Repubblica Ceca, Sinodo: partecipazione oltre le aspettative
di Klára Malinaková, ijs
La Repubblica Ceca presenta, dal punto di vista religioso, una situazione abbastanza particolare. Ben tre quarti della popolazione si dichiara non appartenente ad alcuna confessione religiosa e solo il 5% degli oltre 11 milioni di abitanti partecipa con regolarità ad un servizio religioso di qualsiasi religione. In un contesto del genere la risposta alla richiesta di partecipazione al Sinodo sulla sinodalità nella Chiesa cattolica ha riservato imprevedibili sorprese.
La novità è nel metodo del confronto
Malgrado lo scetticismo iniziale di una parte del popolo credente, e anche di non pochi sacerdoti, il cammino ha coinvolto ben 2.312 gruppi sinodali! Attraverso essi il popolo di Dio ha imparato a lavorare insieme con uno stile sinodale, ad ascoltare e discernere la direzione verso cui lo Spirito di Dio ci indirizza. Gli argomenti discussi nei gruppi sinodali non erano sempre tra i più semplici e questo ci induce una grande speranza per la parte di cammino ancora da proseguire. Molti partecipanti hanno riferito che, per loro, alla fin fine, i risultati conclusivi del Sinodo non saranno così essenziali se comparati con la novità del metodo di confronto che si è comunque avviato a livello di base. In tutti questi piccoli gruppi, nelle parrocchie e nelle comunità, tutti si sentono oggi più presenti e soprattutto più consapevoli della propria corresponsabilità nella conduzione della vita ecclesiale. Vedendo più in dettaglio: ci vorrà ancora del tempo per riassumere tutte le sintesi diocesane del confronto in una sintesi più alta, a livello nazionale.
Il desiderio di una Chiesa più capace di comprensione
La diocesi di Brno, che ha suscitato ben 557 gruppi sinodali, è, in ordine di grandezza, la seconda diocesi del Paese. I risultati a cui questi gruppi sono pervenuti sono stati analizzati sia dal punto di vista del contenuto dei testi approvati, sia dal punto di vista delle relazioni statistiche inoltrate. Guardando ai testi che cominciano ad arrivare anche da altre diocesi pensiamo che molte delle intuizioni e proposte emerse a Brno possano essere facilmente generalizzate all’intero Paese. Il primo e importante punto è che in molte comunità si lamenta un’assunzione di stile sinodale inferiore alla media o alle aspettative del popolo di Dio. Non pochi hanno espresso la percezione di un difetto di trasparenza e di apertura al mondo, insieme con il desiderio che la Chiesa diventi più comprensiva, più umana, più capace di accogliere suggerimenti dalla base, e soprattutto più attenta ai reali bisogni del mondo.
Occorre maggiore dialogo tra sacerdoti e laici
Circa un terzo dei partecipanti ai gruppi ha voluto sottolineare la necessità di un miglioramento della comunicazione tra preti e laici. Hanno spiegato che ciò che si attendono dai sacerdoti non è tanto la loro erudizione teologica, quanto una loro effettiva vicinanza ed apertura, una più forte attitudine all’ascolto, e la capacità di lavorare sempre insieme. Appare evidente il desiderio di ricevere fiducia, di essere coinvolti nei processi decisionali, e di veder valorizzati i propri specifici carismi. Meritevole d’attenzione è la constatazione che laddove nei gruppi erano presenti dei preti gli argomenti erano maggiormente relativi alle problematiche della trasmissione della fede oggi, mentre quando non hanno partecipato direttamente, c’è stata una maggiore apertura alla discussione sui temi della riforma della Chiesa, del celibato dei preti, dell’ordinazione delle donne.
No ad una Chiesa autoreferenziale
Interessante anche il fatto che i gruppi che già sperimentano al loro interno un processo sinodale riconoscono più facilmente (fino a 10 volte rispetto alla media) la presenza di un analogo processo a livello diocesano, e anche (fino a 4 volte rispetto alla media) a livello della Chiesa universale. Statistiche che confermano l’affermazione esortativa che spesso i partecipanti si rivolgono: “Come sarà la nostra parrocchia, così sarà l’intera Chiesa universale”. Comunque i temi delle relazioni e della comunione intraecclesiale sono andate ben oltre la questione del rapporto tra preti e laici. Infatti circa il 40% dei partecipanti ha voluto evidenziare l’importanza di genuini rapporti di fratellanza/sorellanza, di rispetto, tolleranza e cura reciproca all’interno delle proprie comunità. In molti hanno richiamato la necessità di una Chiesa che sappia sempre più accogliere gli emarginati, gli scartati, ed hanno condiviso una decisa preoccupazione per il rischio di una Chiesa autoreferenziale che vive in una cupola di vetro senza sufficienti contatti con il mondo circostante. Questa preoccupazione è risultata essere dalle statistiche la più diffusa e preminente in ogni tipo di gruppo, indifferentemente dalla sua consistenza, dall’età, dal genere, o altre caratteristiche del gruppo. Probabilmente la prevalenza di questa preoccupazione è stata data dalla stessa proposta originaria del Sinodo, ma certamente ha incontrato corde sensibili tra tutti i partecipanti.
La solitudine: un segno dei tempi a cui rispondere
E’ possibile che la sensibilità a questo tema sia stata generata anche da un problema più vasto, esterno alla Chiesa, proprio dei nostri tempi, che alcuni studiosi hanno definito “il secolo della solitudine”. I Paesi dell’Europa dell’Est, e tra questi la Repubblica Ceca, sono tra quelli in cui si registra il più alto livello di solitudine esistenziale. D’altronde questa, come è ben noto, è una tendenza che affligge tutto il mondo: le ricerche indicano che il senso di solitudine nella vita riguarda non solo chi vive ai margini della società, ma anche la popolazione attiva e produttiva. Può questa ‘epidemia’ della solitudine esistenziale essere uno di quei segni dei tempi che dobbiamo saper scorgere ed ascoltare? E per il quale immaginare delle risposte creative? Anche molte organizzazioni laiche ed istituzionali, in diversi Paesi, oltre la Chiesa cattolica, stanno facendo passi importanti in questa direzione per arginare il problema.
Passare dall'io al noi per una vita spirituale più autentica
Noi, oltre a loro, siamo chiamati ad una risposta più profonda, un “passaggio pasquale” dall’autocentrismo dell’ IO ad un ecclesiale NOI, come pure suggerisce la Commissione Teologica Internazionale nel suo documento sulla Questa chiamata al 'noi ecclesiale' si sovrappone inoltre al desiderio spirituale di oltre un quarto dei partecipanti ad uno stile di preghiera sempre più comunitario, di una Messa celebrata da una vera comunità cristiana, di una vita spirituale più profonda. Non si tratta di un bisogno semplicemente ‘umano’, ma il desiderio di una vita spirituale più profondamente vicina a Dio che ci ha creati esseri relazionali, cioè comunità, e ad immagine del suo essere trinitario. Il desiderio vero di sperimentare la comunione con Dio non attraverso il proprio Io autocentrato, ma, come la Trinità, nell’infuocato mistero della pienezza del 'noi'. E questa è forse la risposta più autentica al dramma della solitudine esistenziale.
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