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I vescovi della Calabria: no al caporalato, riconoscere la dignità di chi lavora

In una lettera diffusa oggi, i vescovi calabresi condannano il fenomeno del caporalato e auspicano da parte del governo provvedimenti più ampi a tutela dei lavoratori stagionali impiegati nelle campagne. Ribadiscono il dovere del rispetto della dignità di ogni persona e denunciano il controllo sul territorio di organizzazioni criminali che utilizzano metodi mafiosi

Tiziana Campisi e Adriana Masotti - Città del Vaticano

Torna, in particolare in prossimità dei mesi estivi, la questione dei tanti lavoratori stagionali, per lo più immigrati, che vengono impiegati nelle campagne, in particolare, per la raccolta di pomodori. E tornano ad emergere le loro difficili condizioni di lavoro, molto spesso sottopagato, in nero e quindi privo di diritti e tutele, la loro drammatica situazione abitativa, in una parola lo sfruttamento a cui molti sono vittime.

La condanna dello sfruttamento nell'agroalimentare

E’ in un contesto simile che la Chiesa in Calabria si pone a fianco di questi lavoratori e si fa portavoce delle loro legittime richieste. “Come vescovi calabresi intendiamo ancora una volta alzare la nostra voce ed esprimere la ferma condanna di tutte le situazioni di sfruttamento nella filiera agroalimentare e soprattutto del fenomeno del caporalato”, scrivono i presuli della Calabria in un appello lanciato oggi in cui sottolineano “la necessità dell’affermazione dei principi della dignità della persona umana e della sacralità del lavoro”, e condannano “ogni forma di sfruttamento come attentato alla dignità dell’uomo, che, in quanto peccato sociale, grida vendetta al Cielo”.

Il caporalato, un male sempre presente

Il fenomeno del caporalato è per i vescovi “un male antico e sempre presente, magari sotto forme diverse nel tempo e spesso ignorato”. I presuli denunciano poi la presenza sul territorio delle organizzazioni criminali che utilizzano metodi mafiosi per assicurarsene il controllo. “La nostra condanna del fenomeno è forte e netta – affermano i presuli –. In diverse circostanze abbiamo definito la mafia l’antivangelo, perché nega la libertà e la verità che ci sono state consegnate dal mistero pasquale della risurrezione di Cristo Gesù”. Per la Conferenza episcopale calabrese “un’autentica opera di conversione e di liberazione dei territori dalle mafie passa, quindi, pure dal superamento della piaga del caporalato”, un fenomeno "che rappresenta senza dubbio - scrivono i vescovi - una delle vie di adorazione del male", di cui ha parlato  pronunciata a Cassano all’Jonio nel 2014. 

Un passo avanti, ma resta ancora molto da fare 

Con riferimento ai migranti, i vescovi sottolineano poi il passo positivo compiuto dal governo, sotto il profilo della tutela della salute e della lotta all’illegalità, inserendo la questione del lavoro stagionale nel Decreto Rilancio, adottato pochi giorni fa. Tuttavia per i presuli non si tratta ancora di misure sufficienti, perché sono presenti limitazioni “a determinate categorie, procedure non sempre semplificate e la breve durata dei permessi rendono evidenti la necessità di una svolta ancor più radicale”. Lo testimonia oggi anche lo sciopero degli invisibili, indetto nei campi della Piana di Gioia Tauro. In conclusione, per i vescovi il cammino è ancora lungo per giungere ad una piena tutela dei diritti di tutti i lavoratori.

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22 maggio 2020, 18:03