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Percorsi di teologia urbana per ripensare l’annuncio del Vangelo nelle città

A Roma la presentazione della nuova collana delle Edizioni Messaggero Padova curata da don Armando Matteo, che offre una riflessione sull’annuncio del Vangelo nei contesti urbani segnati da solitudine e individualismo e dove la religione non è più tratto centrale della società.

Marco Guerra – Città del Vaticano

“Percorsi di teologia urbana” è il titolo della collana delle Edizioni Messaggero Padova, diretta dal teologo don Armando Matteo. L’opera, che rappresenta il primo tentativo di ripensare l’annuncio del cristianesimo nella città a partire dalle provocazioni dell’Evangelii gaudium, sarà presentata questo pomeriggio alle 18.30 a Roma, presso la Rettoria di San Silvetro al Quirinale, nell’ambito dell’evento “Il Vangelo nella città”. L’iniziativa vedrà la presenza degli autori dei primi due volumi: Armando Matteo, che ha inaugurato la serie con “Il post moderno spiegato ai cattolici e ai loro parroci”,  e Domenico Cravero e Francesco Cosentino, coautori di “Lievito nella pasta”. Relatore d’eccezione dell’incontro sarà mons. Nunzio Galantino, presidente Apsa, e nel ruolo di moderatore parteciperà il direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda.

Le sfide della predicazione del Vangelo nelle città

Partendo dall’osservazione che nel nuovo spazio antropologico urbano l’esperienza religiosa non costituisce più un ingrediente essenziale, don Matteo propone un confronto coraggioso con la cultura contemporanea per giungere ad un cristianesimo che sappia ancora annunciare e testimoniare una buona notizia non solo per bambini e anziani ma per tutti.

Don Matteo: capire i nuovi paradigmi dell'urbano

VaticanNews ha intervistato don Matteo per capire cosa lo ha spinto a scrivere questa collana e quali sfide deve affrontare l’annuncio del Vangelo nei contesti urbani:

Ascolta l'intervista a don Armando Matteo

R. - Alcuni anni fa, le Edizioni Messaggero mi proposero di avviare una collana di divulgazione teologica, e sin da subito ebbi l’idea di approfondire l’Evangelii gaudium, questo grande documento che Papa Francesco ci ha donato per il rinnovamento dell'evangelizzazione. In particolare, pensai fosse opportuno concentrarci su quelle che Papa Francesco chiama le “sfide urbane”, cioè le sfide legate alla nuova dimensione della vita insieme, e soprattutto della vita insieme in città. I numeri, (i sotto capitoli) di Evangelii gaudium, che vanno grosso modo dal numero 72 in poi, rappresentano il programma di questa collana. E l’idea fondamentale è proprio questa: provare a capire quali sono i nuovi paradigmi, le nuove istanze culturali che dominano l’urbano contemporaneo, e anche che cosa la fede cristiana è chiamata a fare per annunciare il Vangelo in questo nuovo scenario.

Voi parlate di un confronto serrato con la cultura nella quale siamo immersi. In fondo le città sono un po’ l’emblema di questi nuovi modelli di vita che spesso hanno un lato anche oscuro: la solitudine, l’individualismo. Sono quell’emblema della società dello scarto che poi porta a dividere le città in quartieri, in ghetti…

R. – Esatto. Papa Francesco tra l’altro, proprio al numero 73 di Evangelii gaudium, ricorda che la cultura contemporanea, quindi la cultura urbana, non solo non trae il suo alimento più dal Vangelo, ma molte volte si pone in contraddizione, in contrapposizione, con la parola del Vangelo. L’urbano contemporaneo propone a ciascun cittadino un percorso di potenziamento delle proprie possibilità, di autonomia. E tutto questo ovviamente va ad incidere sulla dimensione politica dell’essere umano: noi siamo fatti per stare insieme. E questo entra in contraddizione – diciamo così – con uno dei profili più importanti dell’urbano contemporaneo; ed entra poi in contraddizione anche con il Vangelo. In Gesù tutto è relazione, nel Vangelo tutto è relazione: è relazione con Dio, con gli altri, in particolare con quelli che sono più svantaggiati. E quindi si tratta di partire dal registrare questa situazione di conflittualità, di estraneità, di provare a capirne le ragioni, e poi di come raccordare le istanze del Vangelo.

Quali scelte pastorali può fare la Chiesa che può offrire grandissime risposte alle tante solitudini, ai tanti interrogativi che turbano le coscienze di chi abita nelle grandi città…

R. – Penso che qui siano da richiamare quelle che sono le parole chiave del pontificato di Papa Francesco, e cioè la fraternità. Una comunità cristiana che non sia comunità solo di nome ma che trasformi i propri luoghi, i propri ambienti, in occasioni davvero dove si possa sperimentare la fraternità, l’incontro con l’altro. E Papa Francesco sa che questo cambiamento non è facile: lui dice che ci vuole una “mistica della fraternità”, cioè una conversione interiore da parte di ciascuno di noi, all’idea che "insieme è meglio", che nell’altro io posso trovare qualcosa che da solo non troverei mai. Per questo poi un’altra grande proposta che la comunità cristiana deve fare è rilanciare la qualità umana e umanizzante della preghiera. In fondo, il primo isolamento da cui deriva tutto il resto è l’isolamento rispetto alla trascendenza, a Dio. Gli uomini di oggi sono così accaniti, così assetati di vita, di vita finita, di cose, di potenze, perché hanno in qualche misura rimosso, messo da parte, il legame con Dio, per ripristinare il quale ci vuole comunità – quella cristiana in particolare – che insegni a pregare.

Il tema della città è stato affrontato anche dagli Esercizi spirituali di Papa Francesco ad Ariccia predicati dall’abate Gianni…

R. – L’abate Gianni ha offerto un percorso di riflessione sulla città, richiamando soprattutto alcune grandi coordinate come quella della memoria, della speranza, della presenza di Dio. E in questo certamente avrà intuito quell’indicazione fondamentale che c’è nell'Evangelii gaudium proprio all’inizio della sezione che ispira questa collana di percorsi di teologia urbana. Papa Francesco dice che comunque sia, comunque noi proiettiamo il nostro sguardo sulla realtà, deve essere uno sguardo che viene – appunto – da Dio.

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18 marzo 2019, 07:32