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Card. Parolin: Humanae Vitae ancora oggi mette al centro la dignità umana

Il Segretario di Stato interviene alla presentazione del volume: “La nascita di un’Enciclica Humanae Vitae alla luce degli Archivi Vaticani” di Gilfredo Marengo

Michele Raviart – Città del Vaticano

“Senza la famiglia non ci sarebbe la Chiesa e nemmeno la società umana. Obiettivamente le famiglie si trovano oggi davanti a enormi sfide. La Chiesa da sempre offre ad esse il proprio aiuto pastorale e facendo tanto bene per gli altri”. Così il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin è intervenuto durante la presentazione in Vaticano del libro “La nascita di un’Enciclica Humanae Vitae alla luce degli Archivi Vaticani” di Gilfredo Marengo. Il volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, analizza la genesi del documento di Paolo VI sulla vita e la famiglia, a cinquant’anni dalla sua promulgazione.

La famiglia in crisi

Allora “si incominciava a percepire il diffondersi di processi che progressivamente hanno messo profondamente in crisi la famiglia tradizionale”, spiega il cardinale Parolin, e l’Humanae Vitae “si impegnò a farsi carico delle nuove problematiche emergenti, avendo cura di lasciar cadere ogni tonalità deprecatoria o nostalgica dei tempi passati”.

La genitorialità responsabile

Obiettivo dell’Enciclica, che fu elaborata in cinque anni, fu quello di “tracciare le grandi linee della spiritualità cristiana, della vocazione e della vita coniugale” e “quella dei genitori e della famiglia”. In particolare riguardo il tema della “paternità-maternità responsabile”, che “non è altro che un’importante componente di tutta la spiritualità coniugale e famigliare”, con una “vocazione alla perfezione” corroborata dal Sacramento del matrimonio.

La Chiesa nel 1968

Per la Chiesa post-conciliare era infatti cruciale “trasmettere alle nuove generazioni la bellezza di quanto conosciamo sulla vera natura del matrimonio, della famiglia e della sessualità umana”. Nella creazione dell’Enciclica, in un contesto storico come quello del ’68 e il diffondersi di nuove pratiche anticoncezionali, “all’inizio il catalizzatore fu la preoccupazione per il diffondersi di politiche antinataliste”, ma, progressivamente, “il centro dell’attenzione fu calamitato da problematiche strettamente di carattere teologico-morale”.

Il contenuto dottrinale

Come emerge dagli studi inediti del prof. Marengo, “in molti frangenti del dibattito si nota un significativo scivolamento da temi inerenti alla presenza della Chiesa nel mondo, a quelli pertinenti piuttosto all’urgenza di ribadire i principi di una dottrina morale e la sua obbligatorietà”. Due prospettive “non contrapposte in maniera astratta”,  con Paolo VI che “non aveva dubbi sul contenuto dottrinale che l’Enciclica avrebbe dovuto avere: la sua preoccupazione era proprio quella di saper trovare i modi adeguati per presentarlo”.

L’impegno di Paolo VI

Una preoccupazione che giustifica il lungo tempo di preparazione del documento pontificio e che spiega, come rivelato in maniera inedita nel volume, la decisione di Paolo VI di “cassare un testo”, il De nascendae prolis, “quando gli venne fatto notare che esso si limitava a una rigorosa riaffermazione della dottrina a cui si chiedeva – ai cristiani e a tutti gli uomini – di aderire docilmente e senza riserve”.

La dimensione sociale

“Il Magistero non è”, infatti, “un monolite immutabile, ma un organismo vivente che cresce e si sviluppa”, spiega ancora il cardinale Parolin, mentre al Papa non mancava “l’acuta consapevolezza di quanto la regolazione delle nascite fosse una questione che non toccava solo l’agire morale delle coppie cristiane, ma avesse una dimensione sociale, culturale e perfino politica, universale: si trattava di dare un giudizio a proposito di orientamenti che mettevano in discussione il valore supremo della vita umana, tanto da voler piegare le coppie a un esercizio della paternità e maternità condizionato da decisioni politiche e strategie economiche contrarie alla dignità all’uomo, come purtroppo è avvenuto e ancora avviene nel mondo”.

Un “accento profetico”

Oggi, “siamo in condizione di apprezzare meglio tutto il valore di Humanae vitae, il suo accento profetico e lasciare da parte dibattiti e contrapposizioni seguite alla sua pubblicazione. Esse erano figlie di una stagione non facile della vita della Chiesa che ormai appartiene al passato, benchè talvolta sembrano ancora oggi condizionare talune prese di posizione e polemiche di cui si potrebbe fare a meno”.

La continuità tra i Pontefici

Dopo il pontificato di San Giovanni Paolo II, che scelse di essere ricordato come “il Papa della famiglia", di Papa Benedetto XVI e i suoi testi sul mistero dell’amore di Dio, e di Papa Francesco, “che ha voluto mettere di nuovo al centro la vita della Chiesa e della famiglia con la ricca stagione sinodale”, molte sono ancora le sfide.

La modernità dell’Humanae Vitae

“Se l’amore degli sposi è il luogo in cui il Creatore genera nuove vite, come non interrogarsi sui modi con i quali tante, troppe volte il figlio viene considerato come “un problema in più nella vita delle coppie o al contrario quasi come un ‘oggetto’ che si desidera a tutti i costi?”. In questo senso l’Humanae Vitae, conclude il cardinale Parolin, è ancora attuale, come per quanto riguarda l’emancipazione della donna, che “sembra essere stata ridimensionata nell’attuale contesto sociale”. Occorrono quindi “interventi di vario tipo, a cominciare da quelli legislativi, ma si tratta soprattutto di riscoprire e valorizzare la specifica dignità della donna e la sua vocazione nella società e nella Chiesa. Forse uno dei modi più efficaci di promuovere tale dignità è l’educazione in famiglia e nella scuola. Nello studio nell'interazione sociale i giovani possono acquisire il senso del proprio valore e riconoscere la bellezza della complementarietà uomo-donna”.

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18 ottobre 2018, 20:21