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Don Antonio, sotto scorta contro la malavita: anche a Roma è missione

L’impegno di don Coluccia, sacerdote alla periferia della Capitale, che ricorda l’importanza di abitare il territorio delle nostre città dove cresce il disagio, l’indifferenza e il potere della malavita: "Ai giovani diciamogli che gli vogliamo bene e li sentiamo parte di noi”

Eugenio Bonanata e Giovanni Orsenigo – Città del Vaticano

È instancabile l’impegno di don Antonio Coluccia, il sacerdote che vive sotto scorta per la sua azione di contrasto allo spaccio e alla malavita nella periferia di Roma. “Siamo pronti ad inaugurare questo presidio di legalità”, annuncia con gioia a proposito della palestra di pugilato che a breve sorgerà nel cuore di San Basilio all’interno di alcuni locali un tempo adibiti allo smercio di sostanze stupefacenti.  Questi ambienti sono stati completamente ristrutturati grazie ad un progetto che coinvolge l’Opera don Giustino Onlus, il gruppo sportivo ‘Fiamme Oro’ della Polizia di Stato e Roma Capitale.

Evangelizzazione nei quartieri di periferia 

Un frutto importante dell’opera di evangelizzazione che il sacerdote porta avanti anche in altri quartieri della capitale, dal Quarticciolo a Tor Bella Monaca fino a Corviale. Un cammino che ha originato ‘L’odore del gregge’, una serie di meditazioni articolata in quattro brevi puntate (in onda ogni giorno su Telepace a partire da lunedì prossimo, il 25 ottobre, alle ore 19 e in replica alle ore 22:45). “Una trasmissione di prossimità”, afferma don Antonio spiegando che tutto ruota attorno ai principi della Dottrina sociale della Chiesa: 'ascoltare', 'vedere', 'giudicare' e 'agire' (sono anche i titoli dei singoli episodi).

Vangelo e legalità

“Quattro realtà raccontate attraverso il Vangelo”, aggiunge. Ma c’è dell’altro. “Per parlare di questi territori bisogna viverli, abitarli e conoscerli”, precisa ricordando che la terra di missione non è soltanto il ‘terzo mondo’. Anche Madre Teresa diceva che Calcutta è ovunque, a patto di avere occhi per vederla. Don Antonio ribadisce che è necessario “prendere coscienza della propria vocazione battesimale” e che “occorre mettersi al servizio degli altri come comunità cristiana”. Il punto è che “nessuno si salva da solo”, dice ancora specificando che il Vangelo viaggia di pari passo con il valore della legalità. “Vuol dire avere una memoria operante nel territorio, così come sta facendo la Diocesi di Roma nell’ambito del progetto pastorale imperniato sull’abitare con un cuore nuovo la città”.

Difendere i giovani

In primo piano non ci sono soltanto le questioni che affliggono le periferie. “Si tratta anche di evidenziare la ‘cittadinanza attiva evangelica’, cioè quelle persone che credono nel Vangelo di Gesù Cristo e che si sporcano le mani”. Questa è sinodalità, sottolinea don Antonio. “Camminare assieme, farsi carico dei problemi della gente: non possiamo trascurare il Popolo di Dio”. E poco importano le minacce e gli insulti, come quelli che un passante ha rivolto ‘in diretta’ al sacerdote – sempre con il megafono in mano - proprio nel corso della registrazione di una puntata durante una delle sue missioni al Quarticciolo. “Dobbiamo difendere questa gente: questi giovani che muoiono di overdose appartengono a noi Chiesa. E dobbiamo farci una domanda se qualche volta non siamo stati in grado di stargli vicino”.

Porte e finestre aperte

Avvicinare i lontani rappresenta una delle sfide del Sinodo. E per favorire il processo il Papa ha chiesto di tenere aperte non solo le porte, ma anche le finestre delle nostre parrocchie. Dal canto suo, don Antonio guarda al futuro e si concentra sulle nuove generazioni sottolineando l’esigenza di vivere assieme a loro. “Francesco gli ha consegnato un bel messaggio, dicendogli che non sono all’asta. E noi dobbiamo farglielo comprendere, dobbiamo dirgli che gli vogliamo bene e che li sentiamo parte di noi”.

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23 ottobre 2022, 09:00