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Appello dei gesuiti africani per la risoluzione del conflitto con le zone anglofone

Un'altra voce della Chiesa africana si unisce al coro di richieste perchè si ponga fine a oltre quattro anni di conflitto tra il Governo centrale del Camerun guidato dal Presidente Paul Biya e le milizie separatiste di lingua inglese

Lisa Zengarini - Città del Vaticano

“Un dialogo inclusivo con i separatisti anglofoni è l’unica soluzione sostenibile alla violenza che sta causando un’inaccettabile perdita di vite umane nelle regioni nord-occidentali e sud occidentali del Camerun”. È quanto afferma in una dichiarazione la Conferenza dei Gesuiti dell’Africa e del Madagascar (Jcam), che si unisce così al pressante appello lanciato poco più di due settimane fa dalle Chiese di diversi Paesi nel mondo per una soluzione pacifica al conflitto che da quasi quattro anni contrappone il Governo centrale guidato dal Presidente Paul Biya alle milizie separatiste anglofone.

La storia delle divisioni nel Paese

I rapporti tra la maggioranza francofona e la minoranza anglofona sono difficili sin dall’indipendenza del Paese, nato nel 1961 dall’unificazione del Camerun francese e del Camerun britannico, ma sono degenerati nel 2016 in un sanguinoso conflitto armato, dopo le proteste represse nel sangue contro la decisione di Yaoundé di imporre la sola lingua francese nei tribunali e nelle scuole anglofone, una repressione che ha spinto i ribelli anglofoni a proclamare l’indipendenza. Da allora è iniziata una spirale di violenza, di cui hanno approfittato anche criminali comuni, e che hanno causato oltre 2mila morti e costretto alla fuga, anche verso la vicina Nigeria, di più 700mila persone e 800mila bambini a non andare a scuola.

In questo contesto si inserisce la lettera inviata a metà febbraio dai vescovi del Camerun e di 10 Paesi di diversi continenti per chiedere una soluzione negoziata al conflitto e in particolare per sollecitare il governo Biya a partecipare a colloqui di pace proposti da una ong svizzera. Un appello al quale - riporta l'agenzia cattolica africana Cisa - si uniscono ora i Superiori maggiori dei gesuiti africani riuniti nel Jcam, che condannano “il continuo uso della forza da parte Governo camerunese, come le violenze perpetrate da tutte le milizie”.

L'appello dei gesuiti

“Chiediamo al Presidente Biya e al suo governo di andare oltre alle misure repressive e di assumersi la responsabilità di trovare soluzioni più durevoli attraverso negoziati mediati”, si legge nella dichiarazione che sollecita l’Esecutivo “ad assicurare il rispetto dei diritti umani e della libertà di espressione e manifestazione”.  

Nella dichiarazione i gesuiti africani esprimono sgomento per l’ultimo massacro avvenuto nel villaggio di Ngarbuh, vicino alla città di Ntumbo, nel Nord-Ovest del Camerun, in cui soldati delle forze regolari insieme ad alcuni miliziani hanno ucciso 30 persone e incendiato case: “Questa – afferma - è sfortunatamente l’ennesima macchia nella litania di uccisioni e incendi di villaggi che si sono succedute ininterrottamente dallo scoppio della crisi nel 2016”.

Da parte sua la Jcam si dice pronta a dare il suo attivo contributo agli sforzi messi in campo dall’Unione Africana per portare la pace nella regione e in tutto il continente e in particolare alla campagna ‘Silencing Arms in 2020’ (Fare tacere le armi in Africa nel 2020) prmossa nel 2013 e rilanciata al recente vertice di Addis Abeba.

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03 marzo 2020, 08:18