Assegnato ad un progetto in Ciad il premio Francesco di Assisi e Carlo Acutis
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Bethléem, la maison du pain”, si chiama così il progetto vincitore della seconda edizione del “Premio Internazionale Francesco di Assisi e Carlo Acutis per una Economia della Fraternità”, assegnato oggi nell’ambito della tre giorni in corso ad Assisi, nel Santuario della Spogliazione, “#Nulladiproprio per un mondo fraterno e solidale tra arte, musica e spiritualità”. Un progetto che darà vita in Ciad, a Baibokoum, a una “Casa del pane”, una bottega di prodotti da forno, dove 12 giovani, aiutati e sostenuti dalle suore francescane angeline, impareranno a fare impresa. L’idea nasce come processo economico fraterno “dal basso” e dal desiderio di costruire e avviare un laboratorio di panificazione per consentire a ragazze e ragazzi di lavorare insieme, mettendo i propri talenti in comune e utilizzando le risorse locali, per prendersi cura di sé stessi e della loro comunità attraverso un’occupazione dignitosa.
Un aiuto per i giovani di Baibokoum
Protagonisti di “Bethléem, la maison du pain” sono giovani poveri e scartati, ragazzi di strada, orfani, disoccupati, esclusi dalle loro comunità a causa di malattie considerate motivo di impurità, come l’epilessia. Dall’agosto 2023 a giugno 2024, riceveranno una formazione permanente sull’economia di fraternità, sulla tecnica della panificazione e sull’uso degli strumenti. Tra luglio e novembre, poi, partirà la costruzione del laboratorio di lavorazione, con maestranze autoctone, e saranno acquistati i macchinari, ricorrendo largamente a fornitori locali, così da promuovere e sostenere l’economia ciadiana.
La realtà sociale del Ciad
Il Ciad è tra i Paesi con il più alto tasso di povertà nel mondo e tra i territori complessi, conflittuali e instabili, come Libia, Sudan e la Repubblica Centrafricana. Baibokoum è una piccola città che si trova nell’estremo sud-ovest del Paese, dove i cristiani sono i più poveri e l’economia, nelle mani dei musulmani, è basata su un’agricoltura molto basilare, per mancanza di mezzi e di capacità di trasformazione delle materie prime. L’unica attività commerciale e l’unica fonte di guadagno per la popolazione, compresi i giovani, è la produzione di alcol locale. Nell’intero centro abitato si vive in condizioni di estrema povertà, ragazzi e ragazze subiscono violenze, non hanno i mezzi economici per pagarsi gli studi e spesso finiscono nella dipendenza da alcol, droghe o tabacco. C’è, inoltre, un alto tasso di analfabetismo e crescono sempre di più delinquenza e disoccupazione.
Gli obiettivi del progetto Maison su pain
Alla “Casa del pane” di Baibokoum si punterà a reinvestire i guadagni delle prime vendite nell’acquisto delle materie prime e nella messa a regime della produzione, che consentirà una retribuzione degna e regolare dei giovani coinvolti. Contando, poi, sull’aumento delle risorse finanziare, derivanti dalla commercializzazione del pane e di altri prodotti da forno sul mercato locale, utilizzando anche biciclette per il porta a porta nei quartieri della città e nei mercati vicini, si cercherà di estendere l’esperimento alla produzione di altri beni alimentari e di allestire un piccolo laboratorio per la realizzazione di saponi, utilizzando risorse naturali locali come il karkadè o i semi di arachidi. In questo modo si vogliono coinvolgere altri giovani in situazioni di miseria. Al progetto “Maisons du pain” collaborano le suore francescane angeline, che saranno al fianco dei giovani e sosterranno anche economicamente la loro attività nei primi anni.
Le francescane angeline al fianco dei giovani ciadiani
Tra gli ideatori del progetto c'è suor Brigitte Ndjenoyom, che a Pope racconta dei tanti ragazzi che bussano alla porta della comunità delle francescane angeline di Baibokoum per chiedere aiuto.
“Abbiamo cominciato - racconta suor Brigitte - pagando la scuola ad alcuni di loro e offrendo ad altri la possibilità di lavorare nel nostro terreno, perché potessero guadagnare qualcosa, sostenersi negli studi o affrontare qualche necessità. Ma in questo modo non riuscivamo a dare una mano a tutti, così abbiamo pensato di aiutarli organizzando insieme a loro un’attività lavorativa”. Il forno della cucina della piccola comunità delle francescane angeline era l’unica risorsa, come quei “5 pani e 2 pesci” presentati a Gesù per sfamare centinaia di persone. “Non avevamo niente - prosegue la religiosa - così siamo andati a raccogliere legna, l’abbiamo venduta e con il ricavato abbiamo acquistato della farina”. I giovani si rimboccano le maniche, cominciano a impastare e a produrre pane e con le biciclette prestate dalle suore vanno a venderlo. Quel pane piace, la gente lo apprezza e nei mercati viene comprato. I ragazzi riescono a racimolare qualche soldo per le spese scolastiche o per altre necessità familiari, ma il forno delle francescane angeline non basta più per soddisfare le richieste, inoltre tanti altri giovani chiedono di inserirsi nell’attività. Così si pensa a un nuovo forno. Ci si arrangia con le proprie mani e un po’ di terra, ed eccolo realizzato il nuovo forno che consente ai giovani di continuare a produrre pane. Ma il manufatto, dopo due anni, si deteriora e non può più essere utilizzato. Cosa fare allora?
L'idea della "casa del pane"
“Abbiamo pensato di chiedere aiuto e consigli su come proseguire l’attività - dice ancora suor Brigitte - perché il pane era apprezzato, si vendeva bene e volevamo proseguire la produzione”. Da qui l’idea di elaborare un progetto perché i giovani potessero, lavorando insieme, mettere su una attività produttiva professionale, “in comunione tra di loro, per lottare contro la miseria e la disoccupazione”. Suor Brigitte le difficoltà dei giovani di Baibokoum le conosce bene, lei è nata lì, la sua è una famiglia modesta. “Eravamo in otto – ricorda – e i miei genitori non avevano la possibilità economica di farci studiare tutti, così io ho fatto dei piccoli lavori e mi sono pagata gli studi. Poi ho conosciuto le suore francescane angeline che andavano per i villaggi per insegnare ai bambini a leggere e a scrivere e ho scoperto la mia vocazione: volevo anch’io donarmi per gli altri, per la mia gente”. Suor Brigitte nutre fiducia nei giovani e nelle sue parole trapela una grande speranza. “Loro saranno i protagonisti di questo lavoro, purché si rendano conto anche delle loro capacità e comprendano che possono lavorare, guadagnare e aiutare la loro comunità” sottolinea, chiarendo anche il senso del nome pensato per il progetto, “Bethléem, la maison du pain”, “del pane per richiamare il senso della comunione, dell’eucaristia che raduna tante persone. Una casa che raccoglie, che chiama gli altri, per vivere insieme”.
Il premio
Il “Premio Internazionale Francesco di Assisi e Carlo Acutis per una Economia della Fraternità” è stato istituito dall'arcivescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino, il 10 ottobre 2020, giorno della beatificazione di Carlo Acutis e intende promuovere un rinnovamento dell’economia all’insegna dell’universale fraternità di tutti gli esseri umani, a partire dalla condizione e dagli interessi dei più umili e disagiati. Mira a ispirare quanti hanno scarse possibilità economiche, in particolare i giovani al di sotto dei 35 anni, nelle regioni più povere del mondo, a riunirsi e presentare, come cambiamento, un progetto per beneficiare e soddisfare i bisogni concreti dei più bisognosi. “Bethléem, la maison du pain” è stato scelto fra 41 progetti presentati da 23 nazioni, di cui 18 dall’Africa, 7 dall’America, 3 dall’Asia e 13 dall’Europa.
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