Domenica della Parola: la Bibbia parla a ognuno di noi
Fabio Colagrande – Città del Vaticano
“Abbiamo bisogno di ascoltare, in mezzo alle migliaia di parole di ogni giorno, quella sola Parola che non ci parla di cose, ma ci parla di vita”. Lo ricordava Papa Francesco il 26 gennaio 2020, in occasione della della Domenica della Parola di Dio, da lui istituita con il Motu Proprio il 30 settembre 2019, memoria liturgica di San Girolamo. Con quella Lettera Apostolica, Francesco stabilì che ogni anno la terza domenica del tempo ordinario fosse "dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio". Nell’omelia della Messa celebrata in Basilica nel 2020, il Papa ci invitava a fare spazio dentro di noi alla Parola di Dio. “Scopriremo - aggiungeva - che Dio ci è vicino, che illumina le nostre tenebre e che con amore conduce al largo la nostra vita”. Proprio l’esegesi spirituale, cioè un commento biblico che mostri quanto la Parola si rivolga direttamente, hic et nunc, a ogni credente, è il metodo per avvicinarsi alla Bibbia utilizzato da Paolo De Martino, responsabile dell’Apostolato biblico dell’arcidiocesi di Torino. Diacono permanente e insegnante di religione, De Martino ha scritto diversi saggi dedicati alla Sacra Scrittura, tra i quali l’ultimo sul Vangelo di Luca, lo “scriba mansuetudinis Christi” come lo chiamava Dante. In questa intervista a Radio Vaticana/Pope spiega perché Papa Francesco ha istituito la Domenica della Parola e com’è possibile far crescere nei cattolici l’assiduità con le Sacre Scritture.
Perché, secondo lei, il Papa ha voluto dedicare in modo particolare una domenica dell’Anno liturgico alla Parola di Dio?
Il Papa sa benissimo che per secoli la Bibbia non è stata di moda. Anzi, per molti bravi cristiani era possibile vivere la propria fede senza sentire il bisogno di leggerla. Bastavano le letture che si ascoltavano durante la Messa. Dopo il Concilio Vaticano II le cose sono un po' cambiate, sono nate tante iniziative che avevano come obiettivo rendere popolare la lettura della Bibbia. Anche se dobbiamo riconoscere che dopo cinquant’anni la Bibbia resta ancora un’illustre sconosciuta per molti, troppi, cattolici. Ancora oggi - ce lo possiamo dire francamente - sono pochissime le persone che decidono di uscire dal guscio della conoscenza dei brani appresi andando a Messa e affrontare una lettura, magari integrale della Bibbia. Questo sarebbe anche l'unico modo per imparare a capirla davvero. Io scherzando dico sempre che forse aveva ragione Paul Claudel quando diceva che “il rispetto dei cattolici per la Bibbia è enorme e si manifesta soprattutto nel tenersene a rispettosa distanza”. Diciamo che Papa Francesco ci aiuta ad accorciare questa distanza dalla Scrittura.
Il Papa ha voluto questa Domenica della Parola per far crescere nel popolo di Dio “la religiosa e assidua familiarità con le Sacre Scritture”. Quali sono gli strumenti che abbiamo a disposizione come Chiesa per raggiungere questo obbiettivo?
Innanzitutto il prendere coscienza dell'importanza della Sacra Scrittura: sembra un'ovvietà ma non lo è. Noi dobbiamo chiederci se davvero nel Popolo di Dio le Scritture riescono ancora a scaldare il cuore come ai due discepoli di Emmaus. Dobbiamo ripercorrere il cammino dei primissimi secoli: riprendere la lettura della Bibbia. Ripeto, la lettura di tutta la Bibbia, possibilmente non dall'inizio alla fine, perché non è un romanzo e quindi il primo libro può anche non essere la Genesi. Ma ciò che conta è capire che “la Parola parla a me”. Quando vado in giro a tenere incontri di apostolato biblico, io utilizzo la tecnica dell’esegesi spirituale: spiego che dobbiamo essere convinti e dobbiamo credere che l'autore del testo sacro, quando lo ha scritto era sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, ma parlava anche a ognuno di noi, oggi qui. Ecco io credo che tutta la nostra vita sia una conversione dalla nostra idea di Dio, al Dio di Gesù Cristo. Ogni uomo è chiamato a percorrere questa via, la via di Gesù, per scoprire il vero volto di Dio. Ci vuole l'intera vita per farlo ed è anche una continua conversione, come giustamente ci ricorda sempre il Papa. Io - alla fine dei miei incontri - invito sempre i partecipanti a chiedersi in quale Dio crediamo… Credo che per non sbagliare forse è il caso di leggere e meditare la Bibbia, tutta la Bibbia.
Dunque, incontriamo Cristo nell'Eucaristia, lo incontriamo nei poveri ma lo incontriamo anche nella Parola…
Se vogliamo semplificare, noi per secoli alle formule “sola Fide, sola Scriptura” di Lutero, abbiamo risposto con “solo sacramenti”. Ogni tanto - siccome parlo molto della Parola, della Scrittura, della Bibbia - qualcuno scherzando mi dice che sembro un po' protestante. Ecco, io credo che questo tipo di battute rivelino che noi la Parola l’abbiamo messa da parte. Eppure, Dio mi parla attraverso la Scrittura come attraverso l'Eucaristia.
Anche teologi del mondo luterano registrano oggi tra i loro giovani una sorta di analfabetismo biblico di ritorno, frutto della secolarizzazione. È un dato preoccupante...
Questo è molto preoccupante devo dire, perché, com’è noto, per loro la Scrittura ha avuto da sempre una centralità. Da un certo punto di vista potremmo dire che noi cattolici siamo fortunati, nel senso che partiamo quasi da zero o meglio partiamo dal Concilio. Da allora, bisogna dire che è in atto una sorta di “primavera biblica”, in molte comunità. Vorrei anche sfatare un mito: spesso si dice che le persone non sono interessate alla Bibbia, ma questo non è vero. Le persone sono interessate, intervengono, partecipano, quando viene mostrato loro che c’è vita nella Bibbia. Devo dire che riscontro spesso entusiasmo quando si parla della Bibbia.
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