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Suicidio assistito Suicidio assistito 

Spagna: intervento dei vescovi su eutanasia e suicidio assistito

Alla base del documento il desiderio dei vescovi spagnoli di fare chiarezza sul tema del fine-vita, soprattutto in un momento in cui, nel Paese, si torna a dibattere sull’argomento

Isabella Piro – Città del Vaticano

“Seminatori di speranza. Accogliere, proteggere e accompagnare nella tappa finale della vita”: si intitola così il documento diffuso dalla Commissione episcopale per la famiglia e la difesa della vita della Chiesa spagnola, dedicato al tema dell’eutanasia e del suicidio assistito. Il testo è stato presentato ieri, in conferenza stampa, alla presenza di monsignor Mario Iceta, presidente della Commissione episcopale stessa, e di alcuni medici e operatori sanitari.

Le proposte contro la vita, delle istituzioni iberiche

Alla base del documento, c’è il desiderio dei vescovi spagnoli di fare chiarezza sul tema del fine-vita, soprattutto in un momento in cui, nel Paese, si torna a dibattere sull’argomento. Da tempo, infatti, è all’esame delle istituzioni iberiche una proposta avanzata dal Partito socialista (Psoe) che prevede di includere, nel sistema sanitario pubblico, l'opzione di ricevere il trattamento adeguato per porre fine alla vita nei casi in cui il paziente affronti una malattia incurabile, che provochi condizioni intollerabili fisiche o psichiche. Dunque, “di fronte al dibattito che ultimamente si è riacceso circa la vita umana, l’eutanasia e il suicidio assistito – scrivono i vescovi spagnoli – desideriamo proporre, in questo documento, uno sguardo di speranza su quei momenti che concludono la nostra vita terrena”. Suddiviso in 7 capitoli, più un’introduzione e un epilogo, il testo episcopale si sofferma su temi specifici, quali l’etica medica, le cure palliative, l’illiceità dell’accanimento terapeutico e la necessità di promuovere una cultura del rispetto della dignità umana.

I vescovi evidenziano alcune storture del dibattito sociale

Analizzando, in primo luogo, il dibattito sociale sul tema dell’eutanasia e del suicidio assistito, i vescovi spagnoli ne evidenziano alcune storture: ad esempio, “un concetto di libertà concepita come volontà assoluta, svincolata dalla verità sul bene”; gli eufemismi “ideologici e semantici” che non parlano di “provocare la morte ad un malato”, bensì di “morte degna, scelta autonoma, liberazione” dal dolore; la tendenza a presentare i difensori della vita come “retrogradi, intransigenti, contrari alla libertà individuale ed al progresso”; la diffusione dell’idea che l’eutanasia rappresenti “una domanda urgente della popolazione”. Numerosi, quindi, sono gli argomenti messi in campo dai promotori dell’eutanasia per avvalorare le proprie ipotesi, che vengono però tutte confutate dalla Chiesa spagnola: ad esempio, là dove si parla di porre fine alle “sofferenze insopportabili” dei malati, i vescovi rispondono ricordano la possibilità delle cure palliative; quando si dice che l’eutanasia è un’opera di compassione, i presuli ribattono che non è umano provocare la morte, ma è umano “accogliere il malato, sostenerlo e alleviarne il dolore”; a chi fa riferimenti alla “morte dignitosa”, i vescovi rispondono che la vita umana ha valore di per se stessa e che merita di essere vissuta a prescindere dalla qualità. Di fronte, poi, a coloro che vedono nell’accettazione dell’eutanasia e del suicidio assistito “un segno di civiltà”, la Chiesa spagnola ricorda che la civiltà si basa sul fondamento della dignità della persona umana, indipendentemente da qualsiasi altra circostanza (razza, sesso, religione, salute, capacità mentali o economiche).

Il documento si sofferma anche sul concetto di morte

“Il dolore e la morte sono dimensioni, fasi dell’esistenza umana”; negarli, trasformando la fuga da essi in “valore supremo”, significa negare la realtà umana, disumanizzarla, renderla frustrante. Certo – ribadiscono i vescovi – “è naturale avere paura di morire”, poiché “l’essere umano è orientato alla felicità e la morte è un trauma”; tuttavia l’esperienza dimostra che quando un malato sofferente chiede di morire, “in fondo sta chiedendo sollievo dal dolore, sia fisico che morale”. Una volta ricevuti “sollievo fisico, sostegno psicologico, vicinanza affettiva, adeguata attenzione medica e socio-sanitaria”, il malato smette di chiedere di morire. Tanto più che – prosegue il documento – “la vita umana non è solo un bene personale, ma è anche un bene sociale, un bene per gli altri. Se si attenta contro una vita malata, si attenta anche alla giustizia dovuta agli altri”.

Il tema della medicina palliativa

Ampio spazio, poi, i vescovi spagnoli lo dedicano al tema della medicina palliativa, ribadendo che se non si può curare un malato, si deve comunque averne cura ed alleviarne sempre il dolore, con l’obiettivo di “umanizzare il processo della morte”. “La medicina palliativa non è sufficientemente contemplata nell’organizzazione sanitaria spagnola – si legge – e sarebbe auspicabile che i poteri pubblici riconoscessero con maggiore attenzione questa necessità e la promuovessero con decisione”, anche perché “l’etica media stabilisce il dovere di alleviare le sofferenze fisiche e morali del malato terminale”, nel rispetto della sua dignità. E proprio nel rispetto di tale dignità, si esige che il malato sia considerato in un’ottica globale, che tenga conto della sua dimensione fisico-biologica, psico-emozionale, socio-familiare e spirituale-religiosa.

No all’accanimento terapeutico

Altro tema affrontato dai vescovi spagnoli, quello dell’accanimento terapeutico: la Chiesa ribadisce, categoricamente, che questa pratica “non è eticamente accettabile”, così come lo sono l’eutanasia e il suicidio assistito. “L’intenzione di eliminare la vita del malato al fine di non farlo soffrire è sempre contraria all’etica: si sceglie un male, ovvero si sopprime una vita che, invece, è sempre un bene di per sé”. Non solo: i vescovi evidenziano che le pratiche eutanasiche hanno ripercussioni anche sulla vita del medico che le mette in atto: esse provocano “un dramma interiore, oscurano la consapevolezza del bene, offuscano la sensibilità etica” e infrangono i principi basilari della relazione medico-paziente. In sostanza, “l’eutanasia snatura la medicina”.

Le leggi limitate sull’eutanasia con il tempo sono state ampliate

I vescovi spagnoli guardano, poi, agli altri Paesi in cui le pratiche eutanasiche sono state legalizzate o depenalizzate, e mettono in guardia: là dove si è partiti da una legge che permetteva l’eutanasia solo in pochi e limitati casi, si è arrivati, con il tempo, ad ampliare il ventaglio di possibilità. Ne è un esempio l’Olanda, dove l’eutanasia è stata legalizzata nel 2002: inizialmente limitata a pazienti terminali con sofferenze insopportabili, senza speranza di guarigione, maggiori di 18 anni e con una volontà libera e manifesta di porre fine alla propria vita, tale pratica è stata estesa, nel 2011, a 13 pazienti psichiatrici. Questo dimostra, afferma il documento della Chiesa di Madrid, che “l’eutanasia e il suicidio assistito danneggiano tutta la società. Non si tratta di una questione meramente privata che riguarda solo il malato e la sua famiglia”, perché tali “indeboliscono i legami costituivi della società e la rendono irrimediabilmente disumana”. “L’eutanasia e il suicidio assistito – si legge ancora nel documento – costituiscono un dramma umano, con profonde radici antropologiche e con ampie ripercussioni in ambito familiare, sociale, politico e sanitario”.

Rispettare le volontà dell’ammalato

Un paragrafo del documento è riservato alle così dette “volontà anticipate”, ossia al testamento redatto da un malato terminale. Richiamandosi a quanto stabilito dalla Conferenza episcopale spagnola nel 1989, i vescovi suggeriscono un testo-base per questo testamento in cui l’ammalato, consapevole dell’inevitabilità della morte ma fiducioso nella vita ultraterrena con Dio, chiede che “se la malattia dovesse arrivare ad una situazione critica irrecuperabile”, egli non venga tenuto in vita “da trattamenti sproporzionati; che non vengano praticati né l'eutanasia, né l’accanimento terapeutico, ma che siano somministrate “le cure appropriate per alleviare le sofferenze”. Tali volontà andranno espresso in modo “consapevole, responsabile e libero”.

Le proposte della Chiesa per il rispetto della vita

Di fronte a questo quadro la Chiesa spagnola avanza alcune proposte “per promuovere una cultura del rispetto della dignità umana”: si tratta di “riscoprire le radici di tale dignità”, ovvero il fatto che “l’essere umano è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio” e che quindi “la persona umana è sempre degna, indipendentemente da qualsiasi condizionamento”. Al contempo, occorre una maggiore valorizzazione della vita umana: “Solo in un contesto di rispetto e di amore, con uno sguardo al bene comune, si può potenziare l’educazione alle virtù”, scrivono i vescovi, che esortano poi alla solidarietà con i sofferenti, alla “cultura dell’incontro, all’attitudine al servizio ed alla vera compassione”. Centrale anche la formazione del personale sanitario nell’arte di “alleviare e consolare”, così come l’ampliamento di una “cultura della vita” che affronti la morte “non come un tabù, ma come un fatto naturale”; che promuova iniziative sociali per accompagnare i malati terminali e le loro famiglie; che esorti lo Stato e le pubbliche istituzioni a “tutelare in modo efficace la vita di ogni essere umano, dal concepimento e fino alla morte naturale, indipendentemente da qualunque condizionamento”.

La collaborazione dei cristiani al rispetto della vita umana

Naturalmente, “tutti i cristiani possono e devono collaborare alla promozione di una cultura del rispetto della vita umana e dell’incontro, respingendo una cultura dello scarto e dell’esclusione”. Nello specifico, i cristiani sono esortati a pregare per i sofferenti, facilitare la nascita delle vocazioni, accogliere con amore fraterno i sofferenti, i malati e i moribondi, nonostante ciò presupponga un sacrificio; diffondere tra i professionisti sanitari un concetto di medicina centrata sulla promozione della dignità della persona in ogni circostanza; ricordare l’importanza del sacramento dell’unzione degli infermi che “allevia, sostiene e dà forza al malato, aiutandolo a prepararsi alla morte, quando giunge il momento”. Il documento si conclude, infine, con un richiamo alle parole di Santa Teresa di Calcutta che affermava: “La vita è bellezza, ammirala; la vita è la vita, difendila”.

 

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05 dicembre 2019, 11:43