle è la brutalità. E allora, di fronte a questa brutalità, davvero ci si interroga su che senso diamo alla vita. Perché se si può arrivare a tanto, vuol dire che anche la vita sta per essere banalizzata. Ormai stiamo assistendo a un decadimento di tanti punti di riferimento, che per noi un po' più grandi erano tali e sono stati tali per tanti anni. Abbiamo tutti il dovere di ribadire il valore sacro della vita, al di là del credo religioso, e penso che su questo terreno ci troviamo tutti d'accordo. La vita è sacra, la vita non si tocca. Ci sono tanti modi per gestire i conflitti, per superare le tensioni che possono capitare tra i giovani, tra i ragazzi, tra gli adulti. Il tema della gestione dei conflitti è un tema importante, che viene studiato anche da un punto di vista psicologico, ma la vita non si tocca, che sia una donna, un uomo, un bambino. Questo dovrebbe essere per tutti un compito di annuncio, potremmo dire una sorta di Vangelo laico: la vita non si tocca perché è sacra.
Lei ha accennato anche ad una crisi valoriale che le giovani generazioni hanno ereditato dagli adulti. Come affrontare questa crisi?
Sarebbe un ottimo risultato se gli adulti se ne rendessero conto, e mi sento anch'io coinvolto. A volte, ho l'impressione che ne parliamo come notizia da giornale o di cronaca, però non so se ce ne rendiamo conto. Se ce ne rendiamo conto, varebbe la pena di fermarsi a un attimo e capire quali sono i compiti di ognuno. Comprendo lo sforzo enorme, l'impegno grande di tutti i genitori, però anche lì bisogna recuperare un po' le redini. Penso che anche lo Stato, in tutte le sue forme, abbia il dovere di fare una parte un po' più incisiva a favore, soprattutto, dei giovani. Sono stato in questi giorni, diverse volte, lì a Primavalle e obiettivamente c'è un degrado urbanistico, di natura civile, che colpisce. Quindi lo Stato forse dovrebbe essere più presente, dovrebbe essere più incisiva l'opera della Chiesa, nella sua dimensione di Chiesa in uscita alla quale, spesso, Papa Francesco ci richiama. Quindi stare un po' più attenti a ciò che succede per le strade e non essere eccessivamente preoccupati, e solo preoccupati, di quello che succede dentro le chiese. Se davvero ognuno si interroga su quello che vivono i nostri giovani, su come stanno, forse riusciamo a recuperare qualcosa e a imprimere un indirizzo diverso a un annuncio di valori, perché oggi si fa davvero fatica anche solo a pronunciare la parola “valore”. Siamo dentro la crisi del concetto stesso di valore. Quindi, abbiamo tantissimo lavoro da fare ed è un'azione che riguarda tutti, noi adulti, la Chiesa, lo Stato, la scuola, le famiglie, tutti. Serve tanta buona volontà.
La Chiesa che cosa può fare in particolare?
A mio avviso, le nostre parrocchie fanno un ottimo lavoro, davvero sento di ringraziare tutti e ciascuno, perché nella diocesi di Roma l'attività, per esempio degli oratori, dei centri aggregativi - penso in questo momento, proprio in queste settimane, ai cosiddetti centri estivi - è veramente un lavoro encomiabile. Però quella dimensione di Chiesa in uscita alla quale ci richiama spesso Papa Francesco potrebbe permetterci di essere più presenti lì dove vivono i ragazzi. L’altra sera ho partecipato alla prima fiaccolata che è partita da casa della ragazza e si è conclusa nel luogo dove è stato ritrovato il cadavere. C'erano centinaia di giovani, erano quasi tutti ragazzi di quel quartiere, e la domanda che mi ponevo, come vescovo, come pastore di quella porzione di Chiesa, era questa: dov'è la Chiesa? Noi abbiamo tante strutture, abbiamo delle parrocchie che, grazie a Dio, funzionano, però, probabilmente, i ragazzi ci vogliono vedere presenti lì dove vivono, senza nessun giudizio nei loro confronti, una presenza di vicinanza, di amicizia, di prossimità. Questo crea le basi, il presupposto, per poter fare altro, per parlare di annuncio, per parlare di Vangelo, per parlare di promozione della vita. Quindi una Chiesa più presente lì dove vivono gli uomini e le donne del nostro tempo.
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