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 Prostituzione, tratta donne Prostituzione, tratta donne 

Thailandia, Caritas: disuguaglianze alimentano tratta

Nella prima giornata a Bangkok, Papa Francesco si è riferito più volte al fenomeno della prostituzione minorile e del turismo sessuale. Massimo Pallottino, operatore dell’ufficio Asia e Oceania della Caritas italiana, descrive le disparità sociali che sono alla base di questi fenomeni così diffusi in Thailandia

A cura di Fabio Colagrande

Nell'omelia della messa celebrata davanti a sessantamila fedeli che riempivano lo Stadio nazionale e il vicino stadio Thephasadin a Bangkok, Papa Francesco è tornato a riferirsi alle piaghe sociali del turismo sessuale e della prostituzione minorile, particolarmente sentite in Thailandia. Nell'omelia Francesco ha rivolto un pensiero particolare a "quei bambini, bambine e donne esposti alla prostituzione e alla tratta, sfigurati nella loro dignità più autentica". Già all’inizio della giornata, nell’incontro con le Autorità, la società civile e il Corpo Diplomatico presso il Palazzo del Governo di Bangkok, il Papa aveva rivolto il pensiero “a quelle donne e a quei bambini” che sono “particolarmente feriti, violentati ed esposti ad ogni forma di sfruttamento, schiavitù, violenza e abuso”. In quella occasione, il Pontefice aveva espresso la sua riconoscenza al governo thailandese per “gli sforzi volti ad estirpare questo flagello”, come pure a “tutte le persone e le organizzazioni che lavorano instancabilmente per sradicare questo male e offrire un percorso di dignità”.

Caritas: 200mila persone vittime dell'industria della prostituzione

Sulle contraddizioni economiche e sociali che sono tra le cause della diffusione del fenomeno nel Paese, Radio Vaticana Italia ha intervistato Massimo Pallottino, operatore dell’ufficio Asia e Oceania della Caritas italiana: 

Ascolta l'intervista a Massimo Pallottino

R. – La Thailandia è un Paese abbastanza contraddittorio per certi aspetti. Nella media sicuramente gode di una situazione economica migliore di alcuni paesi confinanti, come il Laos e la Cambogia, che sono decisamente più poveri, ma è un Paese comunque estremamente diseguale. Secondo alcuni dati più recenti potrebbe essere addirittura il Paese più diseguale al mondo per concentrazione della ricchezza, il che vuol dire che pochissimi detengono la maggior parte delle risorse e della ricchezza mentre esistono invece larghi strati della popolazione molto poveri che vivono in condizioni veramente deprivate. Questo ci mette ancora una volta in guardia nei confronti dei dati relativi alla ricchezza media. La media può essere elevata ma bisogna sempre andare a vedere se ci sono particolari sacche di povertà. E in Thailandia queste sacche di povertà sono in zone del Paese come, ad esempio, il nord e il nord est, sulle colline e sulle montagne, dove esistono gruppi etnolinguistici che sono storicamente marginali nel Paese e fanno fatica a integrarsi anche da un punto di vista di cittadinanza. L’altra grande categoria che soffre la povertà sono i migranti, come ha ricordato Papa Francesco nel suo discorso alle autorità. La Thailandia si trova infatti al centro di una regione complessa ed è il nodo di molti passaggi migratori, molta mobilità umana passa per la Thailandia, sia volontaria che forzata. Esistono in particolare moltissimi migranti non documentati che vivono ai margini della società, tollerati per certi aspetti ma sempre in bilico nella loro permanenza ed esistono addirittura mezzo milione di apolidi. La Thailandia è tra i Paesi al mondo dove c’è la più grande quantità di apolidi: persone senza cittadinanza, senza diritti che si trovano in una sorta di limbo giuridico, non potendo né costruire, né pianificare una vita futura.

Quali sono gli effetti di queste problematiche sociali?

R. - Si traducono in fenomeni che noi, più o meno direttamente o indirettamente, conosciamo. Ad esempio, la prostituzione e la tratta, che trovano in Thailandia purtroppo un terreno ancora molto fertile nonostante gli sforzi compiuti dalle autorità negli ultimi anni. Ma c’è anche un problema molto serio di prostituzione minorile. Si tratta di una vera e propria industria che attrae purtroppo anche molti turisti italiani. Quindi anche in questo c’è molto da cambiare in Thailandia, per migliorare le condizioni delle persone più povere. Ma dobbiamo anche cambiare la nostra mentalità, la mentalità nelle nostre società ricche che talvolta vedono in questi Paesi una possibilità di divertimento facile, senza responsabilità ma che coinvolge delle persone in maniera abbastanza profonda.

La condizione dei minori è quindi un po’ lo specchio più evidente delle contraddizioni che lei sottolineava...

R. -  Certo, perché sono sempre i più poveri e i più deboli che soffrono le contraddizioni di ogni società. La nostra, come quella thailandese. Ed è molto difficile stimare la dimensione del fenomeno. Alcune stime parlano di 200 mila persone impiegate nell’industria della prostituzione e il 40 per cento di questi potrebbero essere minorenni. Si parla di una piaga veramente importante, a cui il governo thailandese sta cercando di dare una risposta ma che è molto difficile da estirpare completamente.

In questo contesto, come Caritas, come vedete il ruolo della piccola minoranza cattolica?

R. – I cattolici sono una piccola minoranza in Thailandia come lo sono in altri Paesi dell’area, ma la loro presenza è molto apprezzata sia dalla popolazione che dalle autorità e anche dalle autorità religiose, in particolare, in Thailandia, dalle autorità religiose buddiste. La cosa veramente importante è l’attenzione che le attività caritative della Caritas e delle altre istituzioni e organismi della Chiesa, hanno soprattutto nei riguardi delle persone più deboli, più fragili. Quest’idea che si lavori con gli ultimi, con i più poveri e che anche gli ultimi e più poveri abbiano una loro dignità profonda che veramente è fondante nella relazione con loro, è un contributo importante che si può portare in quella società.

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21 novembre 2019, 16:58