Argentina. Sono Beati i quattro martiri di El Chamical
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Già da molto tempo sono venerati in Argentina come i “martiri di El Chamicalâ€, la cittadina nella diocesi di La Rioja dove furono uccisi nel 1976 durante la dittatura militare, a testimonianza del fatto che la devozione popolare è assai più veloce di qualunque processo canonico. I quattro nuovi Beati, come sottolinea il cardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, “hanno in comune il desiderio di servire il popolo e di tradurre il Vangelo in azione concreta a vantaggio di quel loro popolo, all’epoca fortemente oppresso dal totalitarismoâ€. (Ascolta l'intervista completa)
Don Enrico, un prete nelle “villas miseriasâ€
“Primus inter pares†tra i nuovi Beati è il vescovo di La Rioja, mons. Enrico Angelo Angelelli Carletti, che con il suo zelo pastorale attirò a sé in diocesi molti sacerdoti e molti fedeli che divennero suoi collaboratori, come i tre che con lui, poi, subiranno il martirio. Già dai tempi dell’ordinazione dimostra un notevole afflato verso i più poveri, che lo porta a visitare quotidianamente le “villa miseriasâ€, il nome con cui in Argentina vengono indicate le baraccopoli. E non cambierà neppure dopo l’ordinazione episcopale. “Per onorare Dio non basta farsi vedere in Chiesa – evidenzia ancora il porporato – ma significa tradurre in pratica gli insegnamenti di Gesù che ci ricorda come l’amore verso Dio non possa essere autentico senza l’amore verso il fratello, specie il più povero. Papa Francesco ci insegna che il potere è impegno a servire tutti i cittadini. Il potere è servizioâ€.
Il vescovo con “un orecchio al Vangelo e uno al popoloâ€
Quando nel 1968 arriva a La Rioja, ci mette poco a farsi conoscere: sempre accanto ai lavoratori e ai contadini, denuncia l’usura, lo spaccio di droga, le case da gioco e la prostituzione, affari saldamente nelle mani dei potenti locali. Questi allora iniziano a chiamarlo con disprezzo “il vescovo rosso, comunista, estremista, terzomondistaâ€, perfino “Satanelliâ€, ironizzando sul suo cognome di origine italiana. Lui prosegue, imperterrito, a viaggiare fino agli angoli più sperduti del territorio, celebrando la Messa, portando il conforto umano e la Parola del Signore. Finché, con i militari al potere, le cose si mettono male. Riceve minacce e intimidazioni, alle quali reagisce dicendo: “Anche se ci obbligano al silenzio, Cristo parlaâ€. I suoi superiori vorrebbero allontanarlo, per il suo bene, ma lui rifiuta, anche dopo che, a fine luglio, gli fanno ritrovare – quale macabro regalo di compleanno – i cadaveri dei suoi collaboratori. Toccherà anche a lui, il 4 agosto 1976, di ritorno dalla celebrazione dei loro funerali, cadere in un agguato ed essere ucciso. Da martire.
Don Gabriel, il “fidei donumâ€
Il sacerdote francese Gabriel Longueville, era stato inviato nel 1968 in Argentina come “fidei donumâ€, cioè per un servizio missionario temporaneo. Qui conosce mons. Angelelli Carletti e aderisce pienamente al suo progetto pastorale. Inizia a collaborare con lui come vicario nella parrocchia di El Chamical e sarà proprio questa collaborazione, questo amore per i fratelli oppressi, che lo porterà alla morte “in odium fideiâ€. “Avevano alzato la voce per protestare contro le palesi ingiustizie che si perpetravano contro i poveri – ricorda il card. Becciu – questi nostri martiri combattevano il peccato fattosi ‘sistema’, struttura di ingiustizieâ€.
Padre Carlos de Dios Murias, il frate conventuale
Era arrivato a El Chamical – dove era vicario cooperatore – appena un anno prima della sua uccisione, padre Carlos de Dios Murias, sacerdote dell’Ordine del Frati Minori Conventuali che a La Rioja avrebbero voluto aprire una loro comunità, ma gli ci era voluto poco per comprendere la situazione. Non si risparmiava. Nelle sue omelie appassionate, denunciava con forza lo stato delle cose, le ingiustizie perpetrate da coloro che detenevano il potere politico. E anche a lui, questa fedeltà alla propria missione, costò la vita, il 18 luglio 1976, quando fu prelevato dagli squadroni della morte assieme a don Gabriel.
Wenceslao Pedernera e il Movimento rurale
Wenceslao Pedernera non era esattamente quello che si definisce “un buon cristianoâ€. Sposato, padre di tre figlie, è molto lontano dalla fede quando nella sua diocesi arriva il nuovo vescovo, mons. Angelelli Carletti. Gli capita, quasi per caso, di ascoltare qualche sua omelia. La vicinanza, reale, non teorica, di quel vescovo alla sua gente, l’esempio pastorale che segue sempre alle belle parole delle prediche, lo conquistano. Inizia a partecipare frequentemente alla Messa e a ricevere i Sacramenti. Non gli basta. Entrato nel Movimento rurale di Azione cattolica argentina, appoggiato dal suo vescovo, inizia ad agire concretamente per la tutela dei diritti dei suoi concittadini. Fino a quella notte, tra il 24 e il 25 luglio 1976, in cui è vittima di un agguato in casa e ucciso sotto gli occhi dei suoi familiari.
La teoria della “sicurezza nazionaleâ€
Il contesto delle dittature militari sudamericane degli anni Settanta è quello di regimi che, quando non perseguitavano esplicitamente la Chiesa, almeno tentavano, nei fatti, di emarginarla, pur mostrando un rispettoso ossequio di facciata. È la teoria della “sicurezza nazionaleâ€, di cui rimasero vittima i quattro nuovi Beati. Ma alcuni atteggiamenti dell’epoca si possono ravvisare anche nell’odierno diffondersi del laicismo e della secolarizzazione in Occidente: “Oggi stiamo rimuovendo Dio dalle funzioni pubbliche, dalle nostre strutture – avverte il Prefetto – il rischio è grande perché se non c’è Dio, al centro si mette l’uomo come punto di riferimento ed è da qui che nascono ideologia malsane, quelle che schiavizzano gli altri uominiâ€.
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