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La Messa celebrata da monsignor Boccardo nel monastero delle Benedettine celestine di Castel Ritaldi La Messa celebrata da monsignor Boccardo nel monastero delle Benedettine celestine di Castel Ritaldi

Spoleto-Norcia, il pellegrinaggio via social dell’arcivescovo

L’arcivescovo di Spoleto-Norcia, monsignor Renato Boccardo, ha iniziato un pellegrinaggio in alcune realtà della diocesi, dal centro giovanile alla parrocchia più popolosa ma ancora inagibile dopo il sisma del 2016, che si concluderà il 3 maggio. Celebrerà una messa al giorno che sarà trasmessa sui canali social della diocesi. "Sarà segno della vicinanza di tutta la comunità in questo momento di difficoltà"

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Un vescovo che si mette in cammino per incontrare alcune realtà significative della sua diocesi, esprimere la vicinanza del Pastore e di tutta la Chiesa e abbracciare, anche se virtualmente, quanti più fedeli possibile. E’ l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo, pastore di molte comunità duramente colpite dal sisma del 2016, che dal 24 aprile al 3 maggio, nei luoghi che visiterà, celebrerà ogni giorno una Messa che sarà trasmessa in diretta sui canali social diocesiani.

Da Trevi a Spoleto, passando per Montefalco e Monteluco

Monsignor Boccardo, accompagnato solo dai tecnici per le riprese video delle celebrazioni, si è già fermato al santuario del beato Pietro Bonilli a Cannaiola di Trevi, e visiterà nei prossimi giorni il Centro Giovanile diocesano di Spoleto, dove si pregherà, in modo particolare per tutti i benefattori del progetto Caritas “Su questa barca ci siamo tutti” a sostegno di quanti sono in difficoltà a causa della pandemia. Poi la parrocchia del Sacro Cuore di Spoleto, la più popolosa della diocesi, ancora inagibile dopo il terremoto del 2016, il convento di San Fortunato dei frati minori di Montefalco, la cappella delle suore della Sacra Famiglia a Collerisana e infine il convento dei frati minori a Monteluco di Spoleto.

La Messa celebrata da mons. Boccardo nel monastero delle clarisse di Trevi
La Messa celebrata da mons. Boccardo nel monastero delle clarisse di Trevi

La prima tappa che ha toccato dieci monasteri di clausura

Si tratta di un pellegrinaggio in due tappe, con la prima che ha visto protagonisti dieci monasteri di vita contemplativa, e concluso giovedì 23 aprile al monastero benedettino di Sant’ Antonio di Norcia. L’arcivescovo Boccardo ha vissuto un intenso tempo di preghiera con le monache agostiniane, benedettine, clarisse e canonichesse regolari lateranensi per chiedere a Dio la fine della pandemia di Covid-19. Per monsignor Boccardo è stata anche un’occasione per dialogare con le monache di vari aspetti della vita ecclesiale e del difficile momento che l’umanità sta vivendo. Le religiose, oltre alle preghiere, hanno assicurato anche la loro vicinanza materiale a quanti nella diocesi di Spoleto-Norcia sono in difficoltà a causa dell’emergenza sanitaria e hanno donato delle offerte in denaro da devolvere alla Caritas.

Boccardo: far sentire alle comunità che non sono sole

Così l’arcivescovo Renato Boccardo ripercorre alcuni momenti del pellegrinaggio già compiuto e parla delle motivazioni e delle speranze di quello che inizia in questi giorni.

Ascolta l'intervista a monsignor Renato Boccardo

R. - Il pellegrinaggio ai monasteri di vita contemplativa, noi ne abbiamo 10 sul territorio diocesano, è stato una prima tappa nella quale ho voluto sottolineare il riferimento vitale dei monasteri nel tessuto diocesano e anche dire la riconoscenza per la preghiera di intercessione che le monache continuano a fare per tutta la popolazione, per chiedere questa liberazione dal male. La seconda tappa del pellegrinaggio mi conduce invece in alcuni luoghi significativi della diocesi che vivono delle situazioni un po' particolari. Voglio indicare la vicinanza del vescovo a queste comunità, che sono presenti naturalmente virtualmente, perché ognuna delle celebrazioni viene trasmessa sui canali Facebook e YouTube della diocesi. Però mi sembra essere un segno di vicinanza e di condivisione.

Ma riuscirà anche così, attraverso i canali social, a far sentire la sua vicinanza di padre alla sua “gente coraggiosa”, come l'ha definita?

R. - Questo vorrei, questa è l’intenzione di questo pellegrinaggio ideale. Far sentire alla gente che in questo momento di fatica, di difficoltà e anche di trepidazione e di paura non sono soli. C’è sì la persona del vescovo, ma c’è la Chiesa, che vuole sostenere e accompagnare il cammino.

La preghiera dell'arcivescovo nel duomo di Spoleto davanti alla Santissima Icona
La preghiera dell'arcivescovo nel duomo di Spoleto davanti alla Santissima Icona

Nelle visite che ha già fatto ha potuto avere dai parroci la situazione del morale della sua gente? Il Triduo pasquale vissuto in maniera ridotta e privata è stato certamente un “attentato alla speranza”, come lo ha definito lei?

R. - Certamente è stato una sofferenza per i sacerdoti e per la gente. Noi abbiamo detto anche che è una forma diversa di digiuno. Cioè la situazione ci ha imposto un digiuno dalle liturgie, dall'Eucarestia, dalla vita della comunità. Ma è un digiuno che può aiutarci a valorizzare e ad apprezzare ancora di più il dono dell'Eucaristia, il dono della vita comunitaria, della celebrazione eucaristica domenicale. C'è una scuola alla quale tutti dobbiamo collocarci per imparare a vivere con maggiore coscienza e più intensamente, quando sarà possibile ritornare a una certa normalità.

L’ aver vissuto questa doppia emergenza, per chi ancora soffre le conseguenze del sisma del 2016, ha provato la sua gente?

R. – Nella zona della Val Nerina che porta le ferite del terremoto, noi ci troviamo a dover affrontare una seconda emergenza. Su una situazione difficile, precaria, che vede con fatica una ripartenza, questa nuova situazione viene ad aggravare quello che già c’è. E’ vero che la mia gente è gente tenace e coraggiosa, che non si spaventa. Però non sono inossidabili e dunque c'è bisogno più che mai di un sostegno non soltanto tecnico, politico, economico, ma soprattutto un sostegno umano e anche spirituale, proprio per non perdere la speranza e per continuare a guardare avanti con fiducia.

In conclusione, ci può dire qualcosa anche del suo dialogo con le monache di clausura?

R. – Con loro abbiamo parlato della situazione attuale. Loro mi dicono: “Per noi è cambiato poco, perché vivendo la clausura, già siamo allenate a questo esercizio di solitudine, di silenzio. Però certamente guardando alla situazione sociale, l’auspicio è che  aver sperimentato un modo diverso di vivere, aver visto che non tutto quello che riteniamo importante per la nostra vita è anche davvero necessario, può essere un insegnamento. Allora le monache, che naturalmente guardano all'essenzialità, alla sobrietà lanciano, con l'esempio della loro vita, questo messaggio: basta poco per vivere bene. Ma che cosa vuol dire vivere bene? Questa è la sfida che ci viene proposta da questi mesi che abbiamo vissuto. Dire continuamente, come un ritornello, “tutto andrà bene”, dice la speranza e la fiducia che le cose si risolvano, certo, ma non puoi essere una speranza superficiale o semplicemente ideale. Tutto andrà bene nella misura in cui noi sapremo vivere bene il tempo che verrà. Forse ritrovando anche, a livello personale, una maggiore austerità e una maggiore fecondità nei rapporti interpersonali.

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Photogallery

Immagini di un pellegrinaggio ai tempi della pandemia
24 aprile 2020, 17:17