Pasqua nelle Filippine: p. D’Ambra, pensare a fratellanza universale
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Una Santa Messa “in coena Domini” per pochi fedeli, 60-70 persone, ma profondamente partecipata: è quella appena celebrata a Zamboanga, sull’isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, da padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime da oltre 40 anni nel Paese. Il sacerdote è il fondatore di Silsilah, il movimento per il dialogo islamo-cristiano che il prossimo maggio festeggerà il 35.mo di fondazione, ed è segretario esecutivo della Commissione per il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale filippina (Ascolta l'intervista a padre Sebastiano D'Ambra).
Il rito della lavanda dei piedi
A caratterizzare il Giovedì Santo della piccola comunità cristiana di Harmony Village, in un territorio a maggioranza musulmana, è stato il rito della lavanda dei piedi, racconta padre D’Ambra. “Abbiamo compiuto i riti della giornata, la Messa, la lavanda dei piedi, la deposizione del Santissimo. Qui ad Harmony Village ci sono diverse famiglie molto povere. Abbiamo celebrato con loro, con un gruppo per il quale sto guidando gli esercizi spirituali - Emmaus Dialogue Community - e con alcune suore. Certamente, il momento più toccante è stato quello della lavanda dei piedi: la gente semplice, i poveri della zona hanno fatto la parte dei discepoli. Nell’omelia, ho messo in risalto come sia importante questo gesto: se il Signore lo ha compiuto, Lui che è il Maestro, anche dobbiamo ‘lavarci i piedi’ l’un l’altro, cioè servire e aiutarci”. Nel corso della celebrazione il missionario ha pure ricordato come Papa Francesco abbia compiuto il medesimo gesto “qualche giorno fa a Roma”, “baciando i piedi” ai leader sud sudanesi in ritiro in Vaticano, “per dire che, come il Signore ha servito, anche noi dobbiamo servire”.
Le bombe a Jolo
Durante la Messa, padre D’ambra ha pure evidenziato come “purtroppo in alcune zone del mondo e in alcune parti qui, nelle Filippine, non si riescono a rispettare queste tradizioni così come si vorrebbe: ho in mente - spiega - quanto successo qualche mese fa a Jolo, che ha provocato un grande dolore”. Il riferimento è alle due bombe sono esplose a fine gennaio davanti alla cattedrale di Nostra Signora del Monte Carmelo sull'isola di Jolo, sempre nella regione del Mindanao: nell’azione, rivendicata dai terroristi del sedicente Stato Islamico, sono morti 15 fedeli e 5 soldati. Pochi giorni dopo, una granata lanciata contro una moschea di Zamboanga ha causato anche la morte di due predicatori.
Apertura al dialogo
In questo quadro, celebrare la Pasqua nella realtà di Mindanao “significa riaffermare la fede dei cristiani e nello stesso tempo incoraggiarli”, dice il missionario, perché si vive “purtroppo una situazione difficile”: “qui - ricorda - abbiamo la legge marziale”. Il Congresso delle Filippine ha infatti prolungato il provvedimento fino al 31 dicembre del 2019, nel tentativo di arginare nuovi attacchi di estremisti islamici. La missione della Chiesa è quella di “aiutare le comunità locali a vivere da cristiane, profondamente aperte al dialogo”: “il prossimo anno nelle Filippine - aggiunge - ci sarà proprio l’anno del dialogo interreligioso e dell’ecumenismo, in vista del 2021, quando si celebreranno i 500 anni dell’arrivo del cristianesimo in queste terre”.
Toccare i cuori di tutti
Cruciale anche nelle Filippine, secondo padre D’Ambra, il firmato ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al Azhar, Al Tayyeb. “Io lo userò moltissimo: il dialogo sulla fraternità umana è importante. Poi ricorderò anche l’altro incontro di . In tale prospettiva, proprio domani ospiteremo 350 musulmani”. L’auspicio di Pasqua per questo missionario siciliano nelle Filippine è dunque quello di “pensare ad una fratellanza universale con tutte le persone”, toccando “i cuori di tutti, anche di quelli che non sono pronti al dialogo”.
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