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L'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in questi ultimi giorni L'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in questi ultimi giorni 

Bergamo in lenta ripresa. Padre Bergamelli: cerco di offrire un po' di speranza

Nell'epicentro dei contagi, cala il numero dei morti e quello dei positivi ricoverati da Covid-19. Intanto, la diocesi d¨¤ vita a un Fondo di 5 milioni di euro per aiutare le famiglie in difficolt¨¤. Intervista al padre Marco Bergamelli ofm, responsabile della Chiesa Ognissanti del Cimitero della citt¨¤ lombarda

Antonella Palermo ¨C Città del Vaticano

L'Eco di Bergamo pubblica 'solo' tre pagine di necrologi, a fronte delle dodici a cui si era arrivati nei giorni più difficili. Nella sala d'attesa del pronto soccorso dell'ospedale Giovanni XXIII, 'solo' un terzo dei malati che arrivano lo fa per problemi legati al coronavirus, e laddove c'erano barelle e lettini per chi doveva restare attaccato al respiratore, sono tornate le sedie. Segni tangibili che il peggio pare essere passato. Ma è quasi impossibile togliersi dalla mente le immagini dei camion dell'esercito carichi di bare da trasportare in altre città per la cremazione. I ricordi e le cicatrici emotive emergono nelle parole di padre Marco Bergamelli, dell'ordine dei Frati minori, da dodici anni responsabile della chiesa di Ognissanti, al cimitero.

Dio non ci ha messo in una valle di lacrime

Il religioso spiega ai nostri microfoni che da quando non si possono celebrare i funerali la sua missione si è trasformata: "Ho a che fare con l'accompagnamento delle bare che vengono depositate nei loculi, o inumate o dei defunti portati alla cremazione. Davanti alle persone straziate dal dolore cerco di trovare un momento di preghiera con loro e di portare un poco di conforto". Chiede sempre se in casa c'è qualcuno che si trova in quarantena; in quel caso, prima dell'inumazione o dell'inserimento nel loculo, raccomanda ai familiari di far sentire a chi è in isolamento la propria 'compagnia a distanza'. "Purtroppo la solitudine è la peggior malattia e il virus divide. Il regalo più bello è almeno quello di una telefonata", dice il sacerdote, sottolineando che quando i parenti prendono l'urna la tengono in mano come se fosse un gioiello, un tesoro. "Io ci tengo a precisare che non è un castigo di Dio, questa pandemia, altrimenti Dio sarebbe un miserabile da evitare. Dio non ci ha messo in una valle di lacrime, ci ha messo in un mondo meraviglioso, dove ci ha dato tanti talenti per far sì che questo mondo sia sempre più bello e rigoglioso".

Ascolta l'intervista a padre Marco Bergamelli

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"La passione di Dio, per come ce l'ha insegnata Gesù, è l'uomo", insiste padre Marco. Ai giovani, ricorda di vivere ogni momento della vita con intensità, perché la vita è un grandissimo dono: "Se sono presenti i nipoti di un anziano deceduto, dico loro: ricordatevi che quando muore un anziano è come se bruciasse una biblioteca. Poi a tutti dico che, in questi anni di apostolato al cimitero, in confessionale ho visto piangere nonni perché vedono i nipoti che non frequentano più i sacramenti e per questo si sentono dei falliti. Ma Gesù è sempre con le braccia spalancate. Gesù ci ama sempre". Padre Marco dice che "la vita è precaria e non vale la pena complicarcela con le nostre invidie, cattiverie e gelosie". Anche per un prete 'abituato', sono momenti di grande prova. "Dico grazie al Signore che mi ha dato di poter offrire un po' di speranza a queste persone", e confida: "Dico la verità, più di una volta, anche ieri pomeriggio, mi sono messo a piangere. Ho visto tutti i nipoti, i figli. Ho letto a malapena la preghiera, mi sono fatto forza ma quando ho dato la benedizione alla bara nella fossa, sono scoppiato a piangere e non sono più riuscito ad andare avanti. Anche io come uomo provo lo stesso dolore".

La comunità è un supporto psicologico

Bergamelli racconta quanto fosse "psicologiamente atterrito" quando la chiesa, svuotata di tutti i banchi, arrivò a contenere 132 bare. Per undici volte l'esercito ha trasportato le bare in altre città, l'ultima nel giorno del Venerdì Santo: "Mi faceva male. Di notte mi è successo di avere degli incubi. Ancora oggi accade alle volte. Ho la fobia del contatto con gli altri. Mi aiuta tornare ogni giorno nella mia comunità, dove ci facciamo forza. Torno a casa con il cuore pesante oltre che stanco fisicamente. Tornare dai miei confratelli è bello perché loro mi ascoltano e riesco a dire quello che vivo. Cerchiamo di intravedere anche aspetti più lieti. In fondo non mi manca nulla. E' proprio vero che chi lascia tutto trova il centuplo. Noi siamo stati fortunati perché abbiamo un frate chirurgo che ci ha isolato in tempo in un edificio accanto. Su trenta frati, in dieci siamo nella parte dove ci sono i non contagiati. Sono morti tre frati nell'ultimo periodo, ma con altre patologie, di età molto avanzata".

Il progetto diocesano "Ricominciamo insieme"

Nella comunità dei frati minori dove vive padre Marco c'è anche fra' Riccardo che continua nel servizio mensa ai più poveri. In questo tempo non è venuto meno nell'andare incontro alle loro esigenze: "Normalmente diamo da mangiare a circa 150 poveri, consumiamo il pasto con loro. Ora i pasti vengono messi nei sacchetti e distribuiti, si arriva anche a 170-180. La provvidenza non manca".
La Diocesi di Bergamo, intanto, ha avviato il progetto "Ricominciamo insieme" proprio per dare sostegno alle famiglie duramente colpite dal Covid-19, contribuendo a farsi carico delle principali voci che gravano sul bilancio familiare, dall'affitto della casa e delle spese ad essa collegate, alla scuola, al lavoro, agli anziani accuditi in casa e a quelli ospiti in Rsa, fino alle attività estive per ragazzi. Il fondo potrà contare su una somma assegnata di 5 milioni di euro: un milione ciascuno tra diocesi di Bergamo, Caritas diocesana bergamasca, Associazione Diakonia Onlus, CEI, contributi e offerte di enti e persone fisiche.

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22 aprile 2020, 10:11