Caritas Hellas e parrocchia di Lesvos: porte aperte a migranti e disagiati
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Con l’inizio nel 2015 della grande crisi migratoria in Grecia e un afflusso di 1 milione e 200 mila migranti, la gente di Lesbo si è rimboccata le maniche, “ha aiutato, si è data da fare, ha aperto il cuore e le case, fino ad andare in spiaggia per assistere coloro che arrivavano dal mare senza nullaâ€: anche i pescatori, “con le loro barcheâ€, si prodigavano per salvare vite umane nelle acque dell’Egeo. A raccontarlo a Pope è padre Leone Kiskinis, parroco di Santa Maria Assunta a Mytilene e unico sacerdote cattolico sull’isola di Lesvos. La solidarietà degli abitanti locali nei confronti di tante persone “che hanno lasciato e hanno abbandonato tutto†per trovare un futuro migliore “non è cambiata dopo quattro anniâ€, assicura don Leone che con la sua piccola comunità di 250 anime ha creato “una scuola di insegnamento del greco†per i migranti, “perché anche loro vogliono trovare lavoro: sono ragazzi giovani e devono imparare almeno qualche parola in greco per trovare un impiegoâ€, spiega. La parrocchia cattolica fornisce anche “un’assistenza spirituale e piscologica ai migranti, perché il solo fatto di esser disponibili all’ascolto, ad un sorriso, è una vera e propria medicina per loro, che così si sentono accolti, rispettati, coccolatiâ€. Eppure la convivenza con la popolazione di Lesvos, e della Grecia in generale, si fa talvolta complicata (Ascolta l'intervista con padre Kiskinis).
Calo turismo e disoccupazione
“C’è una certa stanchezza nella gente, perché Lesvos è un’isola turistica e la crisi migratoria ha in un certo senso intaccato l’immagine dell’isola all’estero. Il turismo ha avuto un calo enorme: tutte le immagini che la tv riportava, con i rifugiati che giravano per l’isola, sono rimaste nell’immaginario collettivo e i turisti preferiscono andare altrove piuttosto che venir quiâ€. A tutto ciò si aggiungono gli effetti di un decennio di crisi economica. “I greci sono ancora alle prese con una forte disoccupazione. Il 18 per cento della popolazione, soprattutto giovani, è disoccupato nel Paeseâ€, spiega mons. Sevastianos Rossolatos, arcivescovo di Atene e presidente della Conferenza episcopale greca. E la Chiesa cattolica - aggiunge il presule - affronta quest’emergenza nella “povertà economica ed anche vocazionaleâ€. I cattolici in Grecia, anche per l’affluenza di lavoratori stabili dall’estero, “sono oggi 200 mila†(Ascolta l'intervista a mons. Rossolatos). E la Chiesa riesce ad intervenire nelle situazioni di emergenza, sia per la popolazione greca impoverita dalle difficoltà economiche sia per i migranti, grazie all’aiuto di Caritas Internationalis tramite le Caritas europee e statunitense, in supporto a Caritas Hellas, a cui in questi giorni è arrivata la solidarietà concreta del Papa, con i 100 mila euro donati in occasione della visita a Lesvos della delegazione guidata dal cardinale Konrad Krajewski.
A disposizione cibo, vestiti, servizi
Nelle difficoltà del momento, cruciale è l’azione di Caritas Hellas che si concentra in particolare sulla promozione dell’inclusione sociale di tutti coloro che ne hanno bisogno, indipendentemente dall’origine o dal credo religioso. Nell’ambito delle Caritas locali, Caritas Atene riesce a fornire 500 pasti dal lunedì al venerdì a profughi e abitanti della capitale in condizioni di disagio. “Chiunque arriva alla nostra porta, la trova apertaâ€, dice il direttore padre Ioannis Patsis, che è anche vice presidente di Caritas Hellas. “La porta - prosegue padre Ioannis - è sempre aperta per poter dare aiuto e cibo fresco di giornata a questa gente. Ma ci sono grandissimi problemi per sostenere tale lavoro. La cuoca è pagata, la sorveglianza è pagata, i traduttori sono pagati… Ogni giorno, poi, almeno 28 persone vengono a lavarsi nei servizi igienici che mettiamo a disposizione e diamo loro vestiti per cambiarsi. Quello che abbiamo, possiamo darlo a loro, grazie soprattutto all’aiuto dei volontari†(Ascolta l'intervista a padre Patsis).
La visita del Papa nel 2016
Fu Papa Francesco, nella sua sull’isola greca nell’aprile 2016, a sottolineare come “tante persone semplici†avessero “messo a disposizione il poco che avevano per condividerlo†con quanti privi “di tuttoâ€. Un impegno che, tra le difficoltà, dunque continua, anche nel ricordo dell’abbraccio del Papa a tutta Lesvos e in particolare ai migranti dell’hot-spot di Moria, uno degli oltre 30 campi in tutta la Grecia. A ricordarlo è ancora il parroco Kiskinis. “Il Santo Padre fu accolto dagli abitanti dell’isola con una grande gioia. Ricordo che quando la papamobile passava tra le vie della città di Mytilene, gli ortodossi - perché qui la maggioranza della popolazione è ortodossa - tenevano i rami di ulivo nelle mani. Poi la gente del campo di Moria, penso fossero tutti musulmani, si inginocchiava davanti al Santo Padre, chiedendo una benedizione, una preghiera: perché loro non si sentivano e non si sentono dei numeri, non sono numeri di un ‘campo di concentramento’, ma persone che - conclude il sacerdote - hanno una dignità, hanno un passato, un presente e vogliono avere anche un futuroâ€.
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