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La tavola rotonda tra i docenti della Scuola estiva di teologia di Dubrovnik e il pubblico degli studenti e ospiti La tavola rotonda tra i docenti della Scuola estiva di teologia di Dubrovnik e il pubblico degli studenti e ospiti

Scuola di Dubrovnik: l’amicizia sociale via per l’impegno da cristiani in politica

Si sta svolgendo in Croazia, e si chiuderà il 24 luglio, la seconda Scuola estiva di Teologia, momento di incontro e dialogo tra 44 studenti e giovani teologi cattolici, ortodossi e protestanti dell’Europa balcanica e docenti delle stesse Chiese cristiane. A indicare la strada sul tema “Fede (a) politica: cristiani nello spazio politico“, l'ultima enciclica del Papa “Fratelli tutti“

Alessandro Di Bussolo – Dubrovnik (Croazia)

L’amicizia sociale proposta da Papa Francesco nell’ “è la via per il giusto impegno dei cristiani in politica”. Lo ha spiegato l’arcivescovo Mate Uzini?, coadiutore di Rijeka e amministratore apostolico di Dubrovnik, promotore della Scuola estiva di Teologia della diocesi dalmata, nella relazione introduttiva della seconda edizione, aperta il 18 luglio e che si chiuderà il 24. L’arcivescovo, parlando del tema scelto quest’anno, “Fede (a) politica: cristiani nello spazio politico“, ha invitato insegnanti e studenti a dialogare ricordando che amicizia sociale significa convivenza, in cui tutti, a prescindere dalle convinzioni, si sentono liberi e rispettati.


Studenti cattolici, ortodossi e protestanti da tutti i Balcani

Ad ascoltarlo, nell'aula magna del Seminario diocesano di Dubrovnik, 44 studenti e giovani teologi cattolici, ortodossi e protestanti dell’Europa balcanica e cinque docenti delle stesse Chiese cristiane. Sono croati, bosniaci, serbi, sloveni e montenegrini, selezionati tra un centinaio di candidati e invitati dagli organizzatori ad “ascoltare opinioni diverse, aggiornarle con il proprio contributo e crescere e progredire nel dialogo”.

L'arcivescovo Uzinic (terzo da destra nella fila in alto) con docenti e organizzatori della Scuola
L'arcivescovo Uzinic (terzo da destra nella fila in alto) con docenti e organizzatori della Scuola

Lottare per la vita buona di tutti nella società

Per i cristiani di qualunque Chiesa, ha proseguito Uzini?, questa convivenza “non significa rinunciare alla propria fede, ma lottare per la dignità e la vita buona di tutti nella società“. Una lotta “contro l'ingiustizia, contro la diminuzione dei diritti delle minoranze, la contro le politiche che allontanano gli emarginati dalla società“, ma anche contro quelle che, in nome della difesa della “civiltà cristiana“, privano i migranti della loro dignità.

La visione "inclusiva" del Papa

La visione del Papa, ha spiegato il 54enne arcivescovo croato, “è inclusiva, impone che in questa lotta ci uniamo a tutti coloro, credenti o atei, cristiani o non cristiani, che hanno a cuore un mondo in cui Dio permette al 'sole di giustizia' di brillare ugualmente su tutti“, come Gesù ha detto nel Discorso della Montagna. Ha spiegato che la parole di Cristo, sulla collina che guarda il Lago di Tiberiade, sono “una sorta di indicazione per noi cristiani su come trattare gli altri, le persone e il mondo che ci circonda”. Non si riferisce propriamente al ruolo dei credenti nello spazio politico, ma “è un esempio del rapporto della Chiesa e dei credenti con chi ha diverse visioni del mondo, interessi, comprensione della morale, del bene e di tutto ciò che rende umana la vita nelle nostre società plurali”.

Il pubblico della tavola rotonda della Scuola di Dubrovnik 2021
Il pubblico della tavola rotonda della Scuola di Dubrovnik 2021

Temi fondamentali per i Paesi dell’Europa balcanica

E riflettere su questo è fondamentale in una regione come l’Europa sud-est o balcanica, dove, ricorda spesso fra Ivan ?ar?evi?, uno dei docenti della Scuola, fino agli anni '90, il comunismo "ha messo a tacere violentemente la pluralità e le differenze, in particolare le differenze nazionali e confessionali, ed ha escluso la religione dal campo delle decisioni pubbliche". Ma con la proclamazione dell'indipendenza degli Stati dopo il crollo della Jugoslavia, “è iniziata una presenza dei cristiani nella scena pubblica, che inizialmente era collegata alle identità nazionali”. Ma nell'ultimo decennio, sotto l'influenza della globalizzazione ma anche delle crisi economiche, “la religione è emersa in pubblico e come argomento importante nelle decisioni politiche e sociali. Vengono richieste modifiche alla legge per suo conto, e talvolta si crea un'atmosfera di esclusione degli altri”.

La secolarizzazione dà alla Chiesa libertà di annuncio

Per un altro relatore, il teologo ortodosso greco-statunitense Aristotle Papanikolaou, non va per questo criticata la secolarizzazione che "porta il pluralismo nella società” e ciò di cui i cristiani e l'intera società hanno bisogno: l'appartenenza a una religione come libera scelta, non a qualcosa di regolato dalla società o dallo Stato”. Ed è anche una garanzia, ha chiarito l’arcivescovo Uzini?, “che il cristianesimo, come le altre religioni, non sarà costretto nello ‘spazio della sacrestia’. Una sana società laica consente alla Chiesa di avere libertà di annuncio, ma la sfida anche a trasmettere il suo messaggio alle persone senza alcuna coercizione sociale, politica o culturale”.

Un intervento del teologo ortodosso Papanikolaou. Accanto a lui fra Sarcevic
Un intervento del teologo ortodosso Papanikolaou. Accanto a lui fra Sarcevic

I poli opposti del populismo e della fuga dal mondo

La via dell’amicizia sociale, ha spiegato infine l’amministratore apostolico di Dubrovnik, si trova tra due poli. Quello di chi crede che nell'incontro tra fede e laicità “sia necessario conquistare la laicità e tradurre le credenze religiose in leggi”, e quello opposto di chi davanti al laico “si ritira nel suo mondo di sicurezza e consolazione, disprezzando tutto ciò che è laico”. Sono posizioni, ha sostenuto Uzini?, legate a tre “fraintendimenti dei cristiani in relazione alla società moderna”.

Il populismo e la divisione in “noi” e “loro”

Il primo è quello del populismo, che “divide le persone attraverso varie categorie morali”. Così il popolo, sottolinea papa Francesco nella “Fratelli tutti”, cessa di essere una categoria "viva, dinamica" e diventa una categoria chiusa, che divide chiaramente" noi "e" loro ", in base ai valori e alle affiliazioni a cui" loro "e" noi "aderiamo. Sfortunatamente, la religione è usata come mezzo di divisione. Si sente la necessità di difendere i valori cristiani e costruire una civiltà cristiana. Il "cristiano" cessa di intendere Dio come Colui che fa sorgere il sole sul bene e sul male e diventa una benedizione solo per i "buoni".

I docenti della Scuola estiva di teologia 2021 con l'arcivescovo Uzinic (primo a sinistra)
I docenti della Scuola estiva di teologia 2021 con l'arcivescovo Uzinic (primo a sinistra)

Il ritiro nella spiritualità personale

Il polo opposto di questo dominio cristiano nello spazio pubblico, è rappresentato dal ritiro nel regno della spiritualità personale. La spiritualità non è più la chiave per qualsiasi impegno in uno spazio pubblico, ma “un argomento per ritirarsi da quello spazio. In quell'immagine, il mondo è malvagio, peccaminoso e qualsiasi impegno in esso è superfluo”. Tale spiritualità, per l’arcivescovo coadiutore di Rijeka “riduce il cristianesimo solo alla ‘salvezza della propria anima’ e rinuncia all'impegno nella vita sociale e politica”.

L'inutilità della fede fuori di casa

C’è infine il fraintendimento di chi pensa che la fede “riguarda solo la mia intimità, la mia spiritualità privata, la morale e l'osservanza dei riti religiosi”. E quindi poi fuori di casa, sul lavoro, nell'impegno sociale e nelle decisioni politiche, accetta la logica del mondo e trascura la sua fede.

Il teologo ceco don Thomas Halik e la teologa catalana suor Teresa Forcades
Il teologo ceco don Thomas Halik e la teologa catalana suor Teresa Forcades

La tavola rotonda nella sala San Giovanni Paolo II

La Scuola si è anche aperta ad un pubblico più vasto con una tavola rotonda tenuta martedì sera nella sala San Giovanni Paolo II della diocesi. Hanno preso parte i quattro docenti presenti a Dubrovnik: fra ?ar?evi?, docente dell’Istituto teologico francescano di Sarajevo; Papanikolaou, teologo ortodosso docente alla Fordham University di New York; suor Teresa Forcades, medico, teologa e monaca benedettina catalana, e Tomá? Halík, teologo e filosofo dell’Università Carolina di Praga. Il quinto insegnante della Scuola, Miroslav Volf, teologo evangelico croato-statunitense dell’Università di Yale, New Haven, non ha potuto raggiungere la Croazia e si collegherà stasera via Zoom.

Dibattiti su migrazioni e Sinodo tedesco

La Scuola ha ospitato anche testimonianze sulla situazione dei migranti della Rotta balcanica, grazie alla partecipazione di padre Stanko Perica, direttore del Jesuit Refugee Service per l'Europa Sud-Est, e sul cammino sinodale della Chiesa tedesca, con Joerg Basten di Renovabis e Stefan Vesper. Padre Perica ha spiegato il nostro approccio verso il tema delle migrazioni "è una prova della nostra cristianità, del nostro modo di vivere la nostra fede". E lo ripete a Pope: "E' stato bello dialogare - ci dice - con tanti studenti e tanti professori che vogliono trovare il modo di vivere da cristiani in questo mondo che cambia, dove le culture si avvicinano e dobbiamo imparare di nuovo come vivere insieme".

Ascolta l'intervista a padre Stanko Perica (Jrs Europa Sud-Est)

Padre Stanco Perica, quale testimonianza ha portato, qui alla Scuola di teologia di Dubrovnik, sulla situazione dei migranti della Rotta balcanica?

La situazione dei migranti, ovviamente, è un problema che ha anche un peso teologico, ho detto agli studenti. Secondo me il nostro approccio verso questo è infatti una prova della nostra cristianità, del nostro modo di vivere la nostra fede. E’ stato molto piacevole dialogare con tanti studenti e tanti professori che vogliono trovare il modo di vivere il cristianesimo in questo nostro contesto. Un contesto nuovo, dove le culture si avvicinano e dobbiamo imparare di nuovo come vivere insieme.

Padre Stanko Perica (Jrs Europa Sud-Est) con l'arcivescovo Uzinic e suor Teresa Forcades
Padre Stanko Perica (Jrs Europa Sud-Est) con l'arcivescovo Uzinic e suor Teresa Forcades

Ma la situazione a Bihac, in questo momento, qual è? In vista anche dell'inverno che tra un po' arriverà, si stanno prendendo provvedimenti per non avere i problemi dell'anno scorso?

Purtroppo ogni inverno abbiamo paura che di nuovo diventerà un inverno caotico, tragico. Anche quest'anno si cerca di costruire un nuovo campo che dovrebbe accogliere un grande numero di migranti. Si sta ancora costruendo questo campo a Lipa, a 20 km da Bihac, e speriamo che sarà pronto per l'inverno. Siccome lì le temperature durante i mesi invernali si abbassano fino a meno 15 gradi, potete immaginare come può essere la vita lì senza elettricità e senza riscaldamento. Speriamo che coloro che dovrebbero fare questo lavoro, lo facciano in tempo.

L'intervista a padre Stanko Perica (Irs Europa Sud-Est)

Cosa stanno già facendo insieme i cristiani cattolici ortodossi e protestanti per accogliere e sostenere questi profughi? E cosa potrebbero fare di più?

Sicuramente potrebbero sviluppare l'approccio di accoglienza, di apertura e diminuire questa atmosfera di paura che si sviluppa sempre di più, in questa nostra regione, con l'arrivo delle nuove ondate di migranti e in questo può aiutare molto la teologia cristiana. Siccome la nostra fede è la fede che ci libera dalla paura, e che ci mostra che Dio è creatore di tutti gli esseri umani, e che tutti abbiamo la stessa dignità. Sapendo questo, dobbiamo agire, secondo questa nostra fede. Di questo abbiamo parlato qui e queste sono le cose che ci uniscono, tra cristiani. Ci sono alcuni temi che ci dividono ma molti di più sono quelli che ci uniscono e uno dei più chiari tra quelli che ci uniscono è l'accoglienza, l'apertura verso lo straniero colui che non è come noi, che è venuto da lontano, ma che ha lo stesso nostro valore.

Uno studente della Scuola di Dubrovnik interviene durante un dibattito
Uno studente della Scuola di Dubrovnik interviene durante un dibattito

Oltre alla solidarietà concreta, è necessaria anche una azione comune dei cristiani di tutte le Chiese, di sensibilizzazione dei governi nazionali e dell'Unione Europea?

Questo problema è qualcosa che va al di là di una città, di uno Stato. E’ qualcosa sul quale tutti dobbiamo in un certo modo reagire, fare qualcosa, coinvolgerci. Soltanto in questa maniera possiamo risolvere questa situazione. Non è un problema grandissimo: in Bosnia si tratta di 8000 persone. Per un insieme di Paesi come l’Unione Europea questo proprio non è un grande numero. Possiamo certamente crescere molto in questo approccio di accoglienza.

Che risposta hai trovato nei giovani teologi che hanno ascoltato il tuo intervento? si rendono conto anche loro che la teologia ha a che fare con la vicinanza e la fratellanza con i migranti?

Certamente, è stato molto interessante il dibattito dopo il mio intervento, nel quale tanti studenti mi hanno detto che non hanno mai saputo molto su questo problema. Che è presente nei media, ma si parla soprattutto dell’aspetto negativo, delle cose che alcuni migranti fanno quando entrano in qualche casa, quando rubano qualcosa, ma non ti parla molto delle radici e delle cause di questo problema e sulle possibilità di trovare una soluzione. Infatti gli studenti sono stati molto grati di questa testimonianza.

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22 luglio 2021, 16:17