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Cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo di L'Aquila Cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo di L'Aquila

Petrocchi: dalla pandemia la lezione della solidarietà universale

Nel Messaggio per il Natale del cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo di L’Aquila, l'invito a far risplendere anche in questo tempo buio la luce del Signore. Abbiamo presenti le sofferenze e gli ostacoli di questa nostra situazione, afferma il porporato, ma guardiamo anche alle opportunità

Davide Dionisi – Città del Vaticano

“Il primo Natale avvenne mentre Betlemme era avvolta dal buio. Siamo sempre più consapevoli che, pure in diversi settori della nostra società, sembra scendere una notte culturale, resa ancora più oscura dalla pandemia da coronavirus. Anche in queste tenebre, spirituali e relazionali, deve accendersi la luce del Signore-che-viene!” Si intitola Un Natale di luce per rischiarare gli angoli oscuri della nostra storia il messaggio alla comunità ecclesiale e civile del cardinale Giuseppe Petrocchi nel quale l’arcivescovo metropolita di L’Aquila riflette sul periodo eccezionale che stiamo vivendo e sulle opportunità, nonostante gli imprevisti, gli ostacoli e le restrizioni, che possono essere colte.

La pandemia, umiliazione per una mentalità autosufficiente

“Da soli, non ce l’avremmo fatta. Ma la grazia, ricevuta dall’Alto, ci consente di crescere nel bene-fatto-bene, frutto della carità: ricevuta, praticata e donata” spiega il porporato, confermando che la pandemia è stata un evento che ha generato tanta sofferenza, aggiungendo però che “come credenti siamo tenuti a registrare non solo ciò che questa calamità sanitaria ci toglie ma anche a chiederci quello che ci insegna”. Un evento di dimensioni planetarie che, secondo il cardinale Petrocchi “è stato una grave umiliazione, per una mentalità che si riteneva autosufficiente e ormai padrona esclusiva del proprio destino. Molte false certezze sono state clamorosamente smentite”.

L’importanza della conversione

Ma da tale umiliazione, spiega l’arcivescovo, bisogna imparare a trarre una grande umiltà: individuale e collettiva. “Tale passaggio non è automatico” chiarisce. “Occorre che entri in campo la conversione perché senza la conversione l’umiliazione non diventa umiltà, ma si trasforma in rabbia, che genera ostilità e comportamenti aggressivi, oppure si tramuta in pessimismo disfattista e perdente”.

Fare i conti con la propria fragilità

Il cardinale Petrocchi rileva, inoltre, che “non si risorge dalle macerie della propria esistenza se non si accetta, serenamente, che da soli non andiamo lontano e restiamo intrappolati nelle nostre debolezze. Dobbiamo fare i conti con la nostra fragilità: costituita dal limite creaturale e dagli effetti del peccato, che si è infiltrato nelle nostre strutture cognitive e psichiche”.

Una società a misura d’uomo

Il porporato esorta poi a costruire una società a misura d’uomo, più capace di tessere relazioni autentiche e maturanti. “Dobbiamo sbarazzarci dalle pretese di essere i demiurghi di noi stessi, cioè gli unici artefici della nostra sorte. Occorre maturare un umanesimo integrale, aperto alla Trascendenza, e capace di promuovere il bene autentico, a livello generale e individuale”.

La lezione della solidarietà universale

"Spalancare le porte del cuore a quanti abbiamo finora rifiutato o lasciato ai margini”. E’ l’appello che il porporato lancia perché “dalle pagine degli eventi epidemici, dobbiamo apprendere anche la lezione della solidarietà universale. Occorre aumentare le dosi della carità che sa con-patire, mirata a condividere la sofferenza altrui, e sa co-ordinarsi: cioè, capace di governarsi saggiamente, neutralizzando i rischi di corto-circuiti mentali ed emotivi, nella tensione a convergere verso obiettivi comuni positivi. Ciò comporta, conclude l’arcivescovo di L’Aquila, “anche disciplina civica ed ecclesiale. Da queste disposizioni d’anima scaturisce la prontezza a mobilitarsi di fronte alle emergenze minacciose, in vista della salvaguardia di interessi generali”.

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15 dicembre 2020, 12:46