Ucraina, il vescovo che porta aiuti al fronte: "Al freddo e al buio, ma aspettiamo Natale"
Salvatore Cernuzio – Inviato a Rzeszóv (Polonia)
Mentre parla in videocollegamento dall’Ucraina, dice che sotto la finestra del suo appartamento ci sono 1500 persone in fila per un po’ di cibo: “Ve li farei vedere… sono in fila per un pezzo di pane, un quarto di pagnotta che distribuiscono i frati albertini”. Monsignor Jan Sobi?o, ausiliare di Kharkiv-Zaporizhzhia per circa un’ora si intrattiene a colloquio con il gruppo di giornalisti di varie testate e nazionalità in viaggio in Polonia ed Ucraina in una missione organizzata dalle due Ambasciate presso la Santa Sede. Si scusa, il presule, di non poter essere presente fisicamente e si scusa pure per qualche domanda che gli sfugge: “Si sentono continuamente spari, questo cambia anche il modo di pensare”. Dice di non avere paura e di aspettare “con speranza” il Natale. Per due volte Sobi?o ha visitato la centrale nucleare e una volta a settimana si reca al fronte per portare aiuti alla gente. Proprio in quelle zone di rischio si è trovato a fianco al cardinale elemosiniere Konrad Krajewski durante la sparatoria di settembre.
Eccellenza, qual è la situazione oggi a Kharkiv e Zaporizhzhia?
Migliaia di persone sono senza corrente elettrica, anche le pompe che servono per pompare l’acqua non lavorano. Mancano generatori per la corrente elettrica. Se continua così, le case e i grattacieli diventeranno frigoriferi. È sempre più tragico… Nonostante la corrente elettrica staccata e i missili che continuano a cadere, la gente però continua a venire in Chiesa sperando che il Signore riesca a fermare la guerra, prima che sia il mondo a sentirne le conseguenze.
Papa Francesco ha recentemente inviato una Lettera al popolo ucraino e non ha fatto mancare continui appelli per il martoriato Paese. Come vivete questa vicinanza del Papa, lei e la sua gente?
Ci aiuta molto… Tramite il cardinale Krajewski il Papa ci aveva già inviato nei mesi scorsi aiuti materiali e supporto morale per incoraggiare noi vescovi e sacerdoti. Più di due settimane fa sono stato in Vaticano, ho avuto modo di parlare con il Santo Padre che ci ha ribadito il conforto soprattutto per le popolazioni dell’Ucraina orientale, nelle città bombardate. Ci ha assicurato il suo pensiero, le sue preghiere, il suo amore.
Nominava Krajewski, lei si è recato con l’elemosiniere al fronte a portare aiuti…
Sì, durante una visita ci siamo trovati sotto gli spari dei missili. Siamo stati costretti a fuggire e nasconderci in cantina. Molti colleghi mi hanno criticato perché ci siamo esposti a questo rischio e abbiamo esposto anche il cardinale. Io credo invece che sia stato in qualche modo utile perché il cardinale ha potuto vedere da vicino la situazione e l’atmosfera di guerra.
Lei continua ad andare a portare aiuti sulla linea di guerra?
Una volta a settimana cerco di andare sul fronte, queste visite devono essere molto brevi. Venerdì scorso ci siamo stati e appena arrivati sono cominciati spari di artiglieria. Ci sono spie e informatori che avvertono del nostro arrivo… Siamo dovuti fuggire subito. Ci fermiamo al massimo 5 minuti, lasciamo quello che abbiamo portato e scappiamo. Riusciamo però a portare alla popolazione locale prima di tutto i prodotti da mangiare, poi l’acqua da bere a cui questa gente da oltre 6 mesi non ha accesso.
Monsignor Sobi?o, il Natale è vicino. Come vive spiritualmente questo momento?
Mentre aspettavo l’incontro con il Santo Padre in Vaticano ho guardato Piazza di San Pietro dalla finestra, stavano addobbavano l’albero di Natale. Ho pensato: chissà se anche noi a Zaporizhzhia riusciremo a fare un albero in piazza. Credo proprio di no, tuttavia noi in Chiesa e nelle case prepareremo l’arrivo di Gesù. I nostri preparativi sono prima di tutto spirituali. Cristo è nato in una grotta buia e fredda con la luce di una candela e anche noi accoglieremo Gesù appena nato nel caldo dei nostri cuori, nonostante il freddo intorno. Siamo assolutamente consapevoli che il Natale di quest’anno sarà diverso perciò ci prepariamo anche con omelie e prediche per aiutare la popolazione a viverlo serenamente.
E cosa si può dire alla gente perché mantenga la speranza?
Credo sia importante parlare del senso della vita in Cielo. Sulla terra, la nostra vita ha pochi anni, alcune decine... Abbiamo però sempre la possibilità di scegliere l’eternità, accanto a Dio nella pienezza della vita nel Paradiso. Qui la situazione è instabile, c’è chi perde le gambe, chi i familiari, è tutto incerto, ma la nostra anima è immortale davanti a Dio. Gesù Cristo è nato, ci ha dato il senso della vita, il senso della croce, la vera libertà che è dopo la morte, ci ha creato un posto in Cielo. E questa speranza che ci permette di non avere paura.
Come pastore ha avuto modo di parlare anche con persone che hanno visto morire i propri parenti o finire vittime di violenze. Ci credono a questa speranza? Riesce a consolarli?
Posso raccontare due situazioni di cui sono stato testimone: quando sono stato al fronte, ho incontrato una donna disperata perché un missile era caduto sulla loro casa e la figlia di 23 anni è morta decapitata. La mamma non ha potuto seppellirla al cimitero. La disperazione di questa donna era enorme. Io le ho detto che la figlia è tornata dal Signore e che non soffrirà più, è felice perché è andata dove tutti dovremo andare. Qui siamo esposti a delle sofferenze, alla figlia ora sono risparmiate. Penso di aver toccato il suo cuore, si è rasserenata. La stessa cosa è avvenuta con un nonno la cui nipotina è stata violentata e uccisa. Anche lui era disperato e diceva: ‘Perché Dio ha permesso queste atrocità?’. Il Signore non vuole la guerra, ama la popolazione e prepara tutti per il Cielo. Sono certo, come ci ha insegnato padre Massimiliano Kolbe, che l’amore vince, che l’amore per gli altri è la vera vittoria. Anche in questa situazione sarà così. Dopo la guerra, il mondo sarà diverso, rinato, anche spiritualmente.
Oltre alla preparazione spirituale, cosa state organizzando per vivere il Natale?
Vogliamo viverlo come un’unica famiglia, la guerra per assurdo ci ha uniti tutti. Concretamente cercheremo di non lasciare nessuno con la tavola vuota, chi ha qualcosa lo dividerà con gli altri. Prepariamo dei pacchi, visitiamo le persone, penso ai parrocchiani più anziani o ai profughi. Saremo tutti insieme, vogliamo dividere il pane. Nessuno deve rimanere abbandonato senza Eucarestia e senza agape.
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