Falabretti: “Il pellegrinaggio degli adolescenti grande occasione di crescita"
Federico Piana-Città del Vaticano
“I frutti più belli della fede sbocceranno nel cuore di questi ragazzi e noi adulti forse non li vedremo, ma sono sicuro che ci saranno”. Don Michele Falabretti, direttore del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, traccia il bilancio di #Seguimi, il pellegrinaggio nazionale a Roma degli adolescenti, che lunedì scorso ha visto la partecipazione di oltre 80 mila ragazzi, provenienti da tutta Italia, di età compresa dai 12 ai 17 anni. Il momento più importante dell’evento, organizzato dalla Chiesa italiana, è stata la veglia con il Papa in Piazza San Pietro, durante la quale gli adolescenti hanno potuto testimoniare la loro esperienza di vita a partire dal Vangelo di Giovanni (21,1-19). Un’esperienza forte che “i ragazzi non dimenticheranno mai, come non dimenticheranno le parole del Papa che sicuramente cambierà il loro intimo profondamente”, spiega don Falabretti.
Secondo lei, quali saranno i frutti che questo evento farà germogliare?
Noi adulti vorremmo vedere subito qualche risultato, invece dovremmo avere la pazienza del seminatore ed essere comunque certi che qualcosa nascerà. Noi li abbiamo ascoltati e questo è già un passo straordinario. Lunedì scorso, sono rimasto molto impressionato dalla facilità con la quale le testimonianze dei ragazzi hanno aperto il cuore: hanno dimostrato di non essere superficiali come, alcune volte, li consideriamo. Questi ragazzi ci hanno fatto capire che possono mostrarci le loro fatiche e le loro speranze.
Un atteggiamento che può dare slancio anche agli adulti?
Certamente. Dopo questo pellegrinaggio, gli educatori avranno sicuramente ritrovato la voglia di continuare ad accompagnare questi ragazzi. La trasmissione della fede chiede gesti di accompagnamento che sono faticosi e molto spesso si svolgono nell’ombra, ma sono essenziali.
Il pellegrinaggio degli adolescenti è stato il primo evento nazionale in Vaticano dopo la recrudescenza della pandemia. Un ritorno necessario alla normalità?
“Si. A novembre scorso, quando abbiamo iniziato ad organizzare l’evento, c’erano mille dubbi: sarà possibile? I ragazzi parteciperanno? Erano le due domande che ci assillavano. Eppure, la pandemia ci ha concesso di realizzarlo e abbiamo scoperto che i ragazzi ci sono ancora. Certamente, non credo che loro abbiano bisogno di un grande evento, ma sono sicuro che abbiano bisogno di fare cose insieme: questo per i ragazzi è decisivo. E la nostra pastorale non può non tenerne conto.: si cresce insieme, non da soli.
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