Accoglienza migranti: Bassetti, non si creino parcheggi o ghetti
Giada Aquilino – Città del Vaticano
Un sistema di accoglienza dei migranti in Italia “integrato e diffuso”, che sia “adeguato alle sfide che abbiamo davanti: non devono esistere parcheggi o ghetti”. Così il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), intervenendo oggi a Roma, nella Sala Koch di Palazzo Madama, all'incontro "Promuovere e integrare", con il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese.
Accogliere, proteggere, promuovere, integrare
Partendo dai quattro verbi indicati da Papa Francesco nel , il cardinale Bassetti ha spiegato come “accogliere, proteggere, promuovere, integrare” costituiscano un “programma sociale completo” per comunità “umane e accoglienti”, in cui le differenze costituiscono un “reciproco arricchimento” e le difficoltà una “sfida per riuscire a farcela assieme”. Il Pontefice, ha aggiunto il presidente della Cei, ha inoltre chiarito come i quattro verbi non rivestano un’importanza “solo” per i migranti e i rifugiati, ma costituiscano “un atteggiamento e una capacità che dovremmo avere per chiunque” sia in difficoltà “indipendentemente dal luogo in cui sia nato”.
Ogni vita è sacra
A volte, ha notato il porporato all’evento organizzato dall'Ente nazionale del microcredito, “pare che in questo Paese, specie negli ultimi anni, si sia rimasti un po’ fermi”. Occorre ribadire che “ogni vita è sacra e, se in pericolo, va salvata sempre”. “È doveroso – ha proseguito - realizzare una condivisione delle responsabilità tra tutti i Paesi europei, che faccia sì che i compiti non ricadano solo sui Paesi di primo arrivo: questo obiettivo va perseguito in sede politica, e - ha evidenziato - mai può portare al rifiuto del soccorso e della prima accoglienza di chi è in pericolo”.
Falso dilemma
A ciò va aggiunta “la possibilità di ricostruirsi una nuova vita nel Paese di asilo”. La “contrapposizione” ‘porti chiusi - porti aperti’ è per il cardinale Bassetti un “falso dilemma”: si tratta piuttosto di capire, ha spiegato, cosa accada a queste persone una volta arrivate in Italia. L’obiettivo è quello della “costruzione di un Paese capace di riconoscere e valorizzare le differenze, affermando pari diritti e pari dignità”: prima che giuridica o economica, la questione migratoria è una questione di “verità, rispetto e dignità”. Ecco perché, ha rimarcato, occorre “aiutare tutti a capire perché tanta gente sia costretta a fuggire in condizioni così tragiche” e cosa poi accada all’arrivo in Europa.
Cattiva accoglienza
Il numero dei migranti, ha osservato, negli ultimi anni “non cresce più”: il “vero problema” è la “cattiva accoglienza”, che “fornisce sì un tetto e del cibo, ma solo quelli, senza favorire l’incontro con il territorio e senza prevedere almeno una qualche forma d’integrazione”. L’idea del porporato è ad esempio quella di corsi di lingua o professionali, in modo da evitare che i migranti siano di fatto “sospinti verso la marginalità e l’irregolarità, che alimentano la paura e l’ostilità da parte di molti cittadini italiani”.
Il pericolo dello sfruttamento
Oggi, ha detto, si stimano fra le 600 mila e le 700 mila persone presenti nel nostro Paese senza titolo di soggiorno o con un titolo di soggiorno che però non possono più rinnovare anche se hanno, nel frattempo, trovato un lavoro: si tratta di gente che non sa “dove andare e cosa fare, diventando così facile preda dello sfruttamento e della criminalità”. “Purtroppo”, ha continuato, gli ultimi interventi legislativi “non sembrano sufficienti” a ridurre tale cifra.
Agevoli percorsi di cittadinanza
La Chiesa auspica una soluzione “più appropriata e più equa”, sulla base delle convenzioni internazionali, del rispetto dei diritti umani e delle “chiare indicazioni” date dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, assieme a “percorsi più agevoli di accesso alla cittadinanza, soprattutto per quei minori nati da genitori stranieri in Italia, che frequentano le nostre scuole e abitano le nostre città, già italiani di fatto ma ancora privi degli stessi diritti e doveri dei loro coetanei”. Perché l’accesso alla cittadinanza, come ricordato dal Pontefice, può favorire il percorso di integrazione di un Paese. In tale prospettiva, diventano un “segno” giornate in cui Stato e Chiesa “insieme” – in un percorso di “scambio e confronto” - provano a sottolineare la “ricchezza culturale e religiosa” dell’Italia e al contempo “ad ascoltare e a dare risalto alle esperienze positive che hanno saputo accompagnare i migranti in una maniera non assistenziale”, così da metterli in grado di dare il loro “contributo” alla crescita della società dove vivono.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui