Lotta al Covid e impegno per il creato. La fantasia creativa delle Figlie di San Camillo
Giada Aquilino - Città del Vaticano
“L’esperienza del Covid-19 da noi vissuta in prima persona, sia in quanto comunità sia nell’ambito dell’assistenza ai malati, ha reso ancora più chiaro quanto siamo tutti interconnessi e interdipendenti, allo stesso tempo vulnerabili e fragili”. La suora brasiliana Zelia Andrighetti, superiora generale delle Figlie di San Camillo, parla a Pope quando sono passati, ma non dimenticati, i momenti drammatici del contagio da coronavirus alla Casa generalizia di Grottaferrata. In marzo, infatti, su 62 suore dell’istituto, 57 erano risultate positive al Covid-19 (Ascolta le parole di suor Andrighetti).
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“Sono stati giorni difficili perché non sapevamo cosa sarebbe successo con il Covid, è accaduto tutto d’un colpo”, aggiunge la consorella argentina Maria Fernanda Bongianino: quando si è saputo del contagio, spiega, “il telefono ha iniziato a squillare qui a Grottaferrata e in un quarto d’ora davanti al nostro cancello si sono radunati tantissimi giornalisti per capire cosa fosse successo: il nostro caso era una notizia per la stampa. Nel frattempo sono arrivate le ambulanze, sono state ricoverate la vicaria generale, in gravi condizioni, e altre tre suore: ora stanno tutte bene. La Asl ci ha controllato giornalmente per vedere se fossero sopravvenuti febbre o sintomi di peggioramento, che per fortuna non sono arrivati”. Sono state settimane di angoscia in cui però non si sono perse né la speranza né la fede, sottolinea suor Maria Fernanda. “Le consorelle - racconta - restavano nelle loro stanze, in quarantena. Pregavano, qualcuna poteva studiare, erano nelle mani di Dio. E noi poche suore risultate negative abbiamo assistito tutte loro. Il cibo ci arrivava già confezionato dall’ospedale Vannini di Roma. Certo, la paura ovviamente c’era, anche per tutto quello che si sentiva e ancora si sente sul coronavirus, però le sorelle erano tranquille” (Ascolta l'intervista a suor Bongianino).
A rischio della vita
Nell’affrontare un virus così pericoloso, per le camilliane di Grottaferrata l’emergenza assume in questa nuova fase un significato diverso, “un’ulteriore chiamata alla responsabilità personale e di comunità riguardo la custodia del creato”, dice la madre superiora, suor Zelia. “La Chiesa - ricorda - ci incoraggia a promuovere azioni concrete dalle quali possa nascere un nuovo modo di vivere: ci sentiamo interpellate e coinvolte nel rispondere alla crisi ecologica, al grido della terra e dei poveri, oltre che come istituto religioso, anche nell’impegno pubblico del servizio, che il nostro carisma comprende: scuole, università, ospedali e strutture sanitarie”. Suor Maria Fernanda ricorda che, “come Figlie di San Camillo, oltre 800 nel mondo, facciamo un quarto voto: assistere i malati, anche col rischio della vita. E tutte le sorelle che hanno assistito i malati in questa situazione di emergenza hanno ricevuto un nuovo input, un ulteriore approfondimento del nostro carisma, perché quando San Camillo fece questo voto c'era la peste. Oggi, anche se stiamo imparando ad affrontare la crisi, quello che è successo è comunque qualcosa di mai vissuto. Ciò nonostante, tutte le sorelle sono state vicine ai malati con una nuova fantasia della carità, la carità creativa di come rapportarsi con questo virus sconosciuto. È successo a Roma, all’ospedale Madre Giuseppina Vannini (intitolato alla santa che, insieme con il beato padre Luigi Tezza, ha istituito la famiglia religiosa femminile, ndr), ma anche all’ospedale di Treviso, a Brescia e a Cremona”. La via è quella “di un maggiore impegno per i poveri: lo abbiamo sempre fatto - riflette la suora argentina - ma questa emergenza ha generato nuove povertà. Serve dare una mano alle persone che hanno bisogno, sia nelle strutture ospedaliere dove operiamo, sia anche qui a Grottaferrata, pensando inoltre alle nostre altre case. In questa emergenza ci ha aiutato tanto la Cei, soprattutto per l’ospedale Vannini, dove erano stati chiusi gli altri reparti perché, fino a poco tempo fa, ce n’era uno che ospitava solo malati di Covid: economicamente non c’erano entrate, così come pure in altre strutture nel mondo, come per esempio in Argentina”.
La Laudato si’
“Prenderci cura del creato, la nostra casa comune, dono di Dio Padre creatore, e dei poveri è alla base della nostra esperienza umana e di fede cristiana”, evidenzia la superiora, che coglie l’occasione per “ringraziare Papa Francesco per il dono dell’Anno speciale della ”, periodo di riflessione sull’Enciclica pubblicata cinque anni fa e sulle iniziative e i passi concreti avviati e da intraprendere.
Parlare di ecologia integrale per le suore di Grottaferrata implica una conversione in questo senso, che si sperimenta e si concretizza nella vita quotidiana, producendo ciò che si consuma, riciclando, aiutando chi ha più bisogno. “Abbiamo incrementato le nostre coltivazioni”, spiega suor Bongianino. “Ci aiutano dei nostri collaboratori, Bruno, Valeriano, Fausto, Andrea e Davide. Insieme prepariamo il terreno per le coltivazioni di bieta, patate, broccoli, che poi servono per i nostri usi quotidiani. Le nostre galline producono quasi 70 uova al giorno e, quando sarà tempo, a ottobre, coglieremo le olive: abbiamo un uliveto con circa mille alberi. L’olio che ne ricaviamo serve per le altre nostre case, per noi stesse e per donarlo agli altri, alle persone che ce lo chiedono perché ne hanno bisogno”. “Abbiamo pure altri animali - aggiunge la madre superiora - come le capre, a cui diamo il fieno prodotto nella nostra campagna, i conigli e le galline, che consumano il materiale organico della cucina”.
Una questione globale
“In casa poi stiamo facendo di nuovo la lettura della Laudato si’ di Papa Francesco - va avanti suor Maria Fernanda - affinché le sorelle capiscano davvero il senso di tutto quello che viviamo qui a Grottaferrata: ciò che emerge è che la salvaguardia del creato non è una responsabilità dei politici o di altri, ma di tutte noi, cominciando dalle piccole cose, quando si getta una batteria o della carta, quando si preferiscono i mezzi pubblici all’auto, nonostante sia elettrica. Si cerca di compiere pian piano una vera conversione ecologica, capendo che non si tratta di difendere solo il proprio ‘metro quadrato’ di spazio ma è una questione globale, un aiuto tra tutti noi”.
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