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La DZà a Roma, i dati della Caritas

Presentato oggi a Roma il Rapporto 2018 sulla DZà nella Capitale. Sempre più colpiti i giovani disoccupati. A farne le spese anche il sistema di accoglienza

Salvatore Tropea - Città del Vaticano

La Caritas di Roma lancia l’allarme sulle dimensioni della povertà nella Capitale, con la presentazione del nuovo “Rapporto sulle povertà a Roma: un punto di vista”. Quello che emerge è innanzitutto la crescita generale della povertà in città, in particolare per quanto concerne i nuclei familiari e i giovani in cerca di lavoro.

Roma specchio del Paese

Il Rapporto prende spunto in primis da alcuni dati Istat, secondo i quali nel 2017 in Italia è cresciuta l’incidenza delle persone sia in condizione di povertà assoluta sia in condizioni di povertà relativa. Per la povertà assoluta si è passati da 4 milioni e 742mila a 5 milioni e 58mila, dunque, a circa un italiano su dodici. Per quanto riguarda la povertà relativa, invece, si è passati da 8 milioni e 455mila a 9 milioni e 368mila. Dati impressionanti che Caritas spiega in particolare con le difficoltà di entrare e permanere nel mercato del lavoro. Nel quadro italiano, è il Sud ad accusare maggiormente il processo di impoverimento, ma al Nord la situazione non è migliore, poiché le persone a rischio povertà sono raddoppiate negli ultimi dieci anni.

La Capitale delle diseguaglianze

La città di Roma si impoverisce e allo stesso tempo invecchia a vista d’occhio. In ogni municipio, infatti, si registrano circa 10mila persone oltre i 65 anni che non raggiungono un reddito annuo di 11mila euro. Il totale è di quasi 150mila abitanti, praticamente un’intera grande città popolata da anziani lontani dalla ricchezza. Contemporaneamente, il reddito medio si distribuisce in modo profondamente diseguale tra le zone della città, passando dagli oltre 40mila euro del II Municipio agli appena 17mila euro del VI Municipio.

I giovani tra i più a rischio

Quasi un quarto dei giovani romani tra i 18 e i 29 anni risulta disoccupato. La maggior parte di loro (il 51,6%), inoltre, è costretto a lavori atipici con contratti a termine o di collaborazione. Una situazione, questa, che coinvolge in particolare la fascia tra i 25 e i 39 anni, che fa cadere i giovani in un’insicurezza tale da non avere la possibilità di fare progetti a lungo termine e pianificare una famiglia.

L’esclusione sociale come un’eredità

Dai Centri di ascolto Caritas arrivano le storie di molte persone che fanno emergere il fenomeno dell’ereditarietà del l’esclusione sociale. Spesso, infatti, i poveri più giovani sono figli di famiglie travolte da spaventose posizioni debitorie, relative a canoni di locazione non pagati o bollette delle utenze saldate in modo discontinuo. I giovani in queste situazioni, dunque, accettano più facilmente lavori in nero e sottopagati; inoltre la situazione di crisi economica dei genitori finisce per deprimere considerevolmente le aspettative dei ragazzi.

Stranieri e italiani si rivolgono ai Centri di ascolto

Tra le tante persone che si rivolgono quotidianamente ai Centri di ascolto diocesani (Cda) o ai centri attivi nelle varie parrocchie, non ci sono solo giovani italiani, ma anche tanti stranieri. Per i primi è una diretta conseguenza della crisi occupazionale, mentre per i secondi è un passaggio spesso fondamentale per i loro percorsi di integrazione e accoglienza. Su questo aspetto la Caritas ci tiene a sottolineare la grande importanza della dimensione umana dell’incontro, perché si tratta di persone bisognose di aiuto e non solo di numeri che vanno ad aggiungersi ai molti dati statistici. Un dettaglio importante è inoltre il fatto stesso che rivolgersi alla Caritas significa l’accettazione di un fallimento all’interno della propria vita. Per gli stranieri - e in particolare per i migranti - rivolgersi ai centri di accoglienza significa intraprendere un importante passo in avanti per superare i traumi di esperienze terribili.

Non solo povertà. L’emergenza salute per i migranti

La Caritas ha inoltre lavorato sul problema della salute di molti migranti. Quello che è emerso dal Rapporto 2018 è una sempre più frequente predisposizione di chi arriva in Italia ad ammalarsi di esclusione sociale. Quindi, di fallimento del proprio progetto che li ha portati ad andare via dal proprio Paese; la povertà e le difficoltà di accedere ai servizi socio-sanitari. Una condizione comune osservata da molti operatori Caritas: sempre più situazioni di sofferenza dovuta ad un’accoglienza inadeguata.

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15 gennaio 2019, 14:31