ĂŰĚŇ˝»ÓŃ

Il gelo al campo di Lipa tra i migranti senza alloggi, Bosnia Il gelo al campo di Lipa tra i migranti senza alloggi, Bosnia 

Balcani, Lipa: 900 sfollati in ripari di fortuna. L'aiuto di Acli e Caritas

Serve legna da ardere, per questo la raccolta fondi organizzata dagli enti legati alla Chiesa in una situazione drammatica come quella creatasi tra i migranti in Bosnia Erzegovina

Tiziana Campisi- Città del Vaticano 

Continua l'allerta intorno agli sfollati del campo di Lipa, sulle alture della Bosnia ed Erzegovina, a pochi chilometri dal confine con la Croazia, che vivono sotto ripari di fortuna da 17 giorni. Almeno 900 persone - tutti uomini, richiedenti asilo, provenienti per lo più da Pakistan e Afghanistan - dopo l’incendio, il 23 dicembre, della tendopoli che li ospitava, sono senza acqua, né elettricità, né servizi igienici. Lo denuncia, a qualche giorno di distanza dall'ultima segnalazione, in un comunicato, la Caritas Ambrosiana, che, in collaborazione con Caritas Italiana, Istituto Pace Sviluppo e Innovazione (IPSIA) delle Acli e il network delle Caritas locali, si è attivata in questa emergenza migratoria sulla rotta balcanica dal 2015.

Attualmente i profughi sono costretti a scaldarsi accendendo piccoli falò, non hanno vestiti adeguati e scarpe per affrontare l’inverno e possono contare solo su un pasto al giorno fornito dalla Croce Rossa. In queste gravissime condizioni umanitarie, Caritas Ambrosiana, Caritas Italiana, IPSIA, hanno deciso un intervento di urgenza e nei giorni scorsi sono arrivati i primi sei camion carichi di legna da ardere. La fornitura continuerà nelle prossime settimane per tutto il tempo che sarà necessario a superare l’inverno. Per sostenere questo sforzo è partita una raccolta fondi. “Non è la soluzione al problema, ma è la sola cosa che in questo momento è possibile fare per permettere a queste persone almeno di sopravvivere” sottolinea Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, che si è impegnata, in questi anni sia con programmi di emergenza (distribuzione di aiuti umanitari ai migranti in transito o in sosta) sia con interventi pensati per il medio periodo (allestimento di strutture per accoglienza diffusa, creazione di una mensa per preparare pasti caldi per l’inverno) e soprattutto avviando attività psico-sociali con personale qualificato e l’invio di decine di volontari durante l’estate.

Le difficoltà sul territorio e la mancata integrazione

I militari dell’esercito bosniaco stanno allestendo nuove tende che dovrebbero garantire una sistemazione meno precaria. Tuttavia non sono al momento previsti né allacciamenti idrici né collegamenti con la rete elettrica, che sarebbero fondamentali per affrontare i prossimi mesi invernali e assicurare standard igienico sanitari minimi, soprattutto in questo periodo in cui la pandemia di Covid-19 richiede maggiori precauzioni per prevenire i contagi. Nata come soluzione transitoria, Lipa avrebbe dovuto trasformarsi in un campo ufficiale. Ma il Cantone e la Municipalità si sono opposte alla decisione del Consiglio dei ministri di Sarajevo rifiutandosi di dare corso ai lavori di adattamento necessari per assicurare una sistemazione dignitosa ai 1500 ospiti. Una presa di posizione che ha spinto l'International Organization for Migration (IOM) a ritirarsi dalla gestione. Tra l’altro, nemmeno un trasferimento a Bihac pare al momento un’opzione praticabile per il no del sindaco della cittadina e delle autorità del Cantone di Una Sana. Lo scorso 22 dicembre, la popolazione ha bloccato e rimandato indietro i minibus di migranti in arrivo da Lipa organizzati dal governo. Nei giorni scorsi, lo stesso presidio ha impedito l’accesso al campo anche agli operatori umanitari di IPSIA e Caritas.

La macchina degli aiuti e le iniziative in corso

Secondo l’OIM quella in Bosnia ed Erzegovina è una crisi civile, politica e istituzionale che sta generando una catastrofe umanitaria. Ad oggi sarebbero almeno 3mila le persone senza un posto dove stare; una situazione aggravata dai violenti respingimenti alla frontiera della polizia croata denunciati anche al Parlamento Europeo che impediscono ai migranti di proseguire il loro viaggio in Europa. Caritas e IPSIA, durante il lockdown, nonostante le difficoltà e le necessarie misure di sicurezza, non si sono fermate. Grazie ai loro operatori non è mancata una tazza di the al “Caj Corner” per le migliaia di migranti confinati nella ex fabbrica “Bira”; in occasione della Pasqua sono stati distribuiti alle famiglie, ai bambini e ai minori non accompagnati, ospitati al campo “Sedra” kit per affrontare le rigide temperature invernali. Anche durante le festività natalizie, l’equipe locale ha distribuito giocattoli, vestiti, scarpe e materiale scolastico sia ai bambini ospitati nei centri di accoglienza sia alle famiglie bosniache in difficoltà a causa della pandemia.

 

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

09 gennaio 2021, 11:47