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Una teologia morale in dialogo con l'esperienza concreta dei credenti

A pochi giorni dell'udienza del Papa ai partecipanti al convegno sull'Amoris Laetitia organizzato dalla Gregoriana, don Maurizio Chiodi, ordinario di Bioetica, aiuta a comprendere, alla luce delle parole del Pontefice, l'orizzonte che si pone oggi davanti agli studiosi di teologia morale in merito al cammino cristiano delle famiglie in un contesto non facile come quello attuale

Emanuela Campanile - Città del Vaticano

È l'Amoris Laetitia al centro del convegno di Teologia morale promosso in questi giorni dalla Pontificia Università Gregoriana, in occasione dell'anno dedicato all'enciclica di Papa Francesco sull'amore famigliare. Il Papa ha incontrato in Vaticano i partecipanti e nel suo discorso ha sottolineato come oggi la vita delle famiglie sia esposta a molte difficoltà e che di questo gli studiosi devono tener conto nella loro ricerca, parlando un linguaggio comprensibile agli interlocutori. Il Papa ha avvertito che "la morale evangelica è tanto lontana dal moralismo (...), quanto dall'idealismo che, in nome di un bene ideale, scoraggia e allontana dal bene possibile". Per questo, ha affermato, è necessario ripensare le categorie della teologia morale e “aiutare le famiglie a ritrovare il senso dell’amore”. 

Maurizio Chiodi: occorre tendere al bene

A Pope don Maurizio Chiodi, ordinario di Bioetica presso il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, descrive le nuove sfide che il tempo attuale pone agli studiosi di teologia morale:

Ascolta l'intervista a don Maurizio Chiodi

Don Chiodi, che cosa significa ripensare e rinnovare la teologia morale?

Significa entrare in un rapporto vivo, concreto, con l'esperienza morale dei credenti di oggi alla luce della parola di Dio e della rivelazione di Gesù per pensare, in culture e società moderne, che cosa vuol dire la testimonianza della fede oggi.

Perché l'Amoris Laetitia può aiutare a farlo? 

Perchè il Papa, anche nel discorso di oggi, ha ribadito la necessità di mantenere un dialogo con l'esperienza concreta delle famiglie nelle loro bellezze e anche nelle loro difficoltà, traumi e ferite. E, dunque, il pensiero parte dall'esperienza alla ricerca del bene possibile e anche questo oggi il Papa l'ha sottolineato riprendendo ovviamente l'Amoris Laetitia e dicendo che il bene possibile non è né il rifugio in un idealismo astratto, impossibile che scoraggia, né un legalismo che si ferma ai casi e all'osservanza materiale della norma: occorre tendere al bene.

A cinque anni dalla pubblicazione dell'esortazione, quali sono i frutti nei diversi continenti proprio a livello di prassi pastorale?

È emerso all'interno del nostro convegno quello che già un po' tutti sentiamo, cioè che la messa in atto delle suggestioni, degli appelli dell'Amoris Laetitia procede in modo differenziato nelle diverse parti del mondo, nelle diverse società e culture, nei diversi contesti pastorali. Questo è vero un po' in tutti i continenti, ciascuno, certo, a partire dalla propria specificità. Diciamo che però, tenendo presente che i tempi della Chiesa non si misurano sui nano secondi, ma sui decenni o i secoli, direi che il processo è attivato e quindi si va nella direzione di un fecondo rapporto tra il magistero che orienta dal punto di vista pastorale, cioè la pratica della Chiesa, la teologia che ripensa in modo rigoroso e critico e la parola di Dio che è il pozzo inesauribile della sapienza cristiana, e l'esperienza delle famiglie nei diversi contesti culturali. Realizzare questi rapporti significa seguire il percorso dell'Amoris Laetitia.

Che cosa resta ancora da fare? Da quello che lei ha detto, il quadro è ampio...

Che cosa resta da fare? Credo che, senza perdersi d'animo, occorra trovare alcune priorità nell'azione pastorale, ma questo non può essere dettato da un'agenda a priori, astratta, ma deve partire dalle sollecitazioni delle situazioni effettive. Penso ad esempio alle giovani coppie e alle giovani famiglie, ai giovani con la loro difficoltà a comprendere le istanze evangeliche anche dal punto di vista pratico, con uno sguardo che non sottolinea gli aspetti problematici, ma va incontro alle persone perché possano iniziare un cammino. È dunque l'esperienza stessa che ci sollecita a individuare i modi per attuare la fede oggi.

E quindi in che modo la prassi pastorale può rinnovare la teologia morale?

La prima esigenza è che sia una prassi non di qualcuno, soltanto dei chierici, oppure soltanto dei teologi, oppure soltanto dei pastori, ma che ci sia un coinvolgimento di tutta la comunità ecclesiale in un apprendimento reciproco e un dialogo fruttuoso e fecondo con la cultura nella quale ci si trova per essere testimoni del Vangelo del Signore. Papa Francesco lo ha sottolineato in un momento a braccio nel suo discorso, dicendo: "Non abbiate paura di andare avanti". Lo ha detto a noi teologi, ma lo si può dire a tutti. Ci ha incoraggiato: non dovete tornare indietro, dovete puntare alle radici, questo sì, e attraverso la linea delle radici andare avanti, abbiate il coraggio di una fedeltà creativa al Vangelo oggi.

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14 maggio 2022, 09:21