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Marco Tarquinio , Direttore AVVENIRE Marco Tarquinio , Direttore AVVENIRE 

Tarquinio: il Papa ci ricorda il senso dell'ascolto

L'intervista al direttore di "Avvenire", Marco Tarquinio, sull'incontro del Papa con il personale del quotidiano cattolico

Debora Donnini-Città del Vaticano

"Il richiamo a grandi idee, forti, del rapporto tra il Papa e il mondo della comunicazione, il concetto dell’ascolto, del dialogo e dell’incontro che ritornano, il senso di mettere al primo posto, fuori dalla retorica, le persone a partire dagli ultimi, dentro uno sguardo cristiano e cattolico sulla realtà, che significa uno sguardo partecipe": sono alcuni degli aspetti del discorso del Papa all'udienza con dirigenti e personale di "Avvenire", che più hanno colpito il direttore del quotidiano cattolico, Marco Tarquinio

Il Papa ha chiesto, rifacendosi a Paolo VI, di educare a pensare e di non cercare l’informazione che fa clientela: questo è un richiamo importante, per “Avvenire”, per la stampa…

R. – È un mandato fondativo per “Avvenire”. Questo è il lascito e l’incoraggiamento che abbiamo avuto da Paolo VI. Il Papa allora già aveva in mente quello che oggi definiremmo anche un giornale “glocal”: ci aiuta a pensare la modernità stando radicati nelle realtà proprie di origine, identitarie, ma sapendo allargare lo sguardo e l’attenzione a tutto, rompendo le barriere e considerando i confini come il luogo dell’incontro e non come il luogo della separazione e dello scontro.

Il Papa ha anche ricordato che è importante portare nel mondo i valori e l’orientamento della Dottrina sociale della Chiesa…

R. – Questa è un grande punto di forza, di contenuti realmente alternativi, nel senso di adesione piena alla verità della vita degli uomini e delle donne, che è dentro il grande patrimonio di quella che chiamiamo la Dottrina sociale della Chiesa, che mette tutto al posto giusto: il lavoro dell’uomo, il senso del fare impresa, il senso del costruire reti nelle nostre società; e la dignità, che non diventa mai lo strumento per cancellare il posto degli uomini e delle donne, soprattutto dei più deboli, gli imperfetti, e di quelli che non sono “di successo”, secondo le logiche del mondo.

Infine, un richiamo anche all’attualità che vivono sia i media della Conferenza episcopale italiana sia quelli della Santa Sede. E il Papa ha sottolineato che questa trasformazione richiede percorsi formativi e che l’attaccamento al passato potrebbe rivelarsi una “tentazione perniciosa”, mentre bisogna essere servitori della tradizione, facendo sì memoria ma aprendo nuovi tratti di cammino. Per voi è un richiamo importante?

R. – La prova è grande, perché oggi non siamo soltanto chiamati a dotarci di strumenti, ma a fare anche le sinergie necessarie tra le diverse modalità mediali. La multimedialità diventa sempre di più la condizione di lavoro per noi tutti. Io dico spesso che “tradizione” è la parola più progressista che ci sia, perché “tradere” è un verbo di movimento: è un trasmettere in avanti, un portare ciò di cui siamo depositari e consegnarlo al tempo e a persone nuove. Credo che sia un mandato anche questo molto limpido e incoraggiante, di fronte alla domanda che sale, secondo me, anche da un’opinione pubblica abituata ad un’informazione diffusa, ma non a un’informazione sempre affidabile e veritiera.

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01 maggio 2018, 14:50