Architettura sacra tra novità e tradizione. Una sfida ecumenica
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
La crisi dell’architettura sacra contemporanea è un tema che accende il dibattito e spesso divide fedeli e addetti ai lavori. Come tradurre in un linguaggio moderno le esigenze liturgiche di un luogo di preghiera? Passato e innovazione non sono inconciliabili. Il "nuovo" deriva dalla tradizione e la tradizione non è statica: si evolve e cammina. Ne sono convinti gli organizzatori dei convegni internazionali “L’Eterno nel Tempo. Arte e architettura cristiana tra Oriente e Occidente”, promossi dall'Associazione Pantaleone. I frutti della prima tappa di questo percorso che intende riunire ciclicamente studiosi di area cattolica ed ortodossa sono raccolti nel volume “Spazio sacro e iconografia. Limiti, sfide, respponsabilità”, edito da Jaca Book. Ne è co-autrice Ada Toni, architetto e membro della Commissione di Arte Sacra dell’Arcidiocesi di Otranto.
Ermeneutica della continuità
Continuità è la parola chiave: quell’ermeneutica della continuità che Benedetto XVI ha indicato alla liturgia contemporanea quale via da intraprendere nel cammino post-conciliare. “Il nostro desiderio – spiega Ada Toni a Pope - è trarre dalla storia dell’arte quei fondamenti e simboli che abbiamo dimenticato a causa di un eccesso di sperimentalismo verificatosi soprattutto in Occidente negli ultimi decenni. Senza contenuto è infatti difficile produrre un’arte che sia espressiva del proprio tempo e portatrice di un messaggio”.
La bellezza unisce
“Nel dialogo tra passato e presente occorre trovare un equilibrio. In Occidente talvolta il dibattito ha assunto toni di contrasto fra due fazioni, ma all’interno della Chiesa non possono esistere divisioni”. Tradizionalisti e modernisti sono chiamati quindi ad un confronto e ad una sintesi. Esiste tra loro un minimo comune denominatore: “l’oggettiva bellezza del nostro passato, della storia dell’arte cristiana unisce tutti, di fronte ad essa e nel riconoscimento di ciò che è bello siamo tutti uguali. Oggi abbiamo bisogno di lasciarci ispirare dalla bellezza. La storia dell’arte cristiana è un luogo di incontro e non di divisione”.
Occidente e Oriente a confronto sul bello
Stimolante la chiave ecumenica di questo percorso scientifico di studio e confronto, con il coinvolgimento del mondo ortodosso nel dibattito attorno al ruolo, all’identità e alla vocazione dell’arte sacra contemporanea. “In Occidente – prosegue Ada Toni - abbiamo preso di petto la sfida della contemporaneità e talvolta ci sono stati eccessi. Con la smania della novità abbiamo spesso dimenticato i contenuti da esprimere. In Oriente è accaduto l’opposto. La tradizione è stata interpretata con la reiterazione di modelli che non sempre riescono ad esprimere le attese del nostro tempo. C’è forse timore a compiere quel salto che in Occidente è stato affrontato forse con troppo leggerezza ed entusiasmo”.
Rinnovare un'amicizia
Dopo il Vaticano II i Padri Conciliari nella Costituzione sulla liturgia “Sacrosanctum Concilium” hanno indicato una strada. Mettere al bando linguaggi contemporanei, senza interrogarsi su quello che queste rappresentazioni vogliono evidenziare, non è la direzione giusta. Va accolta la sfida della contemporaneità “In tante espressioni dell’arte contemporanea - secondo Ada Toni - c’è un’istanza che potrebbe essere molto utile alla Chiesa se si facesse lo sforzo di comprenderla. Dobbiamo anche ammettere però che l’arte contemporanea si è allontanata spesso da principi, valori e criteri di cui l’arte cristiana non può fare a meno. Come diceva Paolo VI bisogna ripristinare un’amicizia tra arte e Chiesa, ma abbiamo ancora molta strada da fare”.
No al soggettivismo. Arte è servizio
La tradizione è un tesoro inestimabile a cui attingere. “In passato – aggiunge la co-autrice del libro - c’era più consapevolezza dei contenuti religiosi, c’era una fortissima spiritualità e non c’era la smania di novità, la fissazione con la figura dell’artista che deve lasciare la firma e distinguersi ad ogni costo. L’artista dava espressione ad una sapienza collettiva, ad una fede condivisa e vissuta. Oggi non è così: c’è eccesso di soggettivismo, ma non mancano architetti che hanno la capacità di mettere da parte il loro estro e porlo al servizio di un’istanza superiore: rappresentare la novità nel solco della tradizione”.
Esprimere una fede vissuta
Gli esempi non mancano: Ada Toni cita la Chiesa dell’Ospedale di Bergamo, le cui forme elaborano la tradizione in un linguaggio contemporaneo; in modo analogo, sempre nel segno della continuità, l’architetto John Pawson fa propria la sapienza degli antichi monaci costruttori e la traduce in architetture autenticamente contemporanee. “É questa la strada che vogliamo percorrere attraverso le nostre sessioni di studio. L’arte – conclude Ada Toni - deve essere espressione del tempo. Rifugiarsi nella mera imitazione, del passato è un fallimento, ma anche un tradimento”.
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