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Il vescovo di Avellino: ci si salva solo insieme

Nella diocesi campana preti e suore sono impegnati nella preghiera e nella carità. Il vescovo della città racconta a Pope le iniziative in corso e assicura la vicinanza della chiesa locale ai fedeli in questi tempi di restrizioni imposte dalla lotta al coronavirus

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

“Il primo imperativo è essere presenti, vicini. Le campane suonano lo stesso, anche se segnano l’orario di celebrazione a cui non si può partecipare, ma costituiscono una sorta di segnale per i fedeli, il segnale che la Chiesa non si è ritirata sull’Aventino”. A raccontarlo a Pope è monsignor Arturo Aiello, vescovo di Avellino.

Ascolta l'intervista a monsignor Aiello

Preghiere, catechesi in streaming e carità

In città, intanto, la diocesi si è organizzata come le altre nel resto d’Italia per far sentire la propria vicinanza ai fedeli e tenere in piedi le iniziative di solidarietà per chi ha bisogno di aiuto, soprattutto in questo periodo. “I nostri sacerdoti si sono attrezzati per la celebrazione tramite Facebook, anche sul piano della catechesi. Si stanno attivando - continua il vescovo- con una fantasia ammirevole e mi fa tenerezza quando questo avviene anche da parte dei sacerdoti anziani”. Sul piano caritativo, la mensa e il dormitorio sono stati riorganizzati. Il cuoco è un ex ospite del dormitorio, che ha deciso di tornare a stare lì per prestare volontariamente la sua attività, e per evitare che le persone si spostino si sta pensando a una mensa a domicilio. Due dei monasteri della diocesi, inoltre, sono attualmente impegnati nella realizzazione di mascherine: le suore Oblate di Avellino e le suore Benedettine di Mercogliano ne hanno già realizzate qualche centinaio per distribuirle a quanti ne facciano richiesta nella diocesi.

Lettera “dal deserto” alle suore di clausura

E’ una “Lettera dal deserto” quella che monsignor Aiello ha inviato alle suore di clausura, per chiedere “la vostra preghiera, per sostenere le vostre braccia alzate, come quelle di Mosè sul monte, in questo tempo di particolare pericolo e disagio per le nostre comunità provate”, chiedendo loro di “insegnarci l’arte di vivere contente di niente, in un piccolo spazio, senza uscire, eppure impegnate in viaggi interiori che non hanno bisogno di aerei e di treni. “Dateci del vostro olio per capire che lo spirito non può essere imprigionato - si legge ancora nella Lettera- , e più angusto è lo spazio più ampi si aprono i cieli. Rassicurateci che si può vivere anche di poco ed essere nella gioia”.
“La mia era una provocazione – spiega il vescovo- perché le monache, non solo in questa diocesi, già svolgono il loro ufficio di polmoni e ossigeno di preghiera, notte e giorno in qualsiasi tempo. Nella lettera coglievo la loro vita, come scelta,  molto vicina, in questo momento, a quella di tante persone che vivono una clausura forzata, mentre la loro è una clausura scelta e vissuta con amore. Quindi, cercavo di cogliere nella loro esperienza degli insegnamenti per la nostra clausura temporanea. E’ un modo per riavvicinare questi polmoni viventi della Chiesa alle persone che a volte ritengono queste presenze inutili o residui medievali. Invece sono sempre laboratori di idee, preghiera, di forza, di affetto e consolazione per tanti”.

L’attenzione a anziani e bambini

“Ci sono due fasce deboli, gli anziani e i bambini - sottolinea ancora monsignor Aiello - deboli, in maniera diversa. Gli anziani spesso vivono soli, per questo, oltre alle strutture caritative ho chiesto a chiunque abiti in un condominio in cui ci sia un anziano solo, di farsi carico di un pasto caldo. Vedo, poi, una debolezza nei bambini, esposti a una ripercussione continua sul piano mediatico del pericolo, che può incutere un’ansia che forse domani difficilmente riusciamo a togliere, per questo ho chiesto ai genitori di preservare i piccoli, inventando spazi di giochi e di catechesi in famiglia. Dovremmo riuscire a trasformare per amore, un’emergenza in una sorta di gioco”.

Distanze fisiche e abbracci spirituali

“Dobbiamo confidare nel Signore – conclude il presule - e chiedere alla scienza tutto quello che può darci per porre un argine alla diffusione del virus, ma approfittare di questo momento per ‘affasciarci’ di più. Paradossalmente, mentre, come è giusto che sia, per motivi di sicurezza ci viene chiesto di mantenere le distanze, da un punto di vista spirituale, direi anche umano, dobbiamo invece cogliere l’opportunità, insita in questo male, di un bene. Il bene è che non ci si salva da soli, né per la salvezza definitiva, né per quella temporanea dal coronavirus. Ci si salva solo insieme. Quindi, le singole comunità, le parrocchie, la diocesi ma anche la società civile, sono chiamate a mettersi insieme, nessuno riuscirà a salvarsi da solo in questo naufragio ma è possibile una salvezza, ovviamente la mia è un’immagine, solo abbracciati”.

Inoltre, nel corso della Messa, officiata nei giorni scorsi nella cappella del polo diocesano e trasmessa in streaming, il vescovo ha invitato la comunità a riscoprire la bellezza delle piccole cose, dei piccoli gesti proprio come il Papa ha sottolineato nella sua intervista al quotidiano Repubblica . “Quello che in tanti stanno scrivendo alla finestra - ha detto - credo sia l’augurio più vero, sincero ed efficace. Altro non sono che le parole di Giuliana di Norwich, una mistica medievale inglese ‘Tutto alla fine sarà bene’. Che belle parole, le penso, le rammento e le racconto, perché è proprio vero andrà tutto bene”.

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18 marzo 2020, 11:59