Stato e Chiesa uniti per liberare la fede dalle mafie
Federico Piana- Città del Vaticano
Un’immaginetta di Maria e di altri santi utilizzati nei riti di affiliazione alle cosche; la Bibbia ritrovata accanto a pistole e fucili nei covi dei boss arrestati dalla giustizia; la statua del santo patrono o della Vergine che nelle processioni si ferma, dopo un lungo inchino, sotto la casa del capo mafioso locale; i santuari utilizzati dagli uomini di ‘Ndrangheta per ‘pregare’ prima di ordinare o compiere un omicidio. Eccole le mani sporche di sangue dei gruppi della criminalità organizzata sulla fede, sulla religiosità popolare: un’operazione ancestrale, che si perde nei secoli lontani della fondazione dei sodalizzi criminali, necessaria per deformare e manipolare le coscienze. Una religiosità deviata e piegata alle esigenze della violenza e del sopruso utile per soggiogare ed impaurire le anime devote.
Cultura, antidoto per sottrarre la fede dalle morsa delle mafie
“Tutto questo va combattuto con la cultura oltre che con un impegno delle forze dell’ordine sul campo†spiega Gennaro Vecchione, direttore del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza che per conto del governo si occupa di coordinare le attività operative e di analisi dei servizi segreti italiani. Il prefetto- ospite d’eccezione alla presentazione ufficiale del nuovo organismo nato all’interno della Pontificia Accademia Mariana Internationalis con lo scopo di studiare e monitorare i fenomeni criminali e mafiosi e depurare la fede da pericolose infiltrazioni e deviazioni - è convinto che l’interesse della mafie per la fede sia legato alla gestione del territorio. “L’utilizzo strumentale della religione – afferma -è un modo per essere presenti sul territorio ed ottenere maggiore consenso. Tutto ciò si somma alla loro capacità di offrire alternative al mercato del lavoro ufficiale e di essere in grado di supportare finanziariamente le aziende e le persone in difficoltàâ€.
Stato ed intelligence alleati della Chiesa
Lo Stato e la Chiesa sono stretti alleati in questa lotta per purificare la religione e riportarla alla sua vera essenza. Gennaro Vecchione lo conferma quando sottolinea che lo Stato e la Chiesa mantengono un collegamento forte tramite le autorità prefettizie, la polizia, gli organi giudiziari e di intelligence: “In particolare i servizi segreti svolgono attività i cui risultati non possono essere pubblicizzati, ma posso dire che molte operazioni anticrimine sono il frutto di un lavoro efficace dei nostri uomini dell’intelligenceâ€. Poi ammonisce: “La presenza dello Stato deve essere attiva perché i vuoti lasciati dallo Stato vengono colmati subito dalla criminalità organizzata, da boss che passano come benefattori della collettività e per i quali si instaura addirittura una vera e propria venerazioneâ€.
Evitare eccesivi devozionismi
Monsignor Giancarlo Maria Bregantini è vescovo di Campobasso-Boiano e da decenni ha ingaggiato una lotta senza quartiere contro la ‘Ndrangheta. La Pontificia Accademia Mariana Internationalis lo ha nominato tra i membri del nuovo Dipartimento sui fenomeni mafiosi. Per lui, i passi necessari da compiere per liberare Maria e la fede dall’abbraccio mortale delle mafie sono tre: “Primo, dare valore alla religiosità popolare bella, pulita, santa. Secondo, essere capaci di trasmettere ai giovani una corretta immagine di Maria, un’immagine legata al Cielo, alla pienezza. Terzo, non mettere Maria fuori luogo: bisogna evitare sia il devozionismo eccessivamente pietistico sia il dimenticarsi di lei quasi fosse non necessaria per arrivare a Gesù. E’ sempre lei che ci conduce a Cristoâ€. Se liberiamo Maria, conclude Bregantini, diamo alla gente "semplice, quella che prega nei nostri santuari, l'immagine vera della maternità, di un'unanità serena, positiva".
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