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Padre Juan Carlos Scannone Padre Juan Carlos Scannone 

Spadaro: padre Scannone e le culture fecondate dal Vangelo

E’ morto ieri all’età di 88 anni, padre Juan Carlo Scannone, gesuita, tra gli esponenti della “teologia del popolo” e amico di Papa Francesco fin da quando fu professore di Jorge Mario Bergoglio a Buenos Aires. Nell’intervista a Pope, padre Antonio Spadaro ricorda l’influsso di alcuni elementi della sua riflessione sulla Evangelii gaudium

Debora Donnini – Città del Vaticano

Considerato uno dei padri della “teologia del popolo”, è stato professore di Jorge Mario Begoglio al Seminario a Buenos Aires, mantenendo con lui un’amicizia durata tutta la vita. Il gesuita padre Juan Carlo Scannone, 88 anni, si è spento ieri, in Argentina. A comunicarlo la Provincia argentino-uruguaiana della Compagnia di Gesù. Docente in diversi atenei, dopo l’elezione di Francesco, si era trasferito a Roma dove per due anni ha collaborato con “La Civiltà Cattolica”. Sentiamone un ricordo dal direttore della storica rivista dei gesuiti, padre Antonio Spadaro:

Ascolta l'intervista a padre Antonio Spadaro:

R. – Era una persona molto piacevole, gradevole, semplice, ma soprattutto mi ha sempre colpito il fatto che questo intellettuale, filosofo, teologo, con una grande esperienza, che ha sempre vissuto in America Latina, ma si è formato in Germania e ha insegnato alla Gregoriana, poi venendo qui a quell’età sia riuscito a “inculturarsi”. Io vedevo che i suoi articoli erano come rivolti a un pubblico latinoamericano. Allora discutemmo a lungo, parlammo della sua attività e mi resi conto che lui poi “imparò” a “dire” il suo messaggio a un popolo e a una cultura come quella europea, che è vicina ma allo stesso tempo diversa da quella alla quale lui era abituato a rivolgersi. Quindi, un intellettuale capace di immedesimarsi, di comprendere l’altro.

Qual era il legame, a livello di amicizia, fra il Papa e padre Scannone?

R. – Si conoscevano molto bene e da moltissimo tempo. Era una persona con cui poi c’è stata una frequentazione, quindi una discussione, un dibattito anche a livello intellettuale, ma che si fondava su una conoscenza direi più spontanea, in età anche molto giovanile per il Papa. Mi sembra che siano due figure che si sono accostate l’una all’altra comprendendo il genio l’una dell’altra; poi il Papa ha seguito il suo percorso, che è molto originale, ma sempre con questo dialogo aperto anche con il padre Scannone che poi, in fondo, alla fine della sua vita, ha visto come alcuni elementi del suo pensiero fossero poi passati anche nella riflessione del Pontificato, com’è possibile riconoscere nella Evangelii gaudium.

In quale modo?

R. – Noi sappiamo come la spiritualità popolare sia un tema molto forte in Papa Francesco, ma in realtà è un tema che ha una radice lontana, che non ha nulla a che vedere con un certo pauperismo teologale ma mette in luce la ricchezza che Dio ci ha dato. Paolo VI ne parlò con grande chiarezza, poi Aparecida parlò esplicitamente di spiritualità popolare e c’è un contenuto di fondo che è molto importante, che forse è il centro del pensiero proprio della teologia del popolo, che è la teologia portata avanti da padre Scannone, e cioè che la fede si esprime sempre culturalmente: il bambino la impara dai genitori, dai maestri, dai catechisti, dall’ambiente … la fede quindi è una grazia divina ma anche un “atto umano”, perciò si può parlare in modo culturale di popolo, di apprendere e di esprimere la fede. Non è mai neutra, astratta. Allora, vedere il popolo come soggetto della propria cultura e soggetto della teologia, questo è un punto fondamentale della teologia del popolo.

Padre Scannone infatti è stato un esponente centrale della “teologia del popolo”, anche con l’opzione preferenziale per i poveri e la grande attenzione alla fede del popolo. Secondo lei Papa Francesco come ha sviluppato questo negli anni?

R. – L’elemento fondamentale è proprio la definizione di cultura. Si vede, per esempio, anche nel recente viaggio in Thailandia e in Giappone, dove ha sottolineato in maniera molto forte l’importanza dell’inculturazione. Quindi la cultura popolare possiede – e questo è anche uno dei contenuti forti di Evangelii gaudium – una funzione ecclesiologica oltre che sociologica, e già qui c’è una differenza profonda rispetto alla teologia della liberazione - quindi tra la teologia del popolo e la teologia della liberazione -  e comunque all’interno di un contesto culturale e geografico simile. Quindi, la forza che emerge da Evangelii gaudium e che proviene dalla teologia del popolo è il fatto che lo Spirito Santo feconda le culture dei popoli con la forza trasformante del Vangelo: il Vangelo, quindi, trasforma le culture. E come possiamo vedere nella storia della Chiesa, il cristianesimo non risponde a un modello culturale unico, ma riporta il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è radicato. Francesco, proprio nella Evangelii gaudium, fa esplicita menzione dei soggetti collettivi attivi, come li definisce, riferendosi ai popoli. Quindi i popoli nei quali è stato inculturato il Vangelo sono soggetti collettivi attivi, operatori dell’evangelizzazione. E questo riferimento forte alla cultura del popolo viene proprio dalla riflessione che anche padre Scannone ha condiviso.

L'intervista del 2014 a padre Scannone

E nel 2014 si era tenuto a Roma il convegno “Il Concilio Vaticano II in America Latina e le radici di Papa Francesco”, al quale era intervenuto anche padre Juan Carlos ScannoneAlessandro Gisotti lo aveva intervistato chiedendogli quale contributo particolare stesse dando Papa Francesco alla Chiesa del nostro tempo:

R. – Hay un aire nuevo, un espiritu nuevo...
C’è un’aria nuova, uno spirito nuovo, che commuove la Chiesa. Io penso che Papa Francesco sia mosso dallo Spirito Santo e che sempre attraverso di Lui il Popolo di Dio gli risponda, non solo a Roma, ma praticamente in tutto il mondo. Recentemente mi trovavo in Germania e ho visto come reagisce la gente, l’interesse che ha nell’ascoltare quello che riguarda Papa Francesco... Questo per dire che c’è uno spirito nuovo: credo che sia la continuazione del Concilio Vaticano II, che viene ripreso, anche se nelle nuove e attuali circostanze, che non sono le stesse di quelle della metà del secolo scorso.

D. – Lei è tra coloro che hanno dato vita e poi sviluppato la “teologia del popolo”, che è così centrale per capire Papa Francesco. Come ha approfondito Jorge Mario Bergoglio negli anni, in Argentina, questa teologia del popolo?

R. – En aquel momento, en Argentina...
In quel momento, in Argentina, lui ha portato avanti questa linea e credo che ora, come Papa, la stia approfondendo. Nell’articolo, che io ho pubblicato su “Civiltà Cattolica”, mostro come lui continui a seguire questa linea, ma anche la approfondisca. Per esempio, nell’apprezzamento della pietà popolare, della spiritualità popolare, come nella relazione tra il Popolo fedele di Dio e i popoli della Terra…. Sì, penso che continui su questa linea e che forse ora, ispirato dal fatto di essere Papa, renderà questa teologia più feconda per la Chiesa universale.

D. – Quando ha rivisto Jorge Mario Bergoglio, questa volta quando era già Papa, non era più il vescovo, il pastore di Buenos Aires, che emozione le ha fatto?

R. – Pienso que ...
Penso che sia sostenuto dallo Spirito Santo: il viso raggiante, questa semplicità e allo stesso tempo questa profondità, questa serenità, questa pace. Sono stato con lui e abbiamo parlato per un’ora intera: l’incontro con lui è stato davvero un balsamo per me e per la mia vita spirituale, apostolica ed anche per la riflessione filosofica e teologica.

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28 novembre 2019, 14:30