L’Avvento, viaggio incontro a Cristo
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Quando pensiamo all'Avvento, ci sentiamo immersi in una particolare atmosfera fatta di luce e di penombra, di silenzio e insieme di musica, di stupore e gioia sommessa. E un periodo di quattro settimane che trascorre muovendosi verso il Natale. Ci spinge al cammino e allo stesso tempo ci pone in attesa. Attendere il Signore significa preparare il nostro cuore, i nostri intendimenti, dare un corso nuovo alla nostra vita. Papa Francesco ce lo spiega: “L'Avvento ci invita a un impegno di vigilanza guardando fuori da noi stessi, allargando la mente e il cuore per aprirci alle necessità della gente, dei fratelli, al desiderio di un mondo nuovo. È il desiderio di tanti popoli martoriati dalla fame, dall'ingiustizia, dalla guerra; è il desiderio dei poveri, dei deboli, degli abbandonati. Questo tempo è opportuno per aprire il nostro cuore, per farci domande concrete su come e per chi spendiamo la nostra vita ” ( ).
L' adventus prima dell'Avvento
La parola Avvento deriva dal latino adventus., che nell'antica Roma indicava l'arrivo in forma solenne dell'imperatore o di un alto funzionario in una data città. Si tratta di una cerimonia già in uso in età ellenistica e conosciuta nell'iconografia fino al Medioevo. Momento culminante era il sacrificio dell'imperatore nel tempio dedicato alle divinità tutelari più importanti, dimostrando una profonda compenetrazione tra potere e religione. Tale pratica fu interrotta da Costantino, che si rifiutò di sacrificare alla Triade capitolina. Fatto di non poco conto, perché il culto capitolino rappresentava l’unità politica e religiosa di Roma stessa e ne celebrava il potere. L'atto di Costantino ha diviso nettamente l'ambito civile da quello religioso.Con l'affermazione della nuova religione, il cammino dell'imperatore da trionfale si trasforma in pellegrinaggio. L 'itinerario seguito dal corteo sposta il suo asse verso la basilica di San Pietro. Il primo attestato è quello di Onorio, nel 403, e raccontato in modo vivace da sant'Agostino in un'omelia dove egli si chiede quale sarebbe stato il luogo su cui si sarebbe soffermato l'imperatore. Infatti Onorio, avanzando, lambisce la tomba di Adriano, l'attuale Castel Sant'Angelo, ma la supera e giunge infine presso la “memoria del pescatore” ? cioè la basilica di San Pietro ? dove, presso la sua tomba “Deposto il diadema , si batte il petto "( Sermo 360 B , Cum pagani ingrederentur 26).
L'Adventus cristologico
Alcuni episodi della vita di Cristo sono ricollegabili ai significati simbolici dell'adventus pagano, soprattutto quelli inclusi dai vangeli gnostici sempre ridondanti di particolari. Tuttavia, l'esempio veramente calzante rimane l'ingresso in Gerusalemme rappresentato in modo speculare alle scene con gli imperatori ritratti su rilievi e monete, dove sullo sfondo di paesaggi urbani, gli imperatori incedono solennemente, spesso a cavallo, tra la folla.
L'episodio è raccontato da tutti i Vangeli canonici ma in Giovanni (12, 12-19) appare il termine greco ?π?ντησιj ( upàntesis ), corrispondente al latino adventus.
Nell'iconografia Gesù appare simile a un imperatore, raffigurato di profilo e con una postura regale a cavallo di un asinello, presso la porta di Gerusalemme, tra gente festante che agita rami di palma o stende mantelli al suo passaggio. Questa figurazione riscuote grande fortuna e appare nelle opere fin dal IV secolo, ad esempio nel sarcofago di Giunio Basso, e continua nel tempo, per citare gli esempi più famosi e mirabili, nel Codex Purpureus Rossanensis di Rossano Calabro (VI secolo), quindi negli negli affreschi di Sant'Angelo in Formis a Capua, e nelle opere di Giotto agli Scrovegni di Padova e di Pietro Lorenzetti nella Basilica Inferiore di Assisi. Tale figurazione viene in seguito ereditata e ripresa nei cortei di dignitari medioevali e rinascimentali.
Le visite di Gesù all'umanità
Nella meditazione patristica greca e latina l' adventus Domini non era solo la venuta di Cristo fra gli uomini nell'incarnazione (adventus in carne o in humilitate), ma anche la venuta definitiva nel giudizio finale (adventus in maiestate).
Vi è anche una venuta intermedia, di cui parlano alcuni padri e soprattutto san Bernardo di Chiaravalle: “Occulta è invece la venuta intermedia, in cui solo gli eletti lo vedono entro se stessi, e le loro anime ne sono salvate. Nella prima venuta dunque egli venne nella debolezza della carne, in questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell'ultima verrà nella maestà della gloria. Quindi questa venuta intermedia è, per così dire, una via che unisce la prima all'ultima ”( Disc . 5 sull ' Avvento , 1-3).
Papa Francesco, riallacciandosi a queste parole spiega le tre visite di Gesù all'umanità: La prima visita - sappiamo tutti - è avvenuta con l'Incarnazione, la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme; la seconda avviene nel presente: il Signore ci visita continuamente, ogni giorno, cammina al nostro fianco ed è una presenza di consolazione; infine, ci sarà la terza, l'ultima visita, che professiamo ogni volta che recitiamo il Credo: «Di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi ei morti &谤补辩耻辞;…
E il Papa prosegue, ricordando come la venuta sarà improvvisa, nel mezzo del quotidiano di ciascuno. E per questo motivo, continua Francesco “ viene anche un invito alla sobrietà, a non essere dominati dalle cose di questo mondo, dalla realtà materiali, ma piuttosto a governarle. Se, al contrario, ci lasciamo condizionare e sopraffare da esse, non possiamo percepire che c'è qualcosa di molto importante: il nostro incontro finale con il Signore: e questo è l'importante. Quello, quell'incontro. E le cose di ogni giorno devono avere questo orizzonte, devono essere indirizzate a quell'orizzonte ” ( ).
Siamo chiamati a un "cammino"
La famosa citazione di Eliot "The journey, Not the destination matters", Ciò che conta è il viaggio e non la destinazione , riflette un pensiero dell'uomo moderno: ciò che conta è la ricerca anche se rimane circoscritta a se stessa. Una disposizione d'animo che si risolve in un cammino mai concluso, in movimento perpetuo, senza meta, come quello di un Ulisse infelice. Si tratta però di un pensiero privo di senso alla luce del cristianesimo, dal momento che il cammino trova invece un traguardo sicuro nell'incarnazione del Signore. I versi di Joseph Folliet, sacerdote francese del secolo scorso che operò nei quartieri urbani più poveri e nelle realtà rurali emarginate francesi and germanche, lo spiegano con profonda efficacia:
Al termine della strada, non c'è la strada, ma il traguardo.
Al termine della scalata, non c'è la scalata ma la vetta.
Al termine della notte, non c'è la notte ma l'aurora.
Al termine dell'inverno, non c'è l'inverno ma la primavera.
Al termine della disperazione, non c'è la disperazione, ma la speranza.
Al termine della morte, non c'è la morte, ma la vita.
Al termine dell'umanità, non c'è l'uomo ma l'Uomo-Dio.
Alla fine dell'Avvento non c'è l'Avvento, ma il Natale!
Papa Francesco, proprio in occasione dell'Avvento ricorda come un viaggio senza destinazione e che abbia come riferimento solo se stessi, in un ripiegamento narcisistico, generi blocco e chiusura alla speranza. Avvento, infatti, significa: Stare svegli e pregare. Il sonno interiore nasce dal girare sempre attorno a noi stessi e dal restare bloccati nel chiuso della propria vita coi suoi problemi, le sue gioie ei suoi dolori, ma semper girare intorno a noi stessi. E questo stanca, questo annoia, questo chiude alla speranza… ( ).
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui