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Presentazione del nuovo Messale della Cei Presentazione del nuovo Messale della Cei 

Messale, padre Midili: la liturgia ci aiuta a maturare nella vita cristiana

Da questa domenica, 29 novembre, verrà adottata nella maggioranza delle diocesi italiane la nuova edizione italiana del Messale Romano il cui utilizzo diventerà obbligatorio dal 4 aprile 2021, Pasqua di Risurrezione, al posto della precedente versione che ha scandito la liturgia dal 1983

Fabio Colagrande e Debora Donnini – Città del Vaticano

L’amore gratuito del Signore e una liturgia che coinvolga sempre di più il popolo di Dio, sono tra gli aspetti centrali che guidano questa terza edizione del Messale Romano in lingua italiana, che numerose diocesi introducono già dalla prima domenica di Avvento - 29 novembre - mentre sarà, poi, obbligatorio dal 4 aprile 2021. Padre Giuseppe Midili, carmelitano, direttore dell’Ufficio liturgico della diocesi di Roma, spiega il contesto e il senso di alcuni fra i cambiamenti introdotti, rispetto al passato:

Ascolta l'intervista a padre Midili

R. - Il contesto avviene nella prosecuzione di una comprensione approfondita dell'esperienza liturgica postconciliare, cioè il Messale attuale si situa in un cammino di pastorale liturgica delle comunità e delle diocesi italiane. Se noi perdessimo di vista il contesto, cioè il percorso di riscoperta sistematica dell'esperienza liturgica, il cambiamento consisterebbe semplicemente nella sostituzione di un libro con un altro nuovo, invece l'intento dei vescovi è che veramente si rivitalizzi, ancora una volta, l'esperienza liturgica. Abbiamo un po' smarrito la freschezza, la bellezza dell'esperienza celebrativa. Allora un nuovo Messale ci aiuta a riprendere in mano i testi, a riprendere in mano l'Introduzione, l’ordinamento generale del Messale e ad approfondirlo, per riappropriarcene.

 

La novità di cui si è più parlato è il cambiamento di un passaggio nella preghiera del Padre Nostro. Si passa dall'espressione “non indurci in tentazione” all'espressione “non abbandonarci alla tentazione”. Questo è sicuramente il cambiamento di cui si parla di più. Come mai, secondo lei?

R. - C'era un po' una certa perplessità nella formula perché poteva sembrare che il Padre inducesse, ci spingesse nella tentazione e la nuova forma di traduzione esprime, in una maniera forse più comprensibile, l'idea che in realtà nella preghiera noi chiediamo al Padre di non lasciarci soli nel momento della tentazione, cioè nel momento in cui siamo di fronte a un bivio. Quando siamo di fronte al bivio, noi chiediamo al Padre di non lasciarci soli perché di fronte al bivio rischieremmo di prendere la strada larga, diciamo della perdizione. Ma, poi, nella catechesi tutti noi spiegavamo già un po' il contenuto teologico. Adesso anche il linguaggio ci aiuta e favorisce la comprensione dei contenuti.

Un altro cambiamento di cui fedeli si accorgeranno è quello della formula che il sacerdote pronuncia presentando il Pane consacrato subito prima della Comunione, cosa succede?

R. - Sì, qui è stata modificata leggermente la formula: è stato introdotto un doppio “Ecco”. La formula diventa: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo”.  Quindi, il doppio “Ecco” in qualche modo sottolinea l'azione che il sacerdote compie mostrando il Pane consacrato, la frazione del Pane, e poi subito immediatamente seguita da questo mostrare il Pane e dichiarare la valenza salvifica: l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo ed è accessibile, diventa cibo attraverso il Pane consacrato. E, poi, la seconda parte della frase. Nella nuova formula si dirà: Beati gli invitati alla cena dell'Agnello, sottolineando così il testo di Apocalisse 19, in cui appunto si parla della cena dell'Agnello e in questo modo la formula del Messale introduce una dimensione escatologica, cioè collega il banchetto dell'Eucaristia che si celebra, con l'esperienza del banchetto celeste.

Un altro cambiamento lo troveremo quando il sacerdote si rivolge e all'assemblea usando la parola “fratelli”. In più occasioni a questa parola viene aggiunta la parola “sorelle”…

R. - È un’aggiunta che aiuta dal punto di vista linguistico e dal punto di vista delle consuetudini. Nel senso che dal punto di vista grammaticale è corretto usare fratelli per indicare il maschile e il femminile. Questa è la prassi italiana. Dal punto di vista della linguistica in uso, potremmo dire, oggi noi siamo abituati a esplicitare, quindi siamo abituati a indicare chiaramente quando ci rivolgiamo al maschile e al femminile. Rivolgendosi a entrambi, maschile femminile, il Messale ha ritenuto opportuno esplicitare anche il vocabolo sorelle.

Lei crede che servirà anche un'educazione, una formazione ai fedeli, affinché si abituino a questi cambiamenti?

R. - L'intento della Chiesa è proprio che l'esperienza liturgica piano piano ci aiuti a maturare per una esperienza di vita cristiana. Allora sì, necessariamente è indispensabile un cammino di formazione perché, come dicono i vescovi, veramente il Messale sia il libro dell'assemblea che prega. Allora l'invito che i vescovi rivolgono ai Pastori è a accompagnare i fedeli, non solo nei piccoli cambiamenti di linguistica o di stile, ma soprattutto perché li aiutino sempre più a permeare l'esperienza liturgica con una quotidianità di vita di preghiera.

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28 novembre 2020, 08:00