Sri Lanka, allerta dei vescovi sugli eccessi dell'esecutivo
Lisa Zengarini - Città del Vaticano
Anche i vescovi srilankesi e le altre Chiese cristiane si uniscono alle obiezioni mosse dai partiti dell’opposizione, insieme a diversi esponenti della società civile e ai leader religiosi buddisti, al 20.mo emendamento della Costituzione presentata dal partito del Presidente Gotabaya Rajapaksa, uscito vincitore alle elezioni parlamentari del 5 agosto scorso. La modifica abolisce 19.mo emendamento alla carta costituzionale, votato nel 2015 per arginare gli eccessi dell’Esecutivo, restituendo diverse prerogative al capo dello Stato a scapito del Parlamento. Esso prevede, inoltre, l’immunità del presidente e riduce l’indipendenza della magistratura e di altri organismi indipendenti. Contro la proposta sono stati presentati 38 ricorsi alla Corte Suprema, il cui verdetto deve essere annunciato ufficialmente al Parlamento il 20 ottobre, ma che, secondo alcune fughe di notizie, sarebbe favorevole al testo di riforma. Una decisione che renderebbe più facile l’iter legislativo del testo, dal momento che esso non dovrebbe essere sottoposto a un referendum confermativo e che il partito di Governo dispone della maggioranza dei due terzi necessaria per l’approvazione.
I timori di derivi autoritarie: il governo torni sui suoi passi
Gli oppositori alla legge – riporta l’agenzia - denunciano il rischio di una deriva autoritaria. Preoccupazione condivisa anche dai vescovi che, in una dichiarazione firmata da monsignor Winston S. Fernando e da monsignor J.D. Anthony - rispettivamente presidente e segretario generale della Conferenza episcopale srilankese - avvertono che “la concentrazione dei poteri nelle mani di una sola persona senza checks and balances non è di buon auspicio” per il futuro della democrazia in Sri Lanka. Per i vescovi, si legge nella dichiarazione pubblicata il 13 ottobre, "serve maggiore chiarezza se la Costituzione deve servire i cittadini”. Quindi, più che un emendamento sarebbe opportuno approvare nuova carta costituzionale che modifichi l’attuale sistema presidenziale nel Paese. Una riforma - osservano - di cui si parla dal 1994 ma che, per mancanza di volontà politica, non è mai stata realizzata.
Dello stesso tenore il giudizio di altri leader religiosi cristiani. In una dichiarazione congiunta diffusa sempre il 13 ottobre, le Chiese srilankesi hanno chiesto al Governo di tornare sui suoi passi e di non modificare quelle disposizioni del 19.mo emendamento che garantiscono l’indipendenza dall’Esecutivo di organismi chiave. Un appello congiunto a ritirare il testo è stato lanciato anche dai due principali ordini monastici buddisti srilankesi, il Nikaya Amarapura e il Nikay Ramanna.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui