L'Europa celebra Edith Stein, donna di dialogo e speranza
Emanuela Campanile e Andrea Gangi - Città del Vaticano
Il 9 agosto del 1942 moriva ad Auschwitz, “quale figlia del suo popolo martoriato”, santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein. Al termine dell'Udienza generale di ieri, Papa Francesco ne ha ricordato l'amore e la coerenza con cui questa donna, "martire del suo popolo ebraico e cristiano", ha cerca Dio. “Ebrea, filosofa, suora e martire”convertita al cristianesimo, non rinnegò l’appartenenza al popolo ebraico ma ne condivise la sorte. “Illustre figlia di Israele e allo stesso tempo figlia del Carmelo”, , Santa Teresa Benedetta della Croce aveva profonda coscienza di “appartenere a Cristo non soltanto spiritualmente ma anche per discendenza”.
Dall'ateismo alla conversione
“Quando ero una ragazza di quattordici anni - scrive lei stessa - smisi di praticare la religione ebraica e per prima cosa, dopo il mio ritorno a Dio, mi sono sentita ebrea”. Per la Stein ricevere il battesimo non significò dunque “rompere con il popolo ebraico”. A cambiare il corso della vita della futura santa e ad avvicinarla alla Chiesa cattolica è un evento di vita quotidiana, tanto comune quanto stravolgente: una donna che entra in chiesa a pregare con i sacchetti della spesa. “La mia miscredenza andò in frantumi e Cristo cominciò a splendere". Nella granitica sicurezza delle convinzioni della Stein, Dio aveva dunque fatto breccia in modo irrimediabile.
Il mistero della Croce
"Fu capace di rendere ragione di quella speranza in cui ha creduto e a cui solo dopo la sua conversione riesciù a dare un nome: Cristo" - spiega sr Tiziana Caputo, domenicana esperta del pensiero della Stein (Ascolta l'intervista integrale). Entrò nel mistero della Croce, abbracciò la sofferenza mostrando al mondo che" l'amore rende fecondo il dolore e il dolore approfondisce l'amore” come disse Giovanni Paolo II nell’illuminante omelia per la messa di Canonizzazione del 1998.
"Gridò al mondo l'orrore della Shoah - prosegue sr Caputo - e attraverso il suo percorso spirituale propose una visione della donna che tenesse conto di tutta la complessità e la specificità del suo essere in modo da non appiattirla in una semplice copia in opposizione all'uomo." L'eredità della Stein è dunque un patrimonio ampio e articolato e "che per noi - conclude la religiosa - diventa fonte di ricerca, ispirazione e contemplazione".
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