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Fedeli in una chiesa in Mongolia (foto d'archivio) Fedeli in una chiesa in Mongolia (foto d'archivio)

Asia centrale: l’evangelizzazione ai tempi dell’Evangelii Gaudium

Due giorni di confronto, 12 e 13 ottobre, in un webinar organizzato dalla Pontificia Unione Missionaria sul tema dell'evangelizzazione nella regione centrale del Continente asiatico. Lo sguardo all'apertura dei lavori si è rivolto all’Afghanistan, al Kazakistan, all’Uzbekistan e al Kirghizistan. Padre Scalese, che ha dovuto lasciare questa estate Kabul: la speranza è tornare al più presto

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

"Al più presto, non appena ci saranno le condizioni, speriamo che la missione in Afghanistan possa riprendere la sua attività di testimonianza e di servizio”. È questo il vibrante auspicio espresso durante il webinar "La missione di evangelizzazione nell’Asia centrale ai tempi dell’Evangelii Gaudium". A lanciarlo è stato padre Giovanni Scalese, superiore della Missio sui iuris nel Paese asiatico, che ha ricordato in particolare il ponte aereo umanitario attivato lo scorso mese di agosto in Afghanistan, dopo la presa del potere da parte dei talebani. Il pensiero è tornato all'intervento che ha consentito il trasferimento, in Italia, di cinque suore di Madre Teresa e di 14 bambini disabili della Ong "Pro bambini di Kabul", accompagnati proprio da padre Scalese e tutti tratti in salvo dai militari italiani.

L’evacuazione da Kabul. Il ricordo di padre Scalese

"La nostra evacuazione - ha affermato padre Scalese - ha del miracoloso. Se pensiamo che il giorno dopo la nostra partenza ci sono stati sanguinosi attentati all’aeroporto di Kabul e nei giorni successivi i voli sono stati sospesi, possiamo dire che siamo stati oggetto di una speciale protezione divina. Potremmo rammaricarci sia per la scarsa efficienza della presenza della Chiesa in Afghanistan sia per la sua repentina interruzione". "Ci conforta però - ha aggiunto il religioso barnabita - quanto scrive Papa Francesco nel : Il libro degli Atti degli Apostoli ci insegna a vivere le prove stringendoci a Cristo, per maturare la convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad apparenti fallimenti e la certezza che chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo (una citazione ripresa dall’esortazione apostolica )".

La Chiesa è missionaria per natura

Il seminario, in programma il 12 e il 13 ottobre ed organizzato dalla Pontificia Unione Missionaria, è stato moderato da padre Dinh Anh Nhue Nguyen, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria. Il webinar si è aperto con il saluto di monsignor Giampietro Dal Toso, presidente delle Pontificie opere missionarie. “La Chiesa - ha detto - esiste per evangelizzare”. “Il termine missione - ha affermato - è diventato in qualche modo sinonimo di mission, cioè di compito principale. Da una parte è una cosa buona, dall’altra ci ha fatto dimenticare un po’ il vero senso della missione, cosi come lo ha voluto il Concilio Vaticano II, quando si dice che la missione è l’annuncio del Vangelo e la costituzione di nuove Chiese”.

Mons. Dal Toso: senza missione non c’è la Chiesa

“Non è un caso - ha detto monsignor Dal Toso - se Papa Francesco e altri Papi dicono che la Chiesa è missionaria per natura. Per natura vuol dire che se non c’è questa missionarietà, non c’è la Chiesa. Non è solamente quella della missionarietà una dimensione della Chiesa”. La Chiesa è missionaria per natura: o c’è la missione o non c’è la Chiesa”. “Sono molto grato a Papa Francesco. Il suo primo documento - ha aggiunto il presidente delle Pontificie opere missionarie - è stato Evangelii Gaudium. E credo che dobbiamo tornare a questa ispirazione fondamentale del Papa: ricordarci, cioè, che la Chiesa esiste per evangelizzare e che, quindi, tutte le nostre attività devono avere il loro focus in questo”.

Sussurrare il Vangelo

Il nunzio apostolico in Corea del Sud e in Mongolia, monsignor Alfred Xuareb, ha ricordato il prezioso contributo dei missionari nei Paesi dell’Asia centrale. “Quello che mi affascina di più - ha detto - è che i missionari vivono con il popolo”, imparano la loro lingua. Provano le stesse gioie e gli stessi dolori e, quindi, riconoscono l’anima di un popolo. 

Mons. Xuareb: i missionari vivono in sintonia con il popolo

"Voi riuscite a sussurrare il Vangelo all’anima di queste persone perché la conoscete. Sussurrare - ha spiegato monsignor Xuarebnon vuol dire avere paura di alzare la voce, di evangelizzare. Ma basta soffiare e abbiamo già creato una sintonia con il popolo con cui viviamo".

Carità e bellezza

Il vescovo di Karaganda in Kazakistan, monsignor Adelio Dell’Oro, attingendo agli insegnamenti di San Giovanni Paolo II, ha sottolineato che l’uomo è la via principale della missione della Chiesa. E ha ricordato che la fede cristiana in Kazakistan, all’epoca dell’Unione Sovietica, è stata trasmessa nella quasi totale assenza di sacerdoti. Dopo il 1991, anche in questa terra, si è aperta una nuova stagione per la Chiesa. Monsignor Adelio Dell’Oro ha indicato, in particolare, due strade per l’evangelizzazione oggi in Kazakistan: la carità e la bellezza.

Mons. Dell’Oro: il bisogno più profondo è quello di Dio

"La misericordia per l’uomo - ha detto monsignor Dell'Oro - mi sembra una strada comprensibile a tutti, non solo ai cattolici e ai cristiani di altre confessione ma anche agli islamici, agli indù e agli atei. Questo perché il cuore dell’uomo è sollecitato da bisogni urgenti. Ma quei bisogni gli segnalano che il suo bisogno più profondo è quello di Dio. La seconda strada passa dalla bellezza. Come diceva Dostoevskij, la bellezza salverà il mondo". "La bellezza - ha osservato il vescovo di Karaganda - è il terreno di incontro con qualsiasi persona. Per esempio, a Karaganda c’è forse la cattedrale più bella del Kazakistan e c’è un organo bellissimo. Quando non c’era la pandemia, due volte al mese, nei mesi estivi, facevamo dei concerti di musica d’organo. La cattedrale era strapiena. Ogni uomo, attraverso la bellezza della musica, è richiamato a Dio. La bellezza vuol dire la capacità, che Gesù ci conferisce, di riconoscere un frammento di verità in ogni persona, in ogni cosa che incontriamo".

Formare degli apostoli

Soffermandosi su temi legati al kerigma, alla liturgia e alla carità, monsignor José Luis Mumbiela Sierra, vescovo della Santissima Trinità in Almaty, ha poi ricordato che la diminuzione del numero di cattolici in Kazakistan, provocata dall’emigrazione, deve portare a cercare nuovi orizzonti di apostolato. Tra le urgenze, il vescovo della Santissima Trinità in Almaty ha indicato quella di formare degli apostoli, dei testimoni missionari capaci di diffondere la bellezza del messaggio cristiano. Monsignor José Luis Mumbiela Sierra ha quindi sottolineato che il Sinodo incentrato sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, aperto da Papa Francesco con la messa presieduta nella Basilica di San Pietro domenica 10 ottobre, può  rivelarsi un’occasione straordinaria per discernere i passi che si devono compiere in ogni diocesi. Padre Leopold Kropfreiter, direttore nazionale delle Pom in Kazakistan, ha sottolineato che i cattolici in questo Paese sono quasi il 2 per cento, un seme in mezzo a tante culture diverse. La sfida, ha ricordato, è soprattutto quella di sviluppare la pastorale giovanile, di aprire lo stile missionario alla cultura e alla lingua del Kazakistan, il cui tratto distintivo è quello dell’ospitalità. Padre Tadeusz Nowak, segretario generale della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede, ha detto che sono molteplici i progetti sostenuti e da sostenere per portare avanti il lavoro dei missionari in Asia centrale. Ci sono tanti segnali “del lavoro che la Chiesa sta svolgendo” in queste terre. 

Sale del mondo

In Uzbekistan la convivenza tra culture e religioni nell’Uzbekistan risale a tempi molto antichi: si racconta che alcuni ebrei arrivarono nel paese circa 200 anni fa e costruirono una sinagoga. L’amministratore Apostolico dell’Uzbekistan,  monsignor Jerzy Maculewicz, ha ricordato in particolare il Giubileo dei 30 anni di presenza francescana in questo Paese. Un periodo, ha detto, non privo di difficoltà. In Uzbekistan la presenza cattolica è costituita da cinque parrocchie distribuite tra Tashkent, Samarcanda, Bukhara, Urgench e Fergana, le città più importanti del Paese. I battezzati sono circa tre mila.

Mons. Maculewicz: dobbiamo essere come il sale

"La Santa Sede e il Papa - ha affermato monsignor Maculewicz - ci hanno chiesto sempre di restare nonostante le difficoltà. Nonostante tutte le difficoltà, la nostra presenza è importante. Gesù diceva che dobbiamo essere sale di questo mondo. E il sale si mette poco in un cibo. Se è troppo, non c’è gusto. Noi dobbiamo essere come il sale: siamo pochi, ma dobbiamo dare un grande sapore a questo Paese".

Testimonianza e missione

L’amministratore apostolico del Kirghizistan, padre Anthony James Corcoran, ha ricordato che il 90 per cento della popolazione di questo Paese, oltre 6 milioni, è di fede musulmana. I cristiani sono una piccola minoranza. “Siamo ancora qui - ha detto padre Anthony James Corcoran - perché la Chiesa cattolica ha una storia in questo Stato e perché vogliamo condividere le vie pastorali con questo popolo”. Tra i compiti primari, c’è il ministero della consolazione per aiutare le persone fragili  e bisognose. Questo, ha aggiunto, è il momento di riflettere insieme su cosa significhi evangelizzare ed essere cristiani. Suor Roberta Tremarelli, segretaria generale della Pontificia Opera della Santa Infanzia, ha poi sottolineato che la prima azione missionaria è la preghiera. In ogni progetto è fondamentale che ci sia una formazione cristiana. Riferendosi ai Paesi dove i cattolici sono una minoranza, suor Roberta Tremartelli ha infine ricordato che la testimonianza diventa determinante per trasmettere la fede.

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12 ottobre 2021, 19:49