Il nuovo arcivescovo di Madrid: giovani e migranti le più grandi sfide
Mireia Bonilla - Città del Vaticano
A Madrid, l'arcidiocesi spagnola di cui il 12 giugno il Papa lo ha nominato arcivescovo, monsignor José Cobo Cano ci è arrivato quando aveva 7 anni. Veniva dall'Andalusia con la sua famiglia e subito si è unito alla vita parrocchiale del quartiere. "È stato lì che la mia chiamata vocazionale ha cominciato a prendere forma e poi è maturata nei gruppi parrocchiali, a contatto con la gente del quartiere, nella vita della facoltà", racconta il neo arcivescovo a Pope, in una delle prime interviste dopo la nomina. "Anche la pastorale universitaria mi ha aiutato molto, finché, a un certo punto, ho terminato la mia laurea e sono entrato in seminario per fare un discernimento vocazionale più serio fino all'ordinazione nel 1994".
Cobo Cano succede al cardinale Carlos Osoro Sierra, 78 anni, che ha presentato la sua rinuncia per limiti di età. Lui, che di Madrid era finora vescovo ausiliare, non si aspettava la nomina di Papa Francesco: "C'erano delle voci, ma in questi casi ci si illude dicendo che non sono possibili, quindi le ho tenute lontane da me, ma quando a un certo punto arriva la chiamata del nunzio e arriva la lettera del Santo Padre, beh, quello è il momento in cui si ha la vertigine e lo stupore". E soprattutto in cui si comincia a pensare "se questo ha una via di ritorno o no".
L'arcidiocesi di Madrid per me significa "madre"
Il nuovo arcivescovo descrive la Chiesa di Madrid con grande affetto, perché per lui è stata "una madre", quella che gli ha dato la fede. "È qui che sono cresciuto, è qui che sono stato cresimato, è qui che sono stato ordinato sacerdote, è qui che sono stato ordinato vescovo, quindi per me è la Chiesa madre, che non è semplicemente un'istituzione, ma è piena di comunità, di laici, di sacerdoti, di persone, che mi hanno accompagnato per tutta la vita". L'arcidiocesi, spiega monsignor Cobo, è molto "grande" e "molto plurale", con una "vita entusiasmante", sia quella dei sacerdoti che fanno parte di questo presbiterio vivace e operoso, sia quella dei laici "che vogliono ripartire, che sono perplessi per questi tempi complicati e che generano molta vita consacrata e molte iniziative".
La grande sfida è lo sradicamento dei nostri giovani
Il presule non dimentica di certo le sfide che la Chiesa madrilena deve affrontare: la questione dei giovani, il forte senso di sradicamento che subiscono attualmente e la mancanza di speranza: "In questa arcidiocesi, così complessa, sentiamo che la grande sfida è lo sradicamento dei nostri giovani e la mancanza di speranza. Troviamo giovani alla ricerca, perplessi, che forse mancano di modelli di riferimento, e abbiamo una Chiesa che può offrire il fascino del Vangelo".
Il dramma degli abusi
La Conferenza episcopale spagnola è stata tra le prime a pubblicare un'"istruzione sull'abuso sessuale dei minori", argomento al centro del dibattito dentro e fuori la Chiesa. Monsignor Cobo spiega che "grazie a Dio, la Chiesa si sta svegliando e si stanno già mettendo in atto strumenti di lavoro". In particolare, l'arcidiocesi di Madrid da diversi anni si è fatta carico di una parte di questo protocollo, che ora è stato istituito per tutte le diocesi del Paese, e fin dall'inizio ha dato voce alle vittime. "Accompagnare le vittime fin dall'inizio ha abbattuto le barriere e le resistenze interne che avevamo nella arcidiocesi stessa, ma accompagnarle ci ha posto in una prospettiva molto più evangelica", dice il presule. Inoltre, assicura che le stesse vittime li aiutano a guardare la realtà dalla prospettiva dei più vulnerabili, "anche per risvegliare e assistere a casi di abuso di coscienza e a certe pratiche che possono effettivamente insinuarsi nella vita della Chiesa".
Accoglienza dei migranti
Un altro tema a cuore del neo pastore di Madrid è quello dei migranti, problematica di cui si è occupato a lungo come membro della Commissione di pastorale sociale e promozione umana. La sua posizione su questa sfida è la stessa del Papa: "Accoglieremo la grande sfida della migrazione, come abbiamo fatto in passato, come un segno dei nostri tempi. Madrid in questo momento non può essere compresa senza il fenomeno migratorio, perché la migrazione non è semplicemente un evento o un fenomeno. La migrazione è fatta di persone, come ci ripete continuamente il Papa, che ci ha aiutato a capire che si tratta di persone in cerca di una vita migliore, che hanno il diritto di emigrare e anche il diritto di non emigrare. E qui abbiamo la grande sfida di mettere il migrante nella posizione che merita, come persona, come membro attivo delle nostre comunità cristiane".
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