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Don Cirillo Longo, la forza della fede che non teme la morte

Spopola sul web la foto del Fondatore del centro don Orione di Bergamo che esulta in segno di vittoria, poco prima del sopraggiungere della morte a causa del Coronavirus. Don Cirillo ha consolato medici e pazienti durante i giorni del ricovero, invitando tutti a pregare il Rosario. Il ricordo di un’operatrice del Cottolengo a VaticanNews: “Ti faceva capire che c’è qualcosa in cui credere”

Marco Guerra – Città del Vaticano

“Non abbiate paura, perché tutti siamo nelle mani di Dio. Ci vediamo di là”, sono state le ultime parole da Don Cirillo Longo, morto all’età di 95 anni all’ospedale di Bergamo, lo scorso 19 marzo.

Speranza e gioia fino all’ultimo respiro

Il sacerdote, fondatore del centro Don Orione di Bergamo, era stato ricoverato il 12 marzo dopo essere risultato positivo al coronavirus; i giorni successivi sono stati un calvario segnato però dalla speranza e la fede di don Cirillo, che ha commosso e incoraggiato tutti i malati e il personale sanitario del reparto in cui era curato.

Una foto diventata simbolo

Una sua immagine, scattata poco prima del decesso, ha fatto il giro del web e dei social network e lo ritrae con il respiratore sulla bocca, un rosario sulla spalla e le braccia alzate al cielo e i pugni chiusi in segno di vittoria. Un gesto di esultanza e coraggio rimarcato dagli occhi dell’anziano sacerdote che esprimono una vitalità travolgente fondata nella certezza della misericordia di Dio. Il prete infatti anche negli ultimi giorni della sua vita consolava gli altri e non temeva la morte. “Ci vedremo di là, in Paradiso – diceva - pregate il Rosario e salutatemi tutti”.

Testimone della canonizzazione di don Orione

L’ardimento della fede ha mosso tutta la vita di Don Cirillo che ha fatto parte della famiglia religiosa degli Orionini “Madre della Divina Provvidenza”; conobbe e frequentò il fondatore della congregazione don Luigi Orione, proclamato santo nel 2004 anche grazie ad alcune preziose testimonianze fatte da don Cirillo.

Il ricordo del Centro Don Orione di Bergamo

Il centro don Orione di Bergamo in questi giorni piange la morte anche di altri tre sacerdoti per Covid-19 e ricorda con una nota Don Cirillo Longo, promotore e realizzatore insieme a Don Guido Boschini del Centro inaugurato nel 1988 nel capoluogo orobico. “Per noi di Bergamo – si legge nel comunicato -, senza nulla togliere a tutti gli altri direttori che si sono susseguiti nella nostra Casa, Don Cirillo è e rimarrà un’istituzione, conosciutissimo e stimato su tutto il territorio bergamasco”.

La determinazione creativa

“Il suo spirito combattivo (lo dimostra anche la fotografia scattata poche ore prima della sua dipartita), la sua determinazione e la sua creatività sono sempre state da sprone a tutti noi – prosegue la nota - Se chiedessimo agli operatori: “cosa ricordi di don Longo?”, sicuramente tutti risponderebbero: il suo allegro fischiettare per annunciare la sua presenza, sia durante il giorno, che nelle sue visite notturne al personale del turno di notte”.

Il servizio al Cottolengo

Il religioso orinino aveva alimentato l’amore per la vita, che è sempre degna di essere vissuta, nel suo lungo e impegnativo servizio presso le case del Cottolengo animate dalla sua congregazione e dedicate alla cura e all’assistenza dei disabili gravi. Almeno sei sono gli anni passati da Don Cirillo al Piccolo Cottolengo Friulano di Don Orione, che si trova a Santa Maria la Longa, in provincia di Udine. Elena Venni, operatrice della struttura, ricorda a Pope la figura del sacerdote e gli insegnamenti che ha lasciato a tutti coloro che lo hanno conosciuto:

Ascolta l'intervista a Elena Venni

R. – Lui era una persona solare, sempre pieno di vita nonostante avesse tanti anni … Aveva tanta esperienza e aveva girato le case di Don Orione in tutto il mondo. E’ sempre stato molto presente: ogni giorno, anche più volte al giorno, veniva in reparto, aveva un sorriso per tutti, una buona parola per tutti e anche per noi: anche per noi che lavoriamo all’interno. Tante volte, magari, eravamo anche un po’ tristi, ma lui veniva sempre con il sorriso e ti diceva: “Ma sì, dai, dai, su su, che tutto passa …”. Ci dava la forza. Tante volte lo vedevo partire con la valigetta e gli dicevo: “Ma dove vai, don Cirillo?” – “Eh, vado a Roma” – “Ma non sei stanco, alla tua età, guidare tutti questi chilometri?” – “Ma no, ma io mi siedo, è la macchina che va da sola …”. Sì, aveva sempre anche lo spirito, nonostante avesse anche una certa età …

Questo spirito lo ha accompagnato fino all’ora della morte: è rimasta infatti famosa questa immagine di lui che esulta con il Rosario in mano. Questa energia, questa fiducia nel progetto del Signore, lo contraddistingueva anche con voi?

R. – Questa è sempre stata una sua caratteristica, anche perché, prima di essere stato trasferito a Bergamo, dove era andato perché c’erano cure più mirate per il suo problema, lui aveva avuto la frattura del femore, qualche anno fa; noi lo abbiamo assistito e anche in quelle occasioni lui era sempre molto solare. Ci diceva sempre: “Ma sì, ma sì, è una cosa da niente, tanto tra tre giorni torno ad alzarmi, a fare le mie cose”. Ed è anche quello che ha sempre messo, tutto questo impegno: ha messo impegno ed è riuscito a camminare nonostante avesse già un’età avanzata.

Quale insegnamento, quale testimonianza di fede vi ha lasciato?

R. – La speranza, più che altro; inieme alla preghiera … Non era una persona che vedevi solamente in chiesa che pregava oppure che veniva e ti faceva le prediche. Ti faceva capire che c’è qualcosa in cui credere, di grande; che ti faceva capire che vivere nella fede ti fa stare meglio e ti può aiutare in tante occasioni. Questa è stata la sua grande caratteristica. Anche nelle sue prediche, in chiesa, si capiva sempre che c’èra questa forza, la forza interiore che lui aveva trovato e che voleva trasmettere.

Don Cirillo Longo ha trasmesso questa forza fino all’ultimo agli ammalati che erano intorno a lui lì dove era ricoverato, e ha dato forza anche ai medici. Si ritrova in questa figura che viene raccontata?

R. – Sì, sicuramente, perché se era come era quando stava con noi, io credo di sì. Io l'ho visto.Sono in contatto anche con le suore polacche che sono con noi, che l’hanno conosciuto prima di me, ovviamente, quando erano altrove, e una, la nostra superiora, mi ha mandato il video e anche questa fotografia dove lui alza le mani. Ecco, questa per me è l’immagine  di quando lui se n’è andato : è uguale a quella di poche ore prima che morisse. Quindi, non penso che abbia mutato il suo atteggiamento nei confronti dei malati che aveva intorno e neanche di chi l’ha assistito.

Fino all’ultimo ha detto: “Pregate tanto, pregate il Rosario”. E’ un’esortazione che faceva anche con voi?

R. – Sì, perché anche lui era molto innamorato pure della figura della Madonna. Eh sì, anche con noi era così …

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01 aprile 2020, 14:13