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Camerun, ospedale di Bikop Camerun, ospedale di Bikop 

Covid-19: in Camerun, il centro Edimar in aiuto dei ragazzi di strada

Nonostante la chiusura imposta dall’emergenza sanitaria, gli operatori della struttura fondata circa 20 anni fa dal missionario del Pime padre Maurizio Bezzi continuano ad aiutare i ragazzi di strada di Yaoundé. Ne abbiamo parlato con i protagonisti

Elvira Ragosta- Città del Vaticano

Le restrizioni imposte dal governo in Camerun per evitare il propagarsi del coronavirus hanno portato alla chiusura di diverse strutture nel Paese, compreso il centro Edimar, che da quasi vent’anni aiuta i ragazzi di strada di Yaoundé, offrendo ascolto e istruzione. Sono circa mille i ragazzi che vivono in strada nella capitale camerunense e molti di loro si rivolgono al centro. “Abbiamo fatto molti incontri per sensibilizzarli al pericolo del contagio e per far capire loro che se l’epidemia si diffonde in Camerun sarebbe una catastrofe. Abbiamo offerto loro aiuto e la possibilità di tornare a casa, nei loro villaggi, e molti di coloro che avevano già iniziato un cammino con noi hanno accettato di tornare nei loro luoghi di origine”. Racconta dalla capitale camerunense Mireille Yoga, una delle operatrici. Nel frattempo, il ministero degli Affari Sociali ha organizzato delle strutture per accogliere i ragazzi di strada, soprattutto i più piccoli, e farli stare in un luogo sicuro. Non tutti però hanno accettato di accedere in questi centri offerti dal governo. “Quelli che sono rimasti, vivono ora in luoghi della città dove nessuno entra. Abbiamo portato loro dell’acqua, del sapone e delle mascherine, per aiutarli e sensibilizzarli sulle più importanti regole di protezione”.

 

Ascolta l’intervista a Mireille Yoga

L’epidemia di coronavirus in Camerun

“Nel paese più di 2180 persone sono state contagiate, le vittime sono 114 e si parla di 1460 guarigioni. Il governo fa di tutto per far capire l’importanza del distanziamento sociale per evitare il contagio - aggiunge l’operatrice – e c’è molta coscienza da parte della popolazione. Lavarsi spesso le mani, salutarsi senza stringersi la mano e senza abbracciarsi è un’abitudine che è già entrata nella mentalità delle persone”. Accortezze fondamentali per un Paese in cui molti escono di casa ogni giorno perché vivono di lavoretti giornalieri per poter guadagnare qualcosa per sostentare le loro famiglie.

 

 

La storia del centro

Il centro Edimar aiuta i ragazzi di strada di Yaoundé dal 2002. E’ il suo fondatore, il missionario del Pime padre Maurizio Bezzi a raccontarci la storia di questa struttura. “E’ nato sotto l’impulso di un religioso francese assassinato in Camerun da un ex ragazzo di strada, dalla sua  passione, dal voler andare incontro a questi giovani che vedeva continuamente rientrare in prigione, dove il frate era cappellano”. Il nome, invece, Edimar, è quello di un ragazzino di strada brasiliano che grazie a un’amicizia aveva cambiato vita, attirandosi la gelosia del suo capobanda che lo ha ucciso. “Abbiamo voluto proporre questa figura per dire ai ragazzi di strada di Yaoundé che c’è la possibilità di vivere in modo più umano“ continua padre Maurizio, che pur essendo in Italia in questo periodo resta tutti i giorni in contatto con gli operatori del centro.

Ascolta l’intervista a padre Maurizio Bezzi

Un aiuto per recuperare le dimensioni umane della vita

Prima che intervenissero le restrizioni imposte dal coronavirus, il centro Edimar accoglieva ogni giorno un centinaio di ragazzi di strada che provengono da diverse parti del Paese e da diversi orizzonti culturali e religiosi. “Non offriamo da mangiare o da dormire – continua il missionario del Pime – ma siamo un’amicizia di riferimento per tanti. Ci si può lavare, c’è la scuola, tanto dialogo personale e di gruppo e c’è la sensibilizzazione sul tema della famiglia, perché i ragazzi sono in strada per tante ragioni reali, ma quella che più preme, quando si ascolta la storia di ognuno di loro, è il fatto di non sentirsi amati nella loro famiglia, ciò che alla fine li spinge ad allontanarsi dalla casa, dal villaggio e andare nelle grandi città”.

Le tensioni nel Paese

Il Camerun vive dal 2017 forti tensioni a causa dei gruppi separatisti delle due province anglofone che combattono contro le forze governative. Negli scontri sono state fino ad ora 3mila le vittime e sono decine di migliaia i camerunensi che sono dovuti scappare dalle loro case per sfuggire alle violenze. Inoltre, nelle zone di confine con la Nigeria da anni gli estremisti Boko Haram portano fino in Camerun i loro attacchi terroristici.

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13 maggio 2020, 07:58