La Comece al Parlamento europeo: il diritto alla vita non può essere negato
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
La Comece, Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea, esprime rincrescimento e stupore per la risoluzione passata oggi al Parlamento europeo con 364 voti favorevoli, 154 contrari e 37 astensioni. Si tratta della risoluzione B9-0299/2022, che, guardando alla situazione negli Stati Uniti, qualifica l'aborto come "diritto" ed esorta gli Usa e i Paesi europei a non deteriorare i diritti delle donne in merito all’interruzione di gravidanza, garantendo un accesso sicuro all’aborto. Parlando ai microfoni di Radio Vaticana – Pope, don Manuel Barrios Prieto, segretario generale, della Comece, spiega la posizione della Chiesa cattolica.
Don Barrios Prieto, la Chiesa ha difeso sempre il diritto alla vita dal suo inizio sino alla sua fine naturale. La Comece ha ribadito questa posizione. Quali ora le conseguenze di questo voto del Parlamento europeo?
È un voto che a me e a tanti dà molta tristezza, tra l’altro su una risoluzione strana, perché fa riferimento ad una possibile sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ancora non è stata emessa, ed è una risoluzione che, anche se non è vincolante, mostra una certa tendenza. Questa risoluzione può diventare la base o il contesto per future proposte legislative. Quindi è una risoluzione che preoccupa, perché mostra la tendenza a portare nelle istituzioni europee la scelta della non difesa del diritto fondamentale alla vita. E questa è una posizione diametralmente opposta alla posizione della Chiesa, ma anche alla convinzione di tante persone che credono che evidentemente bisogna sì difendere la salute e il diritto della donna, ma bisogna anche difendere la salute e il diritto alla vita del nascituro.
Proprio su questo punto, come avviare un serio e concreto dibattito mirato al riconoscimento del diritto del nascituro alla vita?
Io credo che forse il Parlamento europeo non sia il luogo adatto per portare avanti un dibattito del genere, perché questa non è una competenza diretta dell’Unione Europea e questo va sempre chiarito. È uno dei nostri argomenti, ossia, evitare che questi dibattiti vengano fatti nel Parlamento europeo, perché il tema non è di sua competenza. Comunque io credo che bisognerebbe fare un serio studio, una seria analisi, una seria discussione sulla protezione della donna, sui diritti della donna, che fa parte delle persone vulnerabili della società, ma anche inquadrare, nel diritto alla vita, l’essere vivente che è in lei, un essere diverso dalla donna e che, quindi, ha diritto alla vita. Io credo che una donna, che sia veramente libera da pressioni sociali, familiari e professionali, e che sia cosciente di che cosa significhi un aborto, non farebbe mai questa scelta, avendo altre possibilità. Quindi questo è un dibattito profondo che va fatto e che deve andare di pari passo a politiche che proteggano la vita. Ecco, questo è il cammino da seguire.
Comece: aiutare donne e nascituri
In una dichiarazione precedente al voto del Parlamento europeo, a firma di don Barrios Prieto, la Comece aveva anticipato queste tematiche, esprimendo sorpresa che l’Unione guardasse alla pronuncia della Corte Suprema degli Stati Uniti: “Si tratta di un'ingerenza inaccettabile nelle decisioni giurisdizionali democratiche di uno Stato sovrano, un Paese che, per di più, non è membro dell'Ue”. Inoltre il documento metteva in evidenza che, dal punto di vista strettamente legale, “non c'è alcun diritto all'aborto riconosciuto dal diritto europeo o internazionale, pertanto nessuno Stato può essere obbligato a legalizzare l'aborto, né a facilitarlo, né a essere strumento per realizzarlo”. Si notava poi “con grande preoccupazione e rammarico la negazione del diritto fondamentale all'obiezione di coscienza all'aborto, diritto che è un'emanazione della libertà di coscienza, come affermato nella Convenzione di Ginevra e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”. Diritto quest’ultimo riconosciuto anche dalle Nazioni Unite. Le donne in difficoltà non devono essere lasciate sole - concludeva la dichiarazione - né si può ignorare il diritto alla vita del nascituro. Entrambi devono ricevere tutto l'aiuto e l'assistenza necessari.
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