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Due anni fa moriva Padre Hamel: martire della Chiesa di oggi

Sgozzato mentre celebrava il sacrificio della Croce di Cristo. Con la parole di Papa Francesco ricordiamo padre Jacques Hamel a due anni dalla sua tragica morte. Il suo esempio come quello di tanti altri martiri cristiani nel mondo

Gabriella Ceraso- Città del Vaticano

Brutalmente assassinato da due ragazzi affiliati al sedicente Stato Islamico mentre celebrava la Messa nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray a Rouen nel nord della Francia. Così due anni fa moriva padre Jacques Hamel “uomo mite, buono, che faceva fratellanza”, come disse nella , davanti ai familiari del sacerdote 86enne e ai pellegrini giunti dalla Normandia insieme al vescovo di Rouen mons. Dominique Lebrun.

Iniziative laiche e religiose

Oggi a Rouen, a ricordarlo, una serie di iniziative religiose con la recita del Rosario, una piccola marcia silenziosa e una Messa  nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray celebrata dall'arcivescovo Lebrun nell'orario dell'assassinio di padre Jacques, le 9.00 del 26 luglio 2016. “Padre Hamel – ha detto all’omelia mons. Lebrun - irradiava con il suo esempio, l’esempio di un servitore fedele e discreto, nel cuore della famiglia, della sua parrocchia, nel cuore di questa città. Abbiamo accolto a sufficienza – ha chiesto il presule - ciò che Jacques Hamel voleva trasmettere? La tentazione è forte di voler reinventare la vita. È la tentazione dell’orgoglio”. Intorno alle 9.55, dopo aver distribuito la comunione, come riferisce il quotidiano La Croix, mons. Lebrun si è fermato e ha dichiarato: “Come raccontano i testimoni, è a questo punto della Messa che è avvenuta la tragedia”. È seguito un lungo momento di silenzio. Alla celebrazione eucaristica ha partecipato anche la sorella del sacerdote assassinato, Roselyne Hamel. Dopo la celebrazione, alle 10.30, sulla piazza di Saint-Étienne-du-Rouvray la “cerimonia repubblicana per la pace e la fraternità” alla presenza anche del ministro dell'Interno Jacqueline Gourault.

Sgozzato sulla Croce

Un "martire" cristiano tra i tanti della Chiesa di oggi “che sono assassinati, torturati, carcerati, sgozzati perché non rinnegano Gesù Cristo”: “una catena”, la definì due anni fa il Papa nella Cappella di Casa Santa Marta, che giunge fino a padre Jacques il cui cammino di beatificazione prosegue dal 13 aprile del 2017 grazie alla dispensa papale dei cinque anni necessari per aprire il processo. Postulatore della causa è padre Paul Vigouroux e - ha riferito mons. Lebrun stamane - sono state trovate centinaia e centinaia di omelie scritte da padre Hamel, “brevi, ordinate, che spiegavano semplicemente il Vangelo, instancabilmente”.

Martirio è testimonianza, non fa paura

"L’odio non ha trionfato e non trionferà”: è quanto afferma ricordando la morte di Jacques Hamel, padre Rebwar Audish Basa caldeo, testimone dell'assassinio di tanti sacerdoti come lui nel martoriato Iraq.(Ascolta l'intervista a padre Basa sui martiri crisiani) "Da loro ho imparato che l'amore vince, noi siamo per la vita e non per la morte. Martiri sono persone oneste che camminano sulla via del Signore pronti a dare la vita per il fratello". Commentando poi la parola "martirio" e ricordandone l'originario significato di "testimonianza", padre Basa fa notare che sono tanti i cistiani che perdono la loro vita ogni giorno, spesso nel silenzio e nell'indifferenza internazionale. Succede in Iraq, in Pakistan, nelle Filippine, in Africa: per la minoranza irachena per esempio - dice - è "grazie alla solidarietà del Papa che abbiamo potuto resistere, non ce l'avremmo fatta altrimenti".

L'ideologia dell'odio

Padre Jacques morì accusando l’autore delle persecuzioni:“Vattene Satana” e durante la Messa di suffragio del 2016 Francesco parlò di “crudeltà satanica che chiede l’apostasia", auspicando che tutte le confessioni dicessero che “uccidere in nome di Dio è satanico”. Ha tanti nomi, ma "l'aggressore è unico": anche padre Basa torna su questo concetto, per ribadire che è l'ideologia dell'odio, la non accettazione dell'altro la causa delle persecuzioni.  I nomi possono essere Isis o Boko Haram, ma il denominatore è comune. Il sacerdote iracheno mette poi in guardia , riprendendo anche la parole di Francesco, da quanti usano la religione e il nome d Dio per portare avanti progetti personali, giochi di corruzione, piani politici e ribadisce quanto sia importante lottare per il rispetto dei diritti umani anche dei musulmani stessi. 

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26 luglio 2018, 08:30