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Nicaragua: la Chiesa resta vicina al popolo e denuncia le ingiustizie

In un momento segnato da forti contrapposizioni e da grande dolore, la Chiesa del Nicaragua resta vicina al popolo. Prosegue intanto l’esodo di civili in fuga verso la Costa Rica

Amedeo Lomonaco e Patricia Ynestroza – Città del Vaticano

All’indomani dell’intervista rilasciata ad Euronews dal presidente del Nicaragua Daniel Ortega in cui vengono definiti “terroristi” quanti protestano contro il governo, il vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Managua, mons. Silvio Báez, denuncia la “criminalizzazione” del diritto a manifestare. Diversi organismi umanitari nazionali e internazionali hanno inoltre contestato i dati forniti da Ortega relativi alle vittime. Secondo le autorità statali, i morti dallo scoppio delle proteste, ad aprile, sono almeno 195. Secondo fonti indipendenti, invece, le vittime sono più di 450. Nel corso dell’intervista Ortega ha anche dichiarato che i paramilitari armati intervenuti durante le proteste fanno parte di quella che ha definito “polizia volontaria”

La pace non si impone con i proiettili

La pace sociale - ha affermato mons. Báez – “non si impone con la forza dei proiettili, delle intimidazioni, delle incarcerazioni e dei processi ingiusti". La Commissione interamericana per i diritti umani e l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno accusato inoltre il governo del Nicaragua di "omicidi, esecuzioni extragiudiziali, maltrattamenti, possibili atti di tortura e detenzioni arbitrarie". Tutte le accuse sono state respinte da Ortega. Intanto prosegue l’esodo di civili nicaraguensi in fuga per la situazione di violenza e di grave violazione dei diritti umani che si vive nel Paese centroamericano. Secondo gli ultimi dati dell'Onu, sono stati almeno 23 mila gli abitanti del Nicaragua che dallo scorso aprile si sono riversati nel vicino Costa Rica.

Rafforzare la fede

In Nicaragua proseguono intanto le celebrazioni per la festa in onore di San Domenico di Guzmán. Quest’anno al posto dei tradizionali petardi, come chiesto dai vescovi del Nicaragua, sono i rosari a scandire i momenti di questa festa che si concluderà il prossimo 10 agosto. Durante una Santa Messa presieduta martedì scorso, l’arcivescovo di Managua, il cardinale Leopoldo Brenes, ha indicato uno degli obiettivi della Chiesa: rafforzare la fede in un momento difficile, segnato da contraddizioni e dal dolore per la morte di centinaia di persone. Il porporato ha anche ricordato la necessità di restare uniti. E’ anche importante - ha detto il cardinale Brenes - promuovere un dialogo autentico.

La vera speranza è Gesù

Sempre martedì scorso, il parroco della Chiesa di San Domenico di Guzmán, padre Boanarges Carballo, ha ringraziato il cardinale, i vescovi, i sacerdoti e i religiosi per il loro impegno per la pace. La nostra unica speranza – ha affermato padre Carballo - è la presenza di Cristo nel cuore di ognuno di noi. Gesù – ha aggiunto – è venuto a distruggere quelle situazioni che possono dividerci, perché un popolo diviso va verso la perdizione. Che il Paese – ha auspicato – non sia diviso.

Preghiere anche da Assisi

Anche dalla Porziuncola, da Assisi, da dove molti missionari sono partiti nel secolo scorso per il Nicaragua, i frati minori si uniscono alla preghiera, affinché “il Signore disponga le menti e i cuori alla pace”. La Vergine degli Angeli e l’uomo di pace Francesco “ottengano che dalle sofferenze del momento presente possa sorgere per il Nicaragua un’era di giustizia e di concordia, nel rispetto di tutti e specialmente dei più deboli”. Una preghiera di pace e di riconciliazione che si eleva con forza nel giorno in cui Assisi celebra la festa del Perdono.

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02 agosto 2018, 15:10