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Si rinnova la campagna scalabriniana in aiuto dei poveri

Tanti progetti confluiranno nell’iniziativa degli scalabriniani “Una sola casa”, nata durante il primo lockdown dopo l'appello di Papa Francesco per la Giornata mondiale del rifugiato, per aiutare migranti, senzatetto e ora anche famiglie impoverite dalla crisi in Europa e Africa

Giordano Contu – Città del Vaticano

La carità rende solida una comunità e le consente di costruire ponti. Lo testimonia la campagna degli scalabriniani “Una sola casa”, nata durante il primo lockdown per rispondere all'appello lanciato nel maggio scorso da Papa Francesco con il messaggio per la Giornata Mondiale del Rifugiato, che si è celebrata il 27 settembre. In questi mesi la seconda ondata di Covid-19 sta colpendo l’Europa, per questo l’Agenzia scalabriniana per la cooperazione allo sviluppo (Ascs) ha rafforzato l’iniziativa, trasformandola in un contenitore di progetti a favore di migranti, senzatetto e ora anche famiglie impoverite dalla crisi. “L'attenzione del Pontefice per gli sfollati intercettava la questione casa”, afferma padre Gaetano Saracino, missionario e referente per la campagna caritatevole. “Le misure per contenere la pandemia impongono alle persone di stare nelle loro abitazioni, ma mettono in evidenza una domanda: “E chi una casa non ce l’ha?”. Così l'iniziativa fiorisce nelle piaghe che si sono aperte lungo le “frontiere geografiche e spirituali” in Europa e Africa. Qui si offre cibo, sostegno psicologico, un letto per dormire, ma si promuove anche la cura della persona e il cammino verso l'autonomia.

Ascolta l'intervista a padre Gaetano Saracino

Tre poli della carità a Roma

In Italia l'impegno è concentrato a Reggio Calabria, Bergamo, Brescia e Roma. Nella capitale sono tre i centri di intervento. Il primo è la parrocchia del Santissimo Redentore a Val Melaina, nella zona nord. Qui c'è una mensa che con il lockdown ha raddoppiato il servizio ed è rimasta aperta tutta l'estate. Oggi non si mangia più all’interno e il sacchetto di cibo è più sostanzioso. Infatti, oltre a poveri, senzatetto e migranti, per la prima volta hanno chiesto aiuto anche alcune famiglie del quartiere di Monte Sacro. Il secondo polo coincide con la chiesa di Santa Maria della Luce a Trastevere, centro di riferimento della comunità latinoamericana. Anche qui sono aumentate le richieste di aiuto, perché molte badanti e colf hanno perso il lavoro. Per loro è stato attivato di recente lo sportello psicologico del progetto Wasi. La terza realtà è Casa Scalabrini 634, sulla via Casilina. La struttura ospita 30 rifugiati in semiautonomia, che, a causa della pandemia, hanno perso il lavoro. Così da poco è nata una recente partnership con la Caritas di Roma e l’Opera Nazionale per le Città dei Ragazzi, per favorirne il reinserimento lavorativo. Inoltre la struttura è diventata una calamita per le urgenze del quartiere, che coinvolgono migranti con o senza permesso di soggiorno, abitanti delle baracche del quartiere Quadraro, comunità africana, bengalese e filippina.

Altre iniziative in Africa ed Europa

Altre importanti realtà caritatevoli sono a Parigi e in una parrocchia di Amora, nella periferia di Lisbona. In Francia la chiesa di Saint-Bernard de la Chapelle, situata nel XVIII arrondissment, ha rivisto il piano di aiuto per l’emergenza freddo ai senzatetto, con lo scopo di assicurare ai bisognosi un pasto e un letto durante il periodo della pandemia. In Sudafrica, nella parrocchia di Saint Patrick, a Johannesburg, vengono aiutate anche 500 persone ogni giorno. Qui i numeri dell’emergenza sanitaria sono in calo, ma l'allerta resta alta. Perciò, l'impegno scalabriniano profuso durante la fase emergenziale non ha subito diminuzioni di attenzione. Anche nella più ricca Ginevra alcune persone sole o in difficoltà hanno ricevuto assistenza. “Se tutti abbiamo bisogno di salvezza, è anche vero che la salvezza è per tutti, nessuno escluso”, prosegue padre Saracino. “Questo è l'annuncio più grande della prossimità di Dio. Nella campagna “Una sola casa” questa convinzione è entrata a piene mani”. Senza dimenticare che la seconda ondata pandemica in Europa coincide con l’inizio della stagione fredda e la ricomparsa dei lockdown mette in evidenza il problema dei senzatetto. Chi vive in strada è in forte difficoltà, perché non può più dormire su una panchina o sotto un portico e perciò sono “doppiamente castigati”. Infatti la campagna scalabriniana è nata con l’idea di aiutare chi non ha una dimora grazie al sostegno di chi un tetto sotto cui abitare ce l'ha. Ad oggi sono stati raccolti 80 mila euro.

Rallentare il ritmo per creare una casa

“La prospettiva è quella di rimettere le persone in piedi sulle proprie gambe in questa nuova fase” della crisi sanitaria che si sta aprendo”, afferma padre Saracino. “L'epoca odierna è schiacciata sul presente”, riflette. “Viviamo un mondo in cui non si vede un futuro o, se c'è, fa paura. Il narcisismo ci fa guardare la realtà e ci dà conferma di chi siamo, tralasciando il fatto che la nostra identità la scopriamo solo nel confronto con gli altri”. Le esigenze di rifugiati e migranti, invece, “aiutano a leggere le nostre vite e a sentirci corresponsabili della sorte altrui”. Gli sfollati interni, che lo scorso maggio Papa Francesco ha posto al centro del messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 27 settembre, sono l'emblema delle contraddizioni del nostro tempo. “Trovare una dimora è un diritto per ogni essere umano, ma anche un bisogno fisico, morale e spirituale”, prosegue padre Saracino. “Un certo movimento ci deve essere, ma c'è anche l'esigenza di fermarsi per coltivare l'anima. Alla frenesia perpetua dell'Occidente si contrappone un movimento originato dalle ingiustizie. Mettendo a raffronto le due realtà, ci accorgiamo che ridurre il movimento frenetico per farsi carico delle necessità di un fratello è già un primo modo di creare una dimora”.

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17 novembre 2020, 08:00