La 24 ore per il Signore a Santa Maria delle Grazie al Trionfale, nel cuore di Roma
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
In fondo al rettifilo di via Candia, nel centro di Roma, al confine tra il quartiere Prati e il Trionfale, si staglia la sagoma di una chiesa dalla grande facciata essenziale e pulita, di stile neorinascimentale: è la parrocchia di Santa Maria delle Grazie al Trionfale. Il Papa ha scelto questa chiesa per presiedere, il 17 marzo, la decima edizione di "24 ore per il Signore", iniziativa quaresimale di preghiera e riconciliazione voluta dallo stesso Francesco, che si celebrerà nelle diocesi di tutto il mondo, alla vigilia della quarta domenica di Quaresima, in preparazione alla Pasqua di Risurrezione. Le chiese rimarranno aperte per un giorno intero, in modo da offrire ai fedeli e ai pellegrini l’occasione di sostare in qualsiasi momento in adorazione e potersi confessare. Nel giorno della Riconciliazione, le porte delle chiese saranno aperte per tutto il giorno a simboleggiare l’amore misericordioso di Dio. E quest’anno la scelta di Santa Maria delle Grazie è quanto mai centrata: una sua caratteristica è la luce dorata che trapela dall’interno della chiesa attraverso le tre porte, che si vede fin da lontano e diventa più intensa al tramonto.
L'edificio sacro
Costruzione religiosa moderna, costruita ai confini di quella che alla fine degli anni '30 era già periferia, è un edificio in cemento e mattoni. Il progetto si deve all’architetto Tullio Rossi, molto attivo a Roma soprattutto per la progettazione di edifici sacri di impronta classicheggiante, e dall’ingegnere Franco Formari. La facciata simmetrica e senza chiaroscuri è percorsa da una lunga iscrizione in travertino, che interrompe la cortina di mattoni, con la dedica alla Vergine delle Grazie in latino e l’anno di inaugurazione dell’edificio, il 1941, sotto il pontificato di Pio XII che è ricordato negli stemmi e nelle iscrizioni. Ai lati estremi, vi sono due angeli in travertino dalle grandi ali riposte, una nota figurativa nella scansione lineare delle modanature. L’interno è a tre navate con colonne in marmo verde su cui si impostano archi a tutto sesto. Nel catino absidale a mosaico campeggia una mandorla con le figure della Vergine e di Cristo. Ai lati, angeli e due figure; a sinistra di chi guarda si riconosce Pio XI, predecessore di Pio XII, morto nell’anno di fondazione della chiesa.
Erede di un titolo precedente
La modernità di questo edificio sacro affonda le radici in una storia molto più antica, perché è l’erede del titolo dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie fuori Porta Angelica, demolita nel 1930, che si trovava in un luogo relativamente distante, nei pressi del colonnato della Basilica di San Pietro, esattamente nel punto in cui oggi campeggia un’edicola in travertino con un mosaico a fondo dorato con la Vergine incoronata e il Figlio. Al piede dell’edicola si trova un’iscrizione che riassume tutta la storia: “Salutate in questa immagine la B. Vergine Maria delle Grazie portata nell’anno 1587 da Gerusalemme a Roma dall’eremita f. Albenzio De Rossi. L’originale già esposto qui nel santuario demolito per ragioni di pubblica utilità si venera ora nella nuova chiesa al piazzale Francesco Morosini [oggi di Santa Maria delle Grazie] che la munifica pietà dei pontefici Pio XI e Pio XII ricostruì e dedicò A. D. MCMXLI”.
Un eremita calabrese
Nato a Cetraro, in provincia di Cosenza, nel 1542, il venerabile fra Albenzio de Rossi è stato una figura estremamente emblematica del suo tempo. La vivacità del racconto della sua vita, nelle fonti agiografiche, riesce a restituire una personalità vivida e reale, completamente immersa nel quadro storico in cui visse: una Roma in fermento, sempre più splendida di arte e scenografiche bellezze ma anche ricolma di povertà e malattie, una città richiamo di tanti pellegrini che arrivavano con la speranza che le loro preghiere sulle tombe degli Apostoli venissero ascoltate.
Facemo bene adesso ch'havemo tempo
Albenzio viaggiò prima in Terrasanta, dove appunto ebbe in dono la sacra icona, cui era legatissimo, per poi stabilirsi a Roma fino alla morte, avvenuta il 19 aprile 1606. Durante la navigazione alla volta dell’Italia, di ritorno alla Palestina, ebbe salva la vita grazie all’intercessione della Vergine che, mediante la sacra immagine, protesse lui e l’equipaggio della nave durante una violenta tempesta marina. Quando giunse a Roma, rimase impressionato dalla povertà che si ammassava per le strade e dai pellegrini, spesso malati e consunti dalle fatiche del cammino, alle volte anche reduci di agguati da parte di briganti. Ottenne da Papa Sisto V, il 3 giugno 1587, di edificare una chiesa, detta dell’Ascensione di Nostro Signore, un cenobio per gli eremiti e uno spedale per i poveri. Inoltre vi era un orto e un piccolo cimitero. Un luogo estremamente organizzato che offriva gratuitamente, attraverso le sole elemosine, riparo, cure e cibo. Il suo motto richiama la sua febbrile attività caritativa verso i poveri e malati: “Facemo bene adesso ch'havemo tempo”, che oggi si può leggere in un’iscrizione all’ingresso dell’ufficio parrocchiale delle Grazie al Trionfale.
Una devozione che divenne sempre più intensa
Quando morì, Albenzio donò la preziosa icona della Vergine alla chiesa dell’Ascensione, che mutò il nome in quello della Vergine delle Grazie e richiamava sempre più fedeli. Nell’1806, la chiesa passò ai Padri dell’Ordine della Penitenza e dopo la sua demolizione, tra il 1936 e il 1939, la sacra effige, che era stata custodita in Vaticano, tornò finalmente alla devozione del popolo nella sua nuova sede, nell'odierna parrocchia di Santa Maria delle Grazie, dove arrivò insieme ad altri arredi.
L’icona della Vergine
Il dipinto è su lastra di rame, non è di grandi dimensioni, 26x23 cm, è di ambito bizantino ed è datato tra XII e XII secolo. L’immagine raffigura la Vergine che allatta il Bambino Gesù tenendolo in braccio; Il Bambino tiene in mano un cartiglio con il primo verso in lingua greca di Isaia: Πνε?μα Kυρ?ου ?π’ ?μ?, “Lo spirito del Signore Dio è su di me” (61,1). La Madonna indossa un manto rosso scuro con ricami dorati e una tunica verde e similmente il Bambino, ma con un manto più acceso. Ai lati di Maria sono visibili i caratteri greci, mentre quelli relativi a Gesù sono scomparsi.
Le tre incoronazioni
Il conte Alessandro Sforza finanziò nel 1636 due corone, per la Vergine e il Figlio, che il Capitolo Vaticano pose il 9 giugno 1644, ma queste furono rubate con gli altri ex voto tra il 1798 e il 1799, durante l'occupazione francese di Roma. Una seconda incoronazione, con una solenne celebrazione in piazza san Pietro, avvenne per mano del cardinale Rafael Merry del Val, arciprete della Basilica di San Pietro il 22 giugno 1924. La chiesa delle Grazie al Trionfale fu ristrutturata negli anni Ottanta, fu anche restaurata l’icona della Vergine, solennemente incoronata da Giovanni Paolo II, in visita alla parrocchia il 16 dicembre 1984.
Un’edicola votiva lungo il cammino
Imboccando via Candia, all’angolo con via Leone IV, sullo spigolo alto di un palazzo, si può notare un’edicola della Vergine con il Figlio, anche questa ispirata all’icona miracolosa. Abbiamo quindi un filo ideale che ne traccia l’itinerario e congiunge la sede originaria scomparsa con la nuova, in piazza Santa Maria delle Grazie.
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